Nella casa del verme
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Sì ma avanti il prossimo
Premetto che ho già conosciuto Martin con le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco e, quindi, il mio paragone era proprio con i suoi bestseller. La storia si presenta all'inizio interessante, misteriosa, a tratti quasi claustrofobica, con la presenza di personaggi ingombranti, pesanti e profondi. Il protagonista, Annelyn, è sempre a metà fra cacciatore e preda. Un po' come nelle Cronache, anche qui nulla è mai scontato e questo, senz'ombra di dubbio, è la parte più interessante del libro. Infatti, Martin, non annoia mai del tutto anche se, come in questo caso, la storia risulta essere un po'.. banale. E' davvero con tanta tristezza che azzardo a scrivere ciò: la trama è noiosa. La trama è intensa a tratti, non scorre liscia, è come se non ci fosse stata la solita macchinazione tipica di Martin (chi ha letto le Cronache può capire benissimo). Nonostante la trama abbia questo piccolo - grande - problema il vero punto forte del libro è lo stile di Martin: così tolkeniano, così forbito, così abile, così... bello. Ecco, nonostante le lunghe descrizioni - che fanno proprio vedere ai lettori le cose - non ci si stanca. Comprerei questo libro? Forse sì ma non posso dire che sia minimamente all'altezza dei precedenti. Penso che sia un libro senza infamia e senza lode e, sottolineo, prima di scrivere ciò ho letto l'opera ben due volte. Concludo sostenendo che Martin, come sempre, si dimostra un maestro del fantasy, anche se qui vi sono degli elementi di molti altri generi (ad esempio ho sentito qualcosa del distopico).
Forse la mia è una voce fuori dal coro?
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