Battuta di caccia
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Arancia meccanica
Copenaghen, 2008. Sulla scrivania dell’ ispettore Carl Morck arriva un altro caso.
Ma chi è Carl Morck ? Il protagonista dei romanzi di Jussi Adler Olsen, celebre scrittore danese salito alla ribalta con i romanzi della Sezione Q.
Carl non si è ancora ripreso dalla tragica sparatoria in cui un anno prima ha perso la vita un collega ed un altro è rimasto paralizzato in un letto d’ ospedale. Un avvenimento indelebile e impunito.
I superiori hanno pensato di allontanarlo dai quartieri alti della centrale di Polizia, relegandolo in una specie di ampio scantinato dimesso e rinominato appunto Sezione Q. Con l’ aiuto del curioso assistente siriano Assad, Carl si occupa di risolvere vecchi casi insoluti, e il recente intrigo della scomparsa della parlamentare Merete Lyngaard ( analizzato nel primo romanzo della serie ) ha contribuito a far tornare nel burbero protagonista la passione per il proprio mestiere.
Stavolta il caso è diverso. Il fascicolo dice chiaramente che un colpevole c’è, che l’ assassino di due fratelli brutalmente uccisi venti anni prima si è consegnato alle autorità e si trova in carcere. Bjarne Thogersen.
Allora chi è stato a lasciare l’ incartamento del caso sulla scrivania di Carl ? E soprattutto, chi sono gli amici che Thogersen frequentava ai tempi dell’ università e che destarono molti sospetti agli inquirenti ? Un gruppo di giovani di successo cui la vita ha riservato potere e soldi in abbondanza, gente influente abituata a sfide di ogni genere, a pensare in grande. Eppure circolano storie macabre sugli anni del college. Violenze dimenticate. Labbra cucite. Possibile che Thogersen non fosse l’ unico assassino ?
Dopo poche pagine, anche un lettore non pratico di thriller si accorge che manca l’ elemento strutturale su cui si basa il genere ovvero il mistero sull’ identità del colpevole, nota fin dall’ inizio della vicenda.
L’ autore è abile nel trasformare quello che apparentemente può sembrare un difetto, una mancanza di suspense e di colpi di scena, in un punto di forza. Sono il perché ed il come che interessano il lettore, non il chi.
La storia scorre rapidamente tra l’ evolversi dell’ indagine e alcuni riusciti momenti comici tra Carl, poliziotto asociale e con un personale senso della giustizia che saprà entrare nel cuore degli appassionati, e Assad, assistente bizzarro e simpatico tanto che solo la sua comparsa tra le pagine strappa un immediato sorriso.
Ai due originali elementi si aggiunge un’ altra assistente, Rose. Sfacciata, sarcastica, vagamente demenziale e fin troppo spontanea per i gusti di Carl, il nuovo acquisto della Sezione Q completa un trio estremamente frizzante ed empatico.
“ Battuta di caccia “ è il secondo romanzo di una serie che conta fino ad ora sei volumi. Un thriller non convenzionale e non privo di difetti ma che appassiona per la freschezza della narrazione e per gli irresistibili protagonisti che popolano la Sezione Q.
Completa il quadro una Copenaghen avvolgente, città che ho visitato e che ricordo sempre volentieri.
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Non è Larsson, ma ci accontentiamo
Secondo episodio della serie della Sezione Q di Carl Mørck. Ritroviamo gli stessi protagonisti con l'aggiunta di una nuova collaboratrice affidata alla squadra, che dovrà combattere con il caratteraccio del suo capo,ma si saprà comunque distinguere per intuito e capacità organizzative. Siamo di nuovo alle prese con un giallo, più thriller direi, ambientato nella penisola scandinava e come tale, cosa ormai nota, contraddistinto da una dose non indifferente di violenza.
Questo secondo episodio, pur trattando un caso forse più vicino a quelli di cronaca di oggi, risulta essere molto più cruento rispetto al primo; in alcuni momenti mi è pesato, non posso negarlo. Soprattutto quando già le notizie riportano quotidianamente episodi violenti, spesso gratuiti, che non lasciano indifferenti, leggere così in dettaglio ulteriori descrizioni di brutalità e sopraffazioni toglie quella caratteristica della lettura che è l'evasione e la distrazione dalla realtà.
