American tabloid
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Nessun si salva
American Tabloid dà un resoconto, tra fiction e realtà, dell'America, dalla fine degli anni '50 all'assassinio di J.F. Kennedy; ci sono il futuro presidente e suo fratello Robert, mafia, F.B.I., C.I.A., Castro, la baia dei porci, Howard Hughes, Frank Sinatra, Jimmy Hoffa, il Ku Klux Clan ... il tutto visto attraverso le vicende di tre personaggi: Kemper Boyd, agente dell'FBI infiltrato nel clan Kennedy, in combutta con la CIA in un progetto di rivolta anti-castrista. Forse sorretto da un desiderio di ascesa sociale, si invischia in un pantano di doppi e tripli giochi, di bugie, di omicidi cruenti, e per mantenere lucidità è costretto a far alto uso di droghe. All'inizio può sembrare l'eroe positivo, quello senza macchia e senza paura che spesso l'America esalta, ma è come se un'indole distruttiva si impossessi di lui tanto da fargli abbandonare, senza remore, tutto ciò che è 'pulito' e 'retto', persino l'amore per Laura, sorella illegittima di J.F.K., e quello per la figlia Claire. Ward Littel, collega e amico fraterno di Boyd, sempre sul baratro di una follia ossessiva; da prima strenuo nemico del crimine organizzato e ammiratore di Robert Kennedy (che si batte per sconfiggere la mafia), poi, al pari di un bambino, deluso dal proprio oggetto di venerazione, diventa avvocato di fiducia di mafiosi, sorretto dal proprio odio verso i Kennedy. Al pari di Boyd, anche lui sacrifica l'amore alla propria ossessione. Tra i due, e sballottato dall'uno all'altro, Pete Bondurant, ex sbirro ora al servizio della Mafia e del profitto; il personaggio 'davvero' cattivo e senza scrupoli che, in una parabola inversa rispetto ai due compari, si innamora e assume quelle connotazioni di umanità che i complici perdono. Non ci sono personaggi 'positivi', a cominciare da John Fidzgerald Kennedy: un donnaiolo (uno scopatore da sei minuti), uno stupido e un incapace; il naturale prodotto di una famiglia corrotta; il direttore generale dell'F.B.I. J.Edgar Hoover, un pornografo; il miliardario, imprenditore e produttore cinematografico Howard Hughes razzista, ipocondriaco e guardone; il sindacalista Jimmy Hoffa colluso con la mafia; Frank Sinatra ... Nessuno si salva, tra gli uomini! Forse solo Robert Kennedy, mentre le poche donne sono integre nel proprio alone di innocenza e di amore, anche quando sono sulla 'cattiva strada'. Gli unici che mantengono coerenza (seppur nel male) e una sorta di etica, sono i mafiosi. La scrittura di Ellroy, così come il suo punto di vista totalmente distruttivo e violento, può piacere oppure no. Non ci sono mezzi termini, non c'è un nì. I 'mezzi termini' non li usa nemmeno l'autore: tutto è violenza, tutto è degradazione, tutto è corruzione, in un girone infernale concentrico, senza uscita.
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Intricato e Appassionante
Non sono un grande appassionato di quella che viene comunemente chiamata "Letteratura di Genere", ma Ellroy costituisce per me una felice eccezione. Le pagine di questo libro contengono un magnetismo difficile da spiegare, nei personaggi crudi e cinematografici o semplicemente nella prosa pulsante, graffiante, cinica e ipercinetica dell'autore.
A prescindere dalla possibile veridicità della trama, sin dalle prime pagine si viene catapultati in un mondo torbido, violento, cupo e fitto di intrighi e inganni che fino all'ultimo tengono il lettore col fiato sospeso. I dialoghi, essenziali al limite della brutalità, rispecchiano le rare e telegrafiche descrizioni. Tuttavia, pur mantenendo un registro pressoché invariato per l'intero libro, non ci si stufa mai. Ancor più perché, inspiegabilmente, i protagonisti sono vividissimi anche nelle loro caratteristiche così poco tracciate.
