Case di vetro
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Moralità
«A volte però il senso di sicurezza è solo un’illusione. Ciò che a prima vista ci protegge, alla lunga si rivela una prigione.»
Siamo in un tribunale. Al banco dei testimoni è stato chiamato a deporre Armand Gamache, commissario della Sûreté du Québec, uomo di gran rettitudine che crede nella legge ma che prima di tutto risponde alla propria morale, alla propria coscienza. La misteriosa apparizione di un individuo è ciò che rompe gli equilibri nonché il primo tassello di un particolare puzzle che viene introdotto partendo dalla sua conclusione (e arrivando al suo principio) dall’autrice. Costui, dall’immobilità protratta e le forme quasi confuse a causa di un eclettico abbigliamento, turba la naturale calma del luogo e degli abitanti a causa del suo inquietante atteggiamento. Passano oltre quarantotto ore e questo persiste a non mutare posizione, a non spostarsi e ad osservare. Ma chi? Che questo sia davvero un cobrador? Un delitto efferato, la necessità di risolvere non solo questo delitto ma anche un crimine superiore. Le domande che si susseguono: perché Armand non ha fatto niente? Perché dopo quella chiacchierata iniziale si è limitato all’osservazione?
«Tanto così, penso Gamache. Ma lui sapeva che molti incidenti succedono quando sei ormai in vista di casa.»
L’opera proposta da Louise Penny è intrisa di tutti quei principi etici e culturali canadesi e per questo, prima di essere letta, richiede di essere contestualizzata. Il portavoce delle vicende è infatti colui che maggiormente è espressione di questa profondità che si manifesta mediante una prima immobilità che si trasforma in un epilogo che non lascia spazio a trionfi eclatanti, ma che anzi, resta sull’ordinarietà di un personaggio che non cerca fama o lode bensì giustizia essendo mosso da un fine superiore.
A far da cornice alle vicende si sommano uno stile narrativo piacevole seppur non particolarmente ricercato e una serie di ambientazioni rievocative. Il ritmo purtroppo è lento, l’attesa tanta, troppa. Il lettore tende a stancarsi, a sfiancarsi. I colpi di scena non mancano ma sono talmente dilatati da far perdere di concentrazione e di pathos. L’epilogo è concreto ma privo di quel quid in più tale da sorprendere, tende a cadere nello scontato.
In conclusione, una prova che convince soltanto in parte, prevalentemente per l’aspetto contenutivo ma che non riesce a conquistare completamente chi legge.
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- no
Questione morale
Breve ma necessaria premessa: nell'affrontare la lettura di un romanzo occorre in primis collocarlo geograficamente, storicamente e socialmente. Un simile atteggiamento, forse presuntuoso, è motivato dalla estrema diversificazione negli aspetti menzionati, che troviamo di volta in volta nell'autore affrontato. Per esemplificare e semplificare nel campo del "giallo" (o thriller o noir..) la nazionalità già funge da filtro: un nordamericano avrà lessico tagliente, spedito, intenso. Un francese toni più pacati, nebbiosi, intimisti. Uno spagnolo elementi di colore, sanguigni, solari ecc... In questo caso la Penny è evidentemente "canadese" nel senso di aggettivo e non di sostantivo. Tutto il libro è infatti permeato di un senso morale in capo al protagonista ed ai comprimari, che risulterebbe assolutamente incomprensibile in altre dimensioni geografiche. Armand Gamache è in continuo conflitto con se stesso poiché per un canadese il fine non giustifica i mezzi e venire a patti con una condotta che si scosta soltanto di poco dai principi etici, è per lui un ostacolo drammatico da superare. Questo codice vincola personaggio, scrittore e di conseguenza lettore, con quest'ultimo che come sopra accennato deve adeguarsi. Quindi non stupisca l'immobilismo iniziale del poliziotto che pur rivestendo ruolo di vertice assoluto, non interviene per coscienza e per lo stesso valore lascia che la sua figura sia disprezzata o dileggiata, in nome di un esito finale che nulla ha dei toni trionfalistici di altre opere. I personaggi delle "Case di vetro" sono numerosi, ma accuratamente descritti, il ritmo non intenso ma comunque costante. Se si può dare un consiglio al lettore riguarda la pazienza. Il finale ripaga almeno in gran parte dell'attesa. Siamo comunque di fronte ad un prodotto a suo modo originale.