Detto ciò i personaggi sono ben fatti, hanno ispirato simpatia già nel primo volume e la confermano nel secondo; la narrazione scorre via bene, senza troppe divagazioni e con la giusta dose di suspense; stavolta anche la traduzione mi è sembrata migliore, si distinguono infatti chiaramente le "imprecisioni" e gli errori del siriano Assad rispetto alla narrazione principale.
Seppur confermando la prima impressione, ovvero che Stieg Larsson, con cui il paragone è d'obbligo, rimane su un piano superiore (soprattutto dal momento che "Uomini che odiano le donne" mi piacque tantissimo e lo divorai letteralmente, nonostante il numero di pagine), questa serie regge abbastanza bene il paragone. Si fa leggere insomma, mi piace e ben vengano le puntate successive.
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Uomini che odiano le donne - Stieg Larsson
Stereotipato, ad anni luce da Stieg Larsson.
(Il testo contiene spoiler ).
In libreria mi aveva incuriosito la copertina con uno scampolo di natura morta su uno sfondo pastello, leggendo il riassunto l'ho trovato intrigante, poi l'autore (che non conoscevo) e' danese, mi faccio tentare dai...e lo compro.
Per una volta ancora devo riconoscere con rammarico che in questo momento le aspettative dagli autori scandinavi che fioccano nelle librerie, sovente vengono deluse .
Abbiamo a che fare con un poliziesco puro, forse troppo. La figura del protagonista e' a mio parere troppo stereotipata, separato dalla moglie, nella vita sembra faccia solo lo sbirro, e' manesco, non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, fuma, e' astuto, durante il racconto gli tolgono il distintivo ma alla fine risolve il caso, i suoi superiori non lo possono vedere ma siccome ha stoffa gli perdonano un po' tutto... Qualcosa di diverso dal clichet dello sbirro con l'impermeabile che cammina sotto la pioggia speravo di trovarlo e invece no.
Il racconto ha anche dei risvolti interessanti per esempio il tema trattato dei potenti corrotti ( dalla violenza ) e corruttori, che nonostante abbiano vissuto perpetrando stupri, pestaggi e omicidi rimangono impuniti ( fino a quando il nostro protagonista non li castiga tutti ) ha il suo perché ma forse il filo narrativo troppo lineare e a tratti prevedibile fa impantanare il libro che nonostante sia leggibile non mi ha entusiasmato. Qualche guizzo narrativo qua e la, simpatici gli aiutanti del protagonista, soprattutto la figura del poliziotto siriano che collabora alle indagini.
Mi aspettavo qualcosa in più nella descrizione dei paesaggi danesi, fiordi, isole, porticcioli ecc... e invece prevarica anche qui un clima un po' noir nello snocciolare i luoghi del crimine e le case tetre.
Un' ultima osservazione: sulla copertina del libro si legge "la risposta danese a Stieg Larsson" anche qui, ragazzi e' un terreno minato, va bene farsi della pseudo pubblicità citando un filone "epico" con contenuti spessi, interessanti e dalla narrativa così accattivante che dello scrittore rimpiangi sempre la morte per non poter più leggere nulla, ma se poi il libro e' ad anni luce dalle aspettative che hai creato al lettore...
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Vi piacera' anche piu' di Stieg Larsson
Mai un titolo è stato più appropriato per un libro. Battuta di caccia, il secondo romanzo della serie dedicata alla Sezione Q di Jussi Adler-Olsen (pubblicato con Marsilio GialloSvezia), è un thriller che infiamma di curiosità la mente e fa entrare il lettore nella crudele ottica del cacciatore, non solo di animali, ma anche di vite umane, il killer perfetto, senza coscienza e rimorsi, presentando dei protagonisti che vivono esistenze tanto vuote da aver bisogno di brividi insani.
Il primo libro della serie, La donna in gabbia, era già stato una scoperta. Il secondo non è solo una conferma, ma la nascita di una nuova passione, quella per i libri del danese Jussi Adler-Olsen che, nello scrivere storie thriller, non è solo bravo come lo svedese Stieg Larsson (cui viene paragonato), ma lo ha anche superato. Mentre Larsson, dopo il caso del primo romanzo, ha focalizzato i seguenti due libri soprattutto sulle vicende personali e intime dell’ineguagliabile protagonista Lisbeth Salander, Adler-Olsen, dopo lo strepitoso successo del caso che vedeva come vittima Merete Lynggaard, La donna in gabbia, riesce a immaginare un’altra storia altrettanto efferata e follemente brutale che riesce a volte anche a commuovere, esattamente come era accaduto per il primo romanzo.
