La spada del destino
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Scopriamo le origini del Kinde(r) Sorpresa
Secondo ciclo di racconti ambientati nel mondo di The Witcher, "La spada del destino" dimostra qualche miglioramento rispetto al primo capitolo della serie, ma nel complesso gli elementi negativi di questo volume sono tanti e tali da farmi dare una valutazione leggermente più bassa. In particolare perché ho iniziato la saga aspettandomi battaglie epiche, sbudellamenti di mostri e intrighi di palazzo, per poi ritrovarmi con una storia dove l'obiettivo non è affrontare una battaglia per la salvezza del mondo bensì stabilire chi si deve bombare chi.
Come al solito mancano dei chiari riferimenti temporali, ma possiamo intuire che rispetto a "Il guardiano degli innocenti" siano trascorsi cinque anni nei primi racconti e una decina nell'epilogo. In questa seconda raccolta non troviamo l'espediente dei ricordi raccontati da Geralt, ma l'impressione è che sia Ranuncolo a comporre di volta in volta delle ballate per narrare le avventure vissute dall'amico. I personaggi principali che ritroviamo sono gli stessi del primo libro, con l'aggiunta della principessa Cirilla "Ciri"; aggiunta che mi sembra sia l'unico evento degno di nota: al termine della lettura ho avuto l'impressione che, tagliando qualche pagina da "Il guardiano degli innocenti" e aggiungendogli il racconto "La spada del destino", si sarebbe ottenuta un'unica raccolta più che sufficiente ad introdurre il lettore alla serie.
Ma vi avevo anticipato dei fantomatici miglioramenti, quindi prima di passare agli aspetti deludenti, spediamo due parole su quelli. Ho apprezzato che i riferimenti fiabeschi si siano diradati, anziché appesantire ogni racconto; inoltre in questo caso si nota chiaramente come tutti siano collegati a dei racconti di Hans Christian Andersen, aspetto che contribuisce a creare un'atmosfera molto più fredda e vicina idealmente a quell'Europa baltica a cui Sapkowski si ispira. Altro elemento più riuscito è l'umorismo: le battute hanno una migliore tempistica e, conoscendo ormai i personaggi, sai anche che tipo di ironia aspettarti da ognuno.
Ciò che mi ha colpita veramente in positivo è l'inserimento di molte tematiche attuali, nonostante il libro sia ormai vicino alla trentina. Si parla di rispetto per le diverse etnie (qui rappresentate delle creature magiche senzienti), per l'ambiente e per gli animali. É crudelmente ironico poi che in questo libro dei primi anni Novanta si enunci come un dato di fatto il diritto della donna a decidere rispetto ad una gravidanza, mentre nella Polonia odierna è entrata in vigore una legge che in pratica vieta l'aborto.
Peccato gli altri elmenti della raccolta non siano altrettanto validi. I dialoghi sono forse l'aspetto peggiore, specialmente perché quasi tutti i personaggi adottano un linguaggio sofisticato, che stona con molte situazioni in cui si trovano o con i loro retroscena; a questo aggiungiamo l'inserimento forzoso del titolo del racconto in questione nelle battute (alcune così lunghe da sembrare dei monologhi innaturali) e la pretesa dell'autore che il lettore possa indovinare le azioni dei personaggi da quanto viene detto: molto spesso i dialoghi sono unicamente dei botta-e-risposta, senza alcuna descrizione di tono, pause o movimenti. Forse è un tratto stilistico di Sapkowski, ma personalmente non lo trovo di mio gusto.
L'autore si diletta a tenere nascoste anche altre informazioni ai lettori, come le conoscenze utilizzare da Geralt nella risoluzione dei singoli racconti o il funzionamento del sistema magico, che appare lacunoso e contradditorio.
Per una mia preferenza ho trovato inoltre troppo presente la componente romantica della storia, che interessa la maggior parte del volume; si arriva al punto in cui il caro Sapkowski porta un personaggio a dire esplicitamente che Geralt e Yennefer sono fatti per stare assieme. Una terribile scelta dal punto di vista narrativo, dove la regola sarebbe mostrare anziché raccontare.
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