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sorprendente
Ambientato in Canada, questo romanzo è uno di quelli che ultimamente mi hanno sorpreso di più. In senso positivo, intendo. Ammetto di aver conosciuto solo con questo romanzo sia Armand Gamache sia la sua mamma Louise Penny, che con questo sono arrivati già al quindicesimo volume con protagonista il commissario nordamericano. In tanto mi è piaciuto molto lo stile di questa signora: qualcosa che per certi versi ricorda i romanzi gialli del passato, con citazioni di libri e di leggende, ma tenendo sempre i piedi ben piantati nel presente e gli occhi fissi sull'attualità. Questa autrice ha la bravura di spiegare in modo semplice anche le cose più complesso e quella di dosare poco a poco le notizie. Come una brava cuoca solo al momento giusto mette un pizzico di questo, un niente di quell'altro e ne fa uscire un ottimo piatto. Un'impresa non da poco, visto che questa storia è piuttosto complicata da costruire. con continui salti tra passato e presente, molti personaggi e indagini che vanno in più direzioni. fino alla fine il lettore si chiede dove Gamache vuole andare a parare con suo modo insolito di procedere. Solo la fiducia per quest'uomo, che l'autrice ha saputo trasmettere consente di andare avanti con le pagine e di non rinunciare temendo che si tratti solo di un bluff e che alla fine tutto il castello costruito dalla Penny le cada addosso come un mucchio di sabbia, seppellendo anche le speranze del lettore.
Il libro è ambientato quasi interamente in un villaggio di frontiera del Canada. Talmente di frontiera che passando attraverso i boschi dal centro del paese in pochi minuti si può arrivare negli Stati Uniti. E' qui, a Three Pines che abita Gamache: il capo della Sureté du Québec. Nonostante sia stato di recente promosso Gamache è rimasto un poliziotto di quartiere, Considera i suoi concittadini come fratelli e sorelle da proteggere quando ne hanno bisogno, ma non ha alcuna remora nel metterli aspramente al loro posto quando sbagliano. Nello stesso modo si comporta coi subordinati: paterno nel modo in cui si intendeva in passato: una guida dura, ma giusta. Nel paese vive tutto un campione di varia umanità delle più diversificate e bizzarre. Solidali tra di loro come possono esserlo solo persone che vivono quasi isolate e allo stesso tempo con quell'astio latente tipico di chi vive a contatto troppo stretto. In questo luogo ameno e quasi paradisiaco per l'osservatore meno attento compare un losco figuro che per alcuni giorni mette in subbuglio i cittadini. Si tratta di un Cobrador: un personaggio incappucciato che silente e inquietante sembra si metta alle calcagna di persone con la coscienza sporca. Un modo per far sapere al mondo che la persona inseguita ha nel suo passato qualcosa di poco chiaro. Le regole vogliono che questo personaggio si limiti a seguire la sua preda. Questo volta però una donna viene trovata morta con addosso lo stesso costume del Cobrador. Partono le indagini sull'omicidio e parallelamente e di nascosto la Surete si mette al lavoro per contrastare il fenomeno del contrabbando di droga attraverso la frontiera. Che cosa due crimini così diversi tra di loro abbiano in comune lo sapremo solo nelle ultime pagine del libro. In queste ultime pagine avremo anche la sorpresa di scoprire che il nostro Gamache non è poi quell'impenitente pantofolaio che ci siamo immaginati per tutto il libro: appassionato di letture che cita sempre con cognizione di causa, ma anche coraggioso e reattivo.