La leggenda del vento
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Roland Castoro, raccontaci una storia!
Nel mio viaggio attraverso il Medio Mondo, ho deciso di seguire l'ordine di lettura indicato anche su Goodreads anziché quello cronologico di pubblicazione, quindi dopo la digressione dedicata alla giovinezza di Roland ed alle sue avventure in quel di Mejis, mi sono imbarcata in un'ulteriore digressione con "La leggenda del vento", volume composto da due novelle narrate dal pistolero stesso al suo ka-tet.
Mentre sono in viaggio sul Sentiero del Vettore, i protagonisti vengono infatti sorpresi da uno starkblast, una sorta di tempesta estrema che congela ogni cosa al suo passaggio. Dopo aver trovato riparo nella città fantasma di Gook, Eddie, Susannah e Jake chiedono a Roland di intrattenerli con qualcuna delle sue incredibili storie; così si giunge al racconto dello skin-man, che a sua volta serve ad introdurre la fiaba che da il titolo al volume.
Quest'ultimo racconto sembra una vera e propria leggenda, oltre ad essere il più corposo e, per mio gusto, godibile dei due: pur rimanendo all'interno dei confini e della lore del Medio Mondo, seguiamo un protagonista nuovo e per nulla scontato -il giovane Tim Ross- e lo vediamo interagire con un misterioso (si fa per dire) individuo identificato da un grande mantello nero; seguendo il percorso tracciato da quest'ultimo, il ragazzino si trova ad attraversare la Foresta Infinita, luogo pieno di pericoli mortali ma anche di scoperte incredibili. Di questa novella ho apprezzato in particolare la prosa decisamente calzante ed il ruolo giocato dal figuro mantelluto, che forse in questo contesto mostra il meglio di se. Purtroppo non mancano le descrizioni dei seni delle personagge, anche quando si tratta di fatine luminose o enormi draghesse, che saranno creature di fantasia ma essendo simili ai rettili ero convinta non dovessero allattare.
Per quanto riguarda la vicenda dello skin-man, una sorta di licantropo capace di assumere la forma di diversi animali al quale Roland da la caccia, non l'ho trovata più di tanto interessante. La trama si dipana senza nessuna svolta imprevedibile, nonostante si tratti teoricamente di un giallo, e l'introduzione di Jamie DeCurry come spalla di Roland mi ha fatto rimpiangere Cuthbert e Alain, che caratterialmente riuscivano a bilanciarlo meglio. Gli elementi horror invece sono ottimi, e nel complesso mi è piaciuto vedere finalmente Roland in azione in qualità di pistolero, incaricato di portare a termine una vera missione.
Essendo stato pubblicato otto anni dopo la conclusione della serie principale, questo libro non poteva ovviamente influire troppo sulla narrazione al presente, però penso che il caro Stephen potesse impegnarsi un po' di più per giustificare l'introduzione delle due novelle principali. Pur non essendo quindi indispensabile, rimane comunque un volume carino per i fan della serie; forse si potrebbe apprezzarlo di più leggendolo al termine della saga, per ritrovare i personaggi ed i luoghi amati: dopo un volume come "La sfera del buio", che già rallentava la narrazione per dedicarsi a dei lunghi flashback, avrei preferito concentrarmi sulla ricerca di Roland e del suo ka-tet nel presente.
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Viviamo per le Storie, Bill.
La Leggenda del Vento – Stephen King, 2012
Uno dei pochi “vantaggi” del leggere i cicli di libri (e vedere le serie tv) dopo che sono abbondantemente concluse è che te le puoi sparare in blocco senza aspettare i comodi di autori/produttori/registi/attori e similia (ergo, non sto vedendo – ancora – Game of Thrones).
Certo si perde il piacere della condivisione globale, ma quando si tende ad essere un tantino “orsi” non è poi questa gran perdita. E così, quando tu sei in preda all’ansia e alla trepidazione per i tuoi amati personaggi, nessuno ti spoilera. Hai detto niente.
Fosse anche solo per questo…
King pubblica “La Leggenda del Vento” nel 2012, quando il ciclo della Torre Nera si era chiuso, con il libro omonimo, nel 2004. Nella prefazione l’autore spiega i perché di questo ritorno e la sua collocazione ideale fra La Sfera del Buio e I Lupi del Calla (king è una meraviglia anche nelle prefazioni. Possibile?).
