Carne e sangue
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Il ritorno di un antico incubo
Patricia Cornwell, analista informatica all’Istituto di Medicina Legale della Virginia, giornalista e famosissima scrittrice quasi sessantenne di gialli, accentua in questo complicato romanzo una fase a mio parere discendente della sua carriera professionale. Ci sono i soliti personaggi : l’anatomopatologa legale Kay Scarpetta, sua nipote Lucy ( alla quale è riservato un insolito spazio), il marito agente FBI, il vecchio e scorbutico compagno di tante peripezie Pete Marino, i colleghi dell’Istituto dove Kay lavora, tutti in vario modo impegnati nella caccia ad un fantomatico killer, misterioso e sfuggente, esperto in armi sofisticate e strani proiettili micidiali. Il racconto, nella prima parte del romanzo, è piuttosto dispersivo : non si riesce a cogliere una continuità narrativa, i personaggi appaiono slegati tra loro, senza un filo conduttore. Se poi si aggiungono i dettagli minuziosi di indagini diagnostiche di laboratorio e i frequenti soliloqui esistenziali della dottoressa Scarpetta, provata dal lavoro estenuante e sempre sull’orlo di crisi nervose, si comprende come non sia sempre piacevole la lettura. Il romanzo però si riscatta negli ultimi capitoli. L’azione è più serrata (anche se talora poco verosimile). I colpi di scena frequenti, le azioni delittuose sembrano avere un comune denominatore : riemerge una figura sepolta nel passato e ritenuta morta, che si materializza all’improvviso seminando il panico e contribuendo ad elevare la tensione emotiva in un finale mozzafiato. Tutto è bene quello che finisce bene, ma l’incubo permane e fornirà forse materiale per futuri romanzi. Mi ha colpito infine (forse per affinità professionale) una frase scherzosa dell’anatomopatologa Kay Scarpetta, che suona più o meno così : “ La formalina si usa per conservare i tessuti, no? Servirà anche contro l’invecchiamento, quindi l’elisir dell’eterna giovinezza è l’obitorio”. Mica male, no? Consolante, soprattutto per chi, come lo scrivente opinionista, ha lavorato negli obitori per lunghi anni. Buona lettura !
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KAY RIBELLATI!
Quando mi sono ritrovata a sbadigliare leggendo un libro con protagonista Kay Scarpetta, mi sono subito domandata: “ cosa c’è che non va?”
In primis, ho pensato che il problema potesse dipendere da me stessa . Ho riflettuto sul fatto che gli anni passati dai primi libri, avessero cambiato la mia personale percezione, il gusto letterario; ovviamente dando un’ accezione negativa a questo possibile cambiamento.
Terminata l’analisi, sono giunta alla conclusione che il problema è proprio l’autrice ed il suo personaggio, spremuto come un limone, a tal punto, che oggi, non ha più nessuna delle caratteristiche che l’hanno reso così amato e seguito…
Kay Scarpetta appare sbiadita, impolverata, ingrigita, senza mordente.
Le descrizioni minuziose di pratiche specialistiche, ambientazioni, tecniche di indagine, caratteristiche fisiche dei personaggi, che sono state una delle singolarità e originalità che mi hanno fatto apprezzare l’autrice, in questo libro, sono davvero esagerate.
Dopo che un tragitto in auto tra Kay e Marino, viene descritto per ben 60 pagine, mi sono detta: “questo è davvero troppo”.
Ma veniamo alla trama… La stakanovista dottoressa ed il marito, sono in procinto di concedersi una meritata vacanza a Miami, dopo anni che i rispettivi impegni lavorativi, non gli danno tregua…
Un bel sogno sì, ma di impossibile realizzazione. Un singolare omicidio avvenuto a pochi passi dall’abitazione della coppia, ed un altrettanto singolare ritrovamento, sul muro di cinta della casa di Kay e Benton, mandano in fumo la progettata vacanza..
Ed ecco che iniziano le indagini con Pete Marino che indaga, con la nipote Lucy, che offre il proprio contributo nella scoperta del misterioso assassino.
Pensate di aggirarvi ore ed ore nella sala autoptica muniti di mascherina camice e calzari, scoprendo insieme a Kay ,cosa ha da dire del suo assassino, il corpo esanime? Niente di più sbagliato, l’amata dottoressa Scarpetta fuggevolmente ricontrolla il corpo di un cadavere già “sezionato” da una collega alle prime armi, ma nulla di più….
Insomma, 365 pagine che reggono il peso di poche idee, delle quali nessuna vincente… Una storia che non decolla, il lettore viene “svegliato” a tratti, dal torpore nel quale cade fin da subito…
Trovo davvero avvilente che scrittori di fama internazionale, che hanno costruito la loro fortuna su personaggi vincenti e storie altrettanto originali, contribuiscano in modo così evidente, al tramonto degli stessi personaggi. Non sempre invecchiamento è sinonimo di rovina, spesso è sinonimo di ricchezza, saggezza, esperienza, capacità di autoironia, e allora, reinventiamo questi personaggi , senza farli apparire come i fantasmi di loro stessi…..
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Suspance in crescendo
In questa ventiduesima avventura, Scarpetta si trova a confrontarsi con un nemico invisibile e senza nome e la suspence e il senso di pericolo incombente si avvertono fin dalla prima pagine e mano a mano che si procede nella lettura, aumenta. Patricia Cornwell riesce a dosare sia i dettagli tecnologici, sia quelli medici in modo da incorporarli nella trama evitando l'effetto "manuale". Nella prima metà del libro è presente una sottotrama che abbastanza marginalmente è connessa con il plot principale che sebbene possa sembrare superflua, ha l'indiscutibile qualità di farci ritrovare il feeling e i dialoghi ironici/confidenziali tra Marino e Scarpetta, che ricordano quelli dei primi libri. Va sottolineato che bisogna prestare attenzione ai personaggi secondari che nel corso del libro appaiono (vittime, testimoni, sospettati) in quanto essendo numerosi potrebbero far confondere su "chi è chi" e far perdere un po' il filo. Nell'insieme il libro è piacevolissimo e ad ogni capitolo, c'è un crescendo di tensione che spinge ad andare avanti nella lettura.
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