Forse perché i tipi umani che popolano questo romanzo sembrano davvero usciti da una pellicola, con i loro visi duri e affilati e lo sguardo eternamente sospettoso e sveglio. Tipi in gamba, Pete Bondurant e Kemper Boyd, forse troppo.
Viene quasi voglia, nonostante la brutalità e la crudeltà di questo mondo, di immergercisi dentro, per capire come ci si sente, a fare il gioco sporco. Ma si dovrebbe parlare come Ellroy, e noi comuni mortali ci accontentiamo di leggerlo. Anche cosi non è poco.
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Jack mal di schiena
Forse il noir che più di tutti negli ultimi anni ha cambiato le regole del genere.
American Tabloid è l'esatto emblema di postmodernismo letterario. Una realtà cruda mista a finzione narrativa, raccontata attraverso le storie di tre personaggi tra i meglio riusciti di Ellroy: Pete Bondurant, Ward J. Little e Kemper Boyd.
Verità scomode mascherate dal velo setoso della finzione.
Stati Uniti, anni '60: I Kennedy, Marylin, la mafia italoamericana, la Baia dei Porci, le lotte sindacali, i capibastone, il cinema, il Viet "fottuto" Nam, contrabbando, criminali di ogni tipo, l'FBI di J.Edgar Hoover. Questi sono solo alcuni elementi presenti nel romanzo. Un racconto pregno di storie umane, sudore e disperazione. Non esistono i buoni, e se ci sono prima o poi diventano cattivi anche loro. Si tratta di sopravvivere.
E poi c'è lo stile di Ellroy: inconfondibile. Un modo di scrivere che ha fatto scuola, forse anche troppo, visto il numero incredibile di tentativi di imitazione. Frasi brevi e secche, quasi aride, così come il mondo dei personaggi. Non è uno stile facile da digerire, all'inizio. Poi, se piace, la lettura va via liscia.
Per gli amanti del genere è un romanzo imperdibile.
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l'america non è mai stata innocente
la prima frase di Ellroy "L'america non è mai stata innocente" rappresenta una sintesi perfetta del contenuto del libro: attraverso gli occhi di diversi personaggi chiave che si conoscono sin dalle prime pagine, si rappresentano le trame non note ai più della storia dell'ascesa di JFK alla presidenza USA. Il libro, con lo stile di suspence dei gialli, ci racconta, non solo i risvolti più o meno noti di JFK e della sua famiglia, ma ci offre anche una lettura assolutamente inaspettata, ma credibile, di eventi cruciali per la storia americana e mondiale come la baia dei porci, della figura di Hoover, capo dell'FBI, del ku klux Klan. consigliato a chi intende avere lumi sulle tinte fosche della storia americana.
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poco romanzo, molto sangue
Lo stile molto scarno, quasi da rapporto poliziesco, rende il libro una sterile serie di avvenimenti collegati da un filo molto intrecciato. Personalmente non ho gradito questo tipo di scrittura in quanto essa non permette spazio alla benché minima immaginazione. I personaggi non sono delineati a sufficienza e molte delle loro azioni rimangono inspiegate. D'altro canto, la sequenza telegrafica delle frasi permette, in seicentosessanta pagine, di racchiudere una considerevole quantità di eventi; molti contenuti quindi, ma poco "raccontati".
Nel complesso il libro si è lasciato leggere con facilità e mi è discretamente piaciuto, se non altro perché tratta argomenti storicamente molto interessanti e con una voce decisamente fuori dal coro, "politically INcorrect". Nel libro si scava (non so quanto frutto della fantasia e quanto realtà) nelle oscure pieghe della storia scritta e diretta da uomini pubblicamente irreprensibili, ma sporchi dentro, e da uomini molto sporchi fuori e cattivi fino all'osso dentro. E' la storia di un America che ha affondato il proprio sogno nelle bassezze del cinismo, del ricatto, del delitto e del crimine organizzato (molto bene peraltro).
Buona lettura.