Stepsister. Sorelle di sangue
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Quello che volevamo da "Cenerentola III"
"Stepsister" di Jennifer Donnelly si è rivelato un romanzo poco in tema con il mese di Halloween, nonostante cover e sinossi urlino "sangue" a pieni polmoni, e anche abbastanza problematico; a dispetto di tutto ho comunque apprezzato la lettura di questo sequel ideale della fiaba di Cenerentola.
La trama segue diversi personaggi, ma la protagonista è indubbiamente Isabelle, la sorellastra più giovane della meravigliosa Ella: la storia si apre sul finale della fiaba con la matrigna Maman che spinge le figlie a tagliarsi i piedi per poter calzare la famosa scarpetta di cristallo, senza successo perché ovviamente Ella riuscirà a liberarsi e a riunirsi con l'amato principe. La storia di Isabelle dovrebbe finire qui, ma questo libro immagina cosa possa essere successo a lei, a Maman e alla sorella maggiore Octavia "Tavi", intrecciando alle loro vicende il contrasto tra Chance e Fate -ossia le personificazioni della Possibilità e del Destino- che si contendono la mappa rappresentante la vita di Isabelle stessa; Chance vuole concederle di scegliere per se stessa mentre Fate è determinata a riprendersi la mappa in modo che non venga alterata.
A queste due storyline si aggiunge un'ulteriore trama simil-storica, dal momento che il romanzo è ambientato in una versione fittizia della Francia del 1700, con il regno minacciato da un nobile tedesco (?) in vena di invasione. La presenza di diverse storie non confonde troppo le idee dal momento che lo sviluppo è molto prevedibile e lineare, ma le ho trovate tutte abbastanza noiose ad eccezione (per fortuna!) di quella sulla crescita del personaggio di Isabelle. Sia lei, sia i personaggi che le ruotano attorno, sono abbastanza interessanti e caratterizzati con cura: in particolare, ho adorato Tavi ed il rapporto tra lei, Isabelle ed Ella. Mi hanno lasciato invece abbastanza perplessa i comportamenti di Chance e Fate; il primo contraddice il suo scopo quando tenta di portare la protagonista sulla strada di Volkmar per fermarlo, la seconda si accanisce su Isabelle ma non considera di striscio le modifiche al destino apportate da Volkmar stesso e da Tanaquill.
Proprio la fairy queen ci pone di fronte ad un'altra problematica, ossia il sistema magico per nulla chiaro, anche se questo aspetto potrebbe essere scusato dalla natura "fiabesca" del romanzo. Non posso invece soprassedere sui continui tentativi dell'autrice di dare enfasi alle scene interrompendo la narrazione ogni tre pagine con dei colpi di scena che non stupiscono nessuno. Sull'ambientazione non voglio neanche esprimermi: è un gran miscuglio casuale di elementi fiabesci, storici e mitologici che mi hanno lasciato letteralmente basita.
E comunque consiglierei la lettura di questo libro, soprattutto ad un pubblico giovane; perché? Perché la storia di Isabelle, pur con i suoi difetti e la totale mancanza di realismo, può essere d'ispirazione. Perché le frasi che vengono rivolte a lei e agli altri personaggi sono state dette a tutti noi almeno una volta. Perché questo romanzo insegna a seguire la propria indole a prescindere dalle convenzioni sociali e dalle aspettative della famiglia.
Perché sono una debole e non riesco ad essere troppo severa con un libro capace di farmi emozionare così tanto.
NB: Libro letto in lingua originale