Evidentemente la storia “andava avanti” anche senza, ma ho deciso, visto che potevo, di procedere con l’ordine suggerito dall’autore.
Questo romanzo è un altro momento “decameron” (quello in cui, cioè, fermiamo l’azione con un pretesto vario – pestilenza, tempesta, perché sì - e raccontiamo) un po’ come era stato la Sfera.
Lì Roland ci aveva raccontato del suo primo e assolutamente infelicissimo e disperatissimo amore, qui – complice una terribile tempesta – narra una delle sue prime imprese da pistolero appena quindicenne.
In realtà la “cornice” è doppia, perché nel raccontare la sua avventura contro lo Skin-man, Roland racconta anche una favola della sua infanzia.
La racconta ad un bambino spaventato non troppo più piccolo del giovane pistolero.
La racconta dopo aver involontariamente ucciso l’amata – e anche un po’ odiata – madre Gabrielle.
Ora.
Roland/King racconta bene e la storia è ganza, come dice Susannah, il pistolero è capace di “sconfiggere il buio con le parole”, ma come Susannah (e io) non possiamo fare a meno di aggiungere “non sei quel laconico alla Gary Cooper che vorresti far credere.” (ora secondo me la frase era più da Eddie, che da Susannah, ma lasciamo correre).
Il tutto per dire che Roland son più o meno ottocento pagine che racconta.
Ce lo vedo Clint Eastwood – a cui il pistolero più o meno si ispira – che racconta per ottocento pagine.
Invece funziona perché le tre storie che racconta funzionano e danno – credo – parecchi punti di riferimento utili per lo svolgimento della vicenda. King è King, quindi non ti fa lo spiegone ma ti racconta delle storie.
E «Non si è mai troppo grandi per ascoltare delle storie, Bill. Uomo e bambino, bambina e donna, mai troppo grandi. Viviamo per le storie.»
Devo però ammettere che mi mancano l’azione e i personaggi che avevo tanto amato nella Chiamata e in Terre Desolate.
Le Leggenda scorre meglio – secondo me – della Sfera perché ci sono più richiami alla situazione “reale” dei personaggi, oltre che per l’oggettiva brevità.
La storia dello Skin-man mi ha convinto, la favola di Bill un po’ meno, ma è comunque godibile.
Il tutto pervaso dalla vena fantastica/horror di King che si inventa particolari mirabili ed inaspettati (quanto sono belli gli uomini erbosi della palude di Fagonard? E quando dalla pelle di uno spunta fuori il ragno… io ha fatto uno strilletto, ecco, lo devo dire), pervade di magia oggetti comuni, mescola umano (molto, a volte troppo) e soprannaturale (poco) con rara maestria (non a caso il nostro indica in Shirley Jackson una delle sue maestre e in questa saga la sua presenza è quasi palpabile).
Quindi due libri “decameron”, ma non certamente Argot (in ricordo del terribile capitolo sull’Argot che Hugo piazza nei Miserabili nel momento di massima tensione e ansia per più o meno tutti i personaggi. Credo che sia uno dei capitoli meno letti della storia della letteratura mondiale. Io lo saltai a piè pari, promettendomi di tornare a leggerlo dopo la fine del romanzo. Cosa che in effetti ho fatto. Per un esame di linguistica, qualche anno dopo. Ed era anche bello, peraltro, ma NON LÌ).
Adesso però ci sono i Lupi del Calla.
E quando c’è da sparare… si spara, non si chiacchiera.
(Lo so, non è Clint Eastwood, è Eli Wallach, però ci stava troppo bene).
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King sotto tono...
Dopo una lettura lunga, complicata e faticosa mi accingo a scrivere un commento su quest'opera, che comunque è il frutto della mente fantasiosa di un grande scrittore. Uno scrittore prolifico, maestro del thriller, l'autore di "Rosie Madder", "Le notti di Salem e tanti altri capolavori..che hanno conquistato il cuore di migliaia di lettori..
Lo scrittore che secondo me può uguagliare il nostro Dario Argento per le