La repubblica del drago
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Tra risate e noia
Nonostante alcuni difetti imputabili in gran parte alla giovane età dell'autrice, "La guerra dei papaveri" è un romanzo che mi ha divertito ed intrattenuto, specialmente per merito di un world building molto affascinante e di una protagonista per nulla scontata. E direi che questi due fattori si riconfermano in pieno nel seguito "La repubblica del drago", in particolare l'imprevedibilità della nostra Fang "Runin" Rin, sempre più scatenata e (auto)distruttiva.
La trama parte tre mesi dopo la conclusione del primo capitolo; ritroviamo i cike alle dipendenze della regina dei pirati Moag, che sfrutta i loro talenti per eliminare scomodi avversari, promettendo in cambio armi e finanziamenti per orchestrare l'assassinio dell'Imperatrice Su Daji. La narrazione si allontana ben presto da questo spunto per portare in scena i protagonisti di un conflitto di tutt'altra portata: capitanate dal signore della guerra Yin Vaisra, le province del sud danno il via ad una secessione che mira a sostituire l'impero Nikan con una repubblica. Ovviamente Rin e i suoi alleati vengono trascinati in questa ribellione, e con loro gli esperiani, appena giunti dal continente occidentale per portare al popolo nikariano la vera fede e anche qualche fucile.
Ben consapevole che questo viene considerato da molti il volume migliore della trilogia, parlo subito degli aspetti più riusciti, così volendo potete saltare a piè pari il resto della recensione, dove cercherò di spiegare cosa mi porta a ritenere invece più valido il primo romanzo. Tra i punti a favore posso includere senza dubbio le nuove ambientazioni: finalmente possiamo esplorare meglio l'impero Nikan, ricco di luoghi affascinanti descritti con attenzione sia nelle location sia nei personaggi che le popolano. Il world building si amplia anche per merito di alcuni approfondimenti sul passato di questo mondo fantastico, che arricchiscono la narrazione e rispondono a più di un interrogativo.
Sul fronte dei personaggi, ho apprezzato molto la caratterizzazione di Yin Vaisra (una figura estremamente sfaccettata, che spero avrà spazio anche nell'ultimo capitolo) e lo sviluppo del rapporto tra Rin e Kitay. Il cambiamento che più ho gradito però è la maggiore omogeneità nel tono adottato perché, pur non lesinando sui momenti più divertenti, questi si amalgamano molto meglio ai temi pesanti, sempre presenti e rilevanti: in particolare, viene posta maggior attenzione sul tema del colonialismo, e l'autrice ci spinge a riflettere parecchio sul dramma dell'assimilazione culturale forzata.
Ma passiamo all'altro piatto della bilancia. Alcuni difetti del primo libro ricompaiono, e penso soprattutto ai dialoghi incredibilmente informali a prescindere da quanto siano importanti le figure nobili o politiche coinvolte, ma altri sono del tutto nuovi, e anche inaspettati. Partiamo dai personaggi: ne vengono introdotti molti inediti, ma la maggior parte sono poco più di macchiette; per contro, parecchi di quelli rimasti da "La guerra dei papaveri" vengono ridimensionati o resi sciapi dal punto di vista caratteriale.
La narrazione poi soffre di una terribile lentezza, con degli schemi che si ripetono per più scene. Questo è dato sia dal tentativo della cara Rebecca di rendere verosimile la parte dedicata alla campagna militare, sia dalla mancanza di uno scopo che sproni la protagonista a portare avanti la storia: quello di uccidere l'Imperatrice diventa ben presto un pensiero secondario, mentre Rin si annulla nelle azioni belliche. Tutto questo è credibile? sicuramente sì, ma è anche molto noioso da leggere in una storia fantastica dalla quale mi aspettavo battaglie epiche tra sciamani ultrapotenti.
Ultima nota amara, la parentesi dedicata ai ketreyani. Trattandosi di personaggi mai visti prima, non scenderò nel dettaglio per evitare spoiler, ma ho trovato la loro comparsa molto conveniente nel migliore dei casi ed in netta contraddizione con quanto detto in precedenza sul gruppo dei cike nel peggiore. Spero in maggiori chiarimenti nell'ultimo volume.