Rinascita. La confraternita del pugnale nero
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Ho iniziato a fare il tifo per i Bastardi
(Libro X della Confraternita del Pugnale Nero) – Seppure questo dovrebbe essere il capitolo dedicato a Thor e No’One, preciso subito che io li ho trovati mortalmente soporiferi e proprio non sono riuscita a provare simpatia per loro. Senza cercare di girarci intorno, oggettivamente sono due lagne fatte e finite, con ripetuti tristi monologhi monotematici (il sesso: quello subito, quello evitato, quello disprezzato, quello sognato...ma da lì non ci si schioda). E che dire dell’angelo che dovrebbe procurare la salvezza e finisce per apparire un supporter quasi viscido (dov’è finito il mio caustico Lassiter?)
Di fatto, stavolta tutta la confraternita mi è sembrata spenta, come se (restando in tema, visto che la trama attraverso le varie stagioni per virare sull’autunno) fossero stati tutti messi sotto naftalina.
L’unico brivido viene dai nuovi veri cattivi in scena, non i più i pallidi Lesser profumati di talco per bambini, ma l’orrido Xcor, il nobile e leale Throe e gli altri Bastardi al loro seguito. E pure questo enigmatico Assail, vampiro solitario in Jaguar, sembra molto più intrigante.
Non nascondo di aver fatto il tifo per loro, anziché per i soliti fratelli (nonché per Layla quando involontariamente aiuta il “nemico”).
L’impressione complessiva che ho avuto è che la Ward, mentre scriveva questo decimo volume, fosse già focalizzata sul romanzo seguente (attesissimo da tutti, con Blay e Qhuinn) e che si fosse ripromessa in ogni caso di saldare il proprio debito al guerriero Thorment, da lei bistratto in maniera imbarazzante rispetto agli altri.
Ma questa sua nuova versione, finalmente con una donna al fianco (e non la cara Wellsie, perché lei non è ancora nel Fado, ma inspiegabilmente non può tornare) e calato nel ruolo di vendicatore del Re Cieco mi è sembrato proprio il premio di consolazione per gli ultimi arrivati.
Da ultimo, mi ha lasciato perplessa un certo mutamento di stile: la Ward è sempre stata un po’ sopra le righe con i suoi personaggi sboccati, però in passato si trattava di battute un po’ spinte eppure sempre in senso simpatico-malandrino.
Qui invece ho trovato un eccesso di volgarità, con continui riferimenti e ammiccamenti.
Sembra che tutti i vampiri in scena non riescano a pensare ad altro che al contenuto dei loro pantaloni nonché a eccitarsi in ogni angolo della sede della Confraternita.
Lasciamo perdere l’aderenza alla realtà. Questo è un romanzo fantasy, dove si suppone che i protagonisti facciano sognare: se pure l’immortale fascinoso quando apre bocca assomiglia a un qualunque ragazzotto su di giri che puoi incontrare in birreria, che resta del sogno?