All'Insegna di Terranova
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Un giallo solo discreto
Nono romanzo dedicato al personaggio del commissario Maigret All’Insegna di Terranova fu scritto nel 1931 a bordo dell’Ostrogoth, il cutter con cui Simenon navigava lungo i canali francesi. Forse è anche per questo che romanzo trasuda di marineria benché la trama si svolga esclusivamente a terra e sia relativa a un tipico triangolo amoroso, in cui gli uomini appaiono le vittime in tutti i sensi, visto che uno viene assassinato al ritorno di una lunga stagione di pesca e l’altro tenta addirittura di uccidersi, senza tuttavia riuscirvi. Al di là della vicenda, che si concluderà con un nulla di fatto, nel senso che Maigret preferirà non assicurare alla giustizia l’omicida, vi è da rilevare la posizione del commissario, fuori sede, chiamato da un compagno di scuola per cercare di scagionare un giovane che si ritiene innocente e che condurrà in sordina e non ufficialmente le indagini a Fécamp, amena cittadina di villeggiatura in riva all’oceano, ove si trasferirà temporaneamente unitamente alla moglie con il pretesto di una settimana di vacanze.
Il giallo si lascia leggere, nel senso che non è uno dei migliori di Simenon, anzi a mio avviso è solo discreto, perché i personaggi mancano di spessore, sono un po’ stereotipati e poi francamente la tensione è pressoché assente. Inoltre, siamo ancora lontani da quella straordinaria capacità del narratore belga di sondare l’animo umano fino negli anfratti più nascosti; a ciò aggiungo che la cura, più volte ravvisata, nel descrivere i paesaggi e nel ricreare le atmosfere qui appare un po’ imprecisa, quasi che l’autore non intendesse applicarsi più di tanto.
Comunque il romanzo va più che bene per trascorrere qualche ora di gradevole lettura.
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All'Insegna di Terranova
All’ultimo momento, Maigret ribalta i piani per le vacanze trascinando la moglie in Normandia su richiesta di un vecchio amico che vuol far scagionare un giovanotto di sua conoscenza dall’accusa di aver ucciso il capitano del peschereccio sul quale ha appena viaggiato. Il commissario, musone come non mai, indaga come suo costume, riducendo al massimo l’azione in favore di un attento studio psicologico dei personaggi che, attraverso un vero e proprio processo di identificazione, gli consente di pervenire alla soluzione della vicenda e, disgustato da tutti quanti, tenersela per sé. Ne esce un romanzo strano, segnato da un’investigazione anomala avvolta in una cupezza che va aumentando col passare dei capitoli: immersa nell’odore del merluzzo salato male, l’umanità che lo popola presenta i caratteri ella mediocrità più disperante. Si passa difatti dall’abbrutimento alcoolico dei marinai alla ristretta mentalità piccolo-borghese di Marie e di suo padre (le magagne dei commercianti arricchiti sono uno dei pallini di Simenon) per giungere al disvelamento della vera essenza che si nasconde dietro alla prima impressione che possono dare l’accusato Le Clicnhe e il defunto capitano Fallut: i loro destini sono legati dalla figura di Adèle, procace prostituta di insolita volgarità anche per lo scrittore belga. In cotanto squallore, brilla per contrasto il rapporto del commissario con quella santa donna della signora Maigret che culmina con la magistrale scena del notturno bacio in fronte: uno di quei momenti sparsi numerosi tra le pagine del libro che ne fanno dimenticare gli squilibri per non parlare degli errori veri e propri (d’estate nel nord della Francia è assai improbabile che il tramonto giunga improvviso) facendone un giallo non canonico, ma a suo modo affascinante (sempre che si sia dell’umore giusto, altrimenti l’insieme potrebbe risultare alquanto deprimente).