Le dame di Grace Adieu
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Magia ed Elfi nell’Inghilterra del XIX secolo
In una Inghilterra alternativa dove la magia mai ha lasciato quelle lande e il confine tra il nostro mondo e le Terre Altre, abitate da elfi e fate, è così sottile che lo si può pure valicare senza avvedersene, molte sono le vicende che possono accadere ai comuni mortali, malaccorti.
Una piccola orfana, ad esempio, può essere protetta da tre enigmatiche dame che, all’occorrenza, riescono a sbarazzarsi di impudenti cacciatori di eredità in un unico… battito d’ali. Oppure il duca di Wellington, all’inseguimento del suo cavallo brado, può finire in un cottage sperduto nella radura dove, su uno splendido arazzo, la sua vita futura è abilmente ricamata e profetizzata sino alla tragica morte per mano di un oscuro cavaliere catafratto (a meno che…). Sempre con ricami sapientemente scelti Maria Stuarda potrebbe cercare di togliere la vita alla sua arci-nemica, la regina Elisabetta. Ma può pure avvenire che un maestoso ponte sia edificato in una sola notte per il capriccio di un principe-elfo o che un misero, ignorante carbonaio riesca a gabbare nientepopodimeno che John Uskglass, il Re Corvo, il più potente mago che abbia regnato su questo mondo e sulle Terre Altre.
Susanna Clarke, divenuta famosa per l’immaginifico romanzo “Jonathan Strange e il signor Norrell” e di recente tornata alle stampe con un altro romanzo di altissimo livello (“Piranesi”), una quindicina d’anni fa pubblicò questa raccolta di novelle ambientate nello stesso mondo fatato che aveva fatto da sfondo alle avventure dei due potenti maghi Strange e Norrell.
Si tratta di otto storie a metà strada tra la fiaba classica e il racconto fantasy ambientato, però, in una versione ucronica dell'Inghilterra dei secoli XVIII e XIX.
Le favole, come ad esempio la rivisitazione della novella dei Grimm intitolata, in Italia, “Tremotino”, hanno il classico schema narrativo che si basa principalmente sullo sviluppo delle vicende mediante l’accumularsi di reiterazioni, in un climax che porta alla soluzione finale, ovviamente a lieto fine per il protagonista. Al centro delle vicende l'eroe (più spesso l'eroina) di turno dovrà affrontare le prove per giungere alla sua salvezza e redenzione finale.
Le novelle fantasy, invece, hanno uno stile più particolare. In esse, a somiglianza del romanzo principale che ha dato origine a questa antologia, l’autrice gioca col lettore e, spesso, finge di riferire autentici eventi, usando una tecnica dottorale simile quella che potrebbe aver utilizzato uno studioso del XIX secolo con tanto di fraseologia accademica arricchita da note a piè di pagina per contestualizzare storicamente gli eventi.
In altri casi, invece, riecheggia lo stile del racconto cortese, alla Boccaccio o Chaucer, quasi si trattasse di novelle da narrare davanti a un focolare a un piccolo convivio di uditori.
Non manca neppure un racconto con cupe note gotiche ove è possibile intravedere, in controluce, il profilo di un Dracula tirannico che imperversa sulle sorti dei poveri abitanti di un paesino del Derbyshire.
Divertono certe ribellioni (verrebbe da definire “femministe” se non fosse anacronistico) delle dame protagoniste di alcune storie che, pur restando miti e sottomesse come la cultura ottocentesca imporrebbe, si dimostrano molto più abili e scaltrite dei potenti maghi di corte (il Signor Norrell) o più determinate e coraggiose di baldi guerrieri che, al contrario, cadono preda di crudeli incantesimi o appaiono come ingenui succubi di ogni inganno.
Insomma i racconti, scritti con una gradevole levità, oscillano tra un giocoso repêchage dei miti e del folklore britannico e una pretesa ricerca “scientifica” sul sidhe, il mondo magico inglese.
Conclusivamente la raccolta, pur non essendo paragonabile come livello letterario al romanzo “Jonathan Strange e il signor Norrell” ne è, comunque, una gradevole appendice, da leggere in tutta rilassatezza e sereno divertimento.
Indicazioni utili
Ricami e noia
Tre cose mi hanno colpito di questo libro che ho trovato settimana scorsa al mercatino dell'usato.
La prima: la copertina, molto carina, con i fiori e quel delicato colore, e successivamente le illustrazioni delle storie, davvero molto belle e suggestive.
La seconda: l'autrice, famosa per aver scritto "Jonathan Strange e il Sig. Norrell", che non ho ancora avuto il piacere di leggere, ma mi incuriosiva molto. Inutile dire che dopo questo libro, la curiosità è pressochè svanita.
La terza: aprendo a caso le pagine, sono finita sui ringraziamenti dell'autrice, in cui ringrazia Neil Gaiman.
E io adoro Neil Gaiman. Quindi ho comprato subito il libro.
Viene descritto come una serie di racconti sul popolo fatato in stile Jane Austen. Ni, dico io.
Ci sono le fate e c'è un leggero stile alla Jane Austen, ma nulla di più.
Una delusione totale, specie dopo aver scoperto e letto il racconto ambientato a Wall, paese che compare anche in "Stardust" libro decisamente più accattivante, scritto da Neil Gaiman.
Qui abbiamo una serie di racconti noiosi, molto simili tra loro, che avanzano all'inizio piano, con descrizioni molto accurate dei personaggi, dell'ambiente (quasi sempre il Derbyshire... ogni tanto si può anche cambiare!), per poi finire in un nulla di fatto.
In un paio di racconti addirittura non avevo neanche capito che erano finiti, ho girato la pagina convinta che ci fossero almeno altri due capitoli, invece niente.
Troncati di netto.
E sono più che sicura che il secondo racconto, "la collina di Lickerish", sia una leggenda irlandese in cui l'autrice ha solamente cambiato i nomi dei protagonisti, perchè mi ricordo di averla letta anni fa in una raccolta di racconti e leggende irlandesi.
Poi, è vero che c'è l'elemento fantastico rappresentato dalle fate, folletti e spiritelli vari, ma a volte è scaduta nel ridicolo e nell'assurdo, come il duca di Wellington che, in 5 minuti, si mette a ricamare ben tre scene di lui e del suo cavallo su una coperta. O anche il tizio che riesce a leggere un libro mentre viaggia su un cavallo lanciato al galoppo.
Un po' assurdo.
Lo stile non è male, non ci sono errori di nessun tipo, ma davvero, è troppo noioso.
Inizi a leggere un racconto in modo scorrevole, sperando che sia meglio del precedente, ma la storia gira quasi su stessa, senza procedere in linea retta, e poi improvvisamente, quando la palpebra sta calando, finisce. E ti viene da pensare: ma ho perso davvero tempo a leggere queste storie che non lasciano nulla?
Forse a chi ama alla follia il popolo fatato questo libro potrà anche piacere, ma io le fate proprio non le reggo.
A malapena sopporto Trilly o le Winx.
Peccato, perchè poteva sicuramente essere concepito meglio, e magari essere adatto ad un pubblico più giovane, ma qui il popolo fatato è troppo cattivo per poter essere mostrato a dei bambini.
E peccato perchè viene trascinato in questo universo di noia anche Gaiman, che sicuramente noioso non è.
Lo sconsiglio, c'è sicuramente di meglio in giro.