Non prima che siano impiccati
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Il padre di Logen parlava troppo
"Non prima che siano impiccati" continua la trilogia La prima legge di Joe Abercrombie con un secondo capitolo che parte un po' lento -a causa degli eventi del primo volume, del quale ancora risentono il ritmo e l'intreccio- per poi migliorare decisamente, specie quanto si arriva ai vari scontri che vedono i nostri protagonisti in azione nel loro elemento naturale: la lotta più spietata e sanguinosa.
La struttura rimane fedele a quella de "Il richiamo delle spade", con gli stessi sei punti di vista che in alcuni capitoli vengono sovrapposti perché i diversi personaggi si trovano nel medesimo luogo. In particolare seguiamo: West e Mastino nell'Angland minacciata dall'esercito di Bethod; Logen, Jezal e Ferro nel gruppo riunito da Bayaz per svolgere un'importante missione nel continente ad ovest; Glokta e i suoi pratici, nella città di Dagoska assediata dall'imperatore Gurkish prima, e di nuovo ad Adua negli ultimi capitoli. Anche in questo secondo libro lo sviluppo della trama orizzontale è parecchio limitato, perché gli elementi che avvicinano le storie dei protagonisti alle vicende politiche del Mondo Circolare sono centellinate; Abercrombie si dimostra però abbastanza abile nel fornire degli indizi ben pensati per non rivelare troppo, e al contempo dare al lettore degli spunti su cui fare congetture per il futuro.
I personaggi principali ed i rapporti tra loro si confermano il punto di forza della trilogia. L'autore si prende parecchio spazio per costruire gradualmente delle amicizie improbabili ma del tutto riuscite, come anche alcune relazioni romantiche -in questo caso, ho un paio di riserve perché mal sopporto l'introduzione di personaggi femminili al solo scopo di affiancare un protagonista maschile (di solito per metterne in luce determinate caratteristiche).
Per quanto mi abbiano convinto i protagonisti di Abercrombie, aumentano le mie perplessità relativamente agli antagonisti: compaiono troppo di rado e con ruoli non sempre rilevanti, oltre a risultare monodimensionali nelle azioni e negli atteggiamenti. Ho trovato da ridire anche in un paio di scene di combattimento che si risolvono in modo a dir poco conveniente per i nostri eroi.
Nulla di troppo grave comunque, infatti il libro si lascia leggere in modo scorrevole, e risulta molto divertente tanto che è facile scordare di aver di fronte un grimdark in più di una scena.
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Un fantasy sanguinario e potente
Decisamente questo secondo capitolo supera ogni mia più rosea aspettativa, dopo la già grande soddisfazione che mi aveva dato il primo, perché più che un libro è davvero un magnifico giocattolo pieno di sorprese, per tutte le sue quasi settecento pagine, uno di quei balocchi colorati e fracassoni che fa ritornare il lettore un bambino curioso e felice.
Certo, questo non è un fantasy per ragazzi, ma chi si è avvicinato ad Abercrombie sa già che il suo stile è immaginifico ma crudo, affabulatorio e appassionante ma spietato.
Se in precedenza avevamo conosciuto i protagonisti di queste avventure, tutti ben posizionati in differenti scenari e contesti, qui il gran burattinaio incomincia a muovere i fili, portandoci ad ogni capitolo su un fronte alternativo: l’inquisitore rovinato e sciancato Glokta a Dagoska, trasformato in stratega e uomo bersaglio al centro di complotti politici; i ragazzi del Nord insieme a un sorprendente West alla ricerca di vendetta contro Bethod e i suoi nuovi alleati oscuri; e infine la strana compagnia guidata dal mago Bayaz, con il bello (Jezal), il brutto (Logen Novedita) e la cattiva (la fiera e splendida Ferro che non ha tempo da perdere in mollezze femminili).
Su questa compagnia eterogenea si concentra maggiormente l’attenzione, perché Bayaz si è messo in testa di viaggiare sino ai confini del Mondo conosciuto per trovare un’arma dimenticata e potentissima, anche se neppure lui ha le idee ben chiare.
Come ho già avuto modo di notare, un elemento continua ad essere ricorrente in Abercrombie: l’imperfezione e l’evidente ambiguità dei suoi eroi. Quindi neanche qui maghi onniscienti e protettivi, ma piuttosto incerti, misteriosi e pasticcioni, e niente guerrieri dallo scudo risplendente, ma combattenti sanguinari e impietosi, che molto spesso si sono messi e si mettono l’onore sotto gli stivali. E governanti che marciano allegramente sui cadaveri pur di portare a casa il risultato più vantaggioso.
Intorno a loro un’umanità immaginata, fantasiosa ma molto concreta, nelle sue bassezze, nei suoi desideri inconfessati, nelle sue gelosie e nelle sue meschinità, costanti e identiche a quella che è tuttora nostra contemporanea.
Continuo a pensare che, per chi ama il fantasy, questa saga è uno spartiacque imprescindibile tra il classico e il nuovo stile che avanza.
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L'Uomo del Nord ridacchiò. "Chi si vanta di non avere paura è uno sciocco, secondo me, perché gli unici che non hanno paura sono i morti, o forse quelli che stanno per morire. La paura ti insegna ad essere cauto, a rispettare il tuo nemico e a evitare le lame affilate quando non servono."