Le quasi 500 pagine di Battuta di caccia si leggono che è un piacere forse anche perché affiancano parti ad alta tensione ad altre in cui l’ormai inconfondibile comicità di Adler-Olsen lascia nel lettore un senso di conforto. Nonostante le sue storie narrino vicende caratterizzate dall’orrore, vedendo fino a che punto un uomo può arrivare ad infliggere dolore ad un altro essere umano, Adler-Olsen riesce grazie al suo personale stile narrativo a rivelare di volta in volta al lettore quel tanto che è indispensabile ad accendere la curiosità senza anticipare quello che accadrà dopo, tenendo vivo l’interesse e conducendo il lettore in una caccia al cattivo che l’ha fatta franca nel passato. Sì, perché vi ricordo che la Sezione Q è quella che indaga i casi freddi o “cold case”.
Il senso cui il libro, romanzando una storia gialla ambientata a Copenaghen aspira, è farci conoscere ciò che passa in una mente folle, sadica, sanguinaria.
Tutto inizia con un prologo con una scena di caccia. Qualcuno scappa in un bosco sperando che “loro” riescano a perdere le sue tracce, ma è terribilmente difficile quando si hanno le mani legate. I brevi capitoli successivi delineano altri personaggi che vivono esistenze contrastanti, chi nel lusso e chi nella povertà. Ma qualcosa, nel passato, accomuna le loro vite.
“Premere il grilletto dava loro una soddisfazione che poteva durare molti giorni. Guadagnavano milioni, ma quello che li faceva sentire vivi era uccidere.”
VOTO 10+
Chi non ha letto questo libro ed ha intenzione di farlo, non continui a leggere, perché nel commento di seguito, Pupottina svelerà molte parti, unicamente per stimolare un dibattito con chi lo ha già letto.
Nel romanzo, cacciatori sono un po’ tutti i personaggi a loro modo: il detective Carl Mørk, quando segue una pista; Assad, il suo fedele e misterioso aiutante, quando, come un segugio, cerca un sospettato; Rose, la sua nuova e impertinente collaboratrice, quando va a caccia di notizie che riguardano il passato; Mona Ibsen, psicologa della polizia, mentre cerca di recuperare il sommerso nella coscienza di Carl Mørk; Hardy Henningsen mentre è a caccia di motivi e stimoli che gli diano la forza di vivere; e soprattutto il o i cattivi di turno, quando programmano una battuta di caccia in cui la vittima ancora non sa di essere tale. Da un omicidio del passato, man mano che l’indagine procede, le cose si fanno sempre più interessanti e le scoperte sempre più agghiaccianti, terribili. Non c’è una sola storia di sangue da scoprire ma svariati atti criminali. Una storia così la poteva scrivere ottimamente solo Jussi Adler-Olsen che ci sta abituando ad uno livello alto con i suoi superbi thriller. Come ogni gruppo, anche quello dei cresciuti ragazzi del collegio di un tempo ha un’infinità di segreti da nascondere, nel passato come nel presente, e la narrazione procede con colpi di scena ben dosati e nel punto giusto dell’intreccio. L’orrore si percepisce senza morbosità e la follia comune è l’elemento dominante di un gruppo che ha perso col tempo la sua unità. La battuta di caccia si trasforma, di pagina in pagina, in un’esperienza dove i cattivi sono in lotta fra loro, mentre la squadra dei buoni, quella del team di Mørk, cerca di capire e fermare i possibili eventi a catena. Ma, quando il pericolo è troppo vicino, può capitare di ritrovarsi in trappola. Il finale non vi deluderà, ma, anzi, renderà ancora più adrenaliniche pure le ultime pagine, dove l’imprevisto e il cambio di rotta sono sempre possibili. Nemmeno l’epilogo riuscirà a saziarvi. Di un autore così non ci si appaga. Si vorrebbe che i libri potessero essere davvero tutti così e non si può far altro che aspettare con impazienza una nuova indagine di Carl Mørk adesso che sembra stia per cambiare qualcosa.
Unica pecca, facilmente superabile e perdonabile, vista l’ottima qualità del romanzo, è che per noi italiani può risultare difficile ricordare cognomi danesi tanto simili fra loro, ma vi garantisco che ci si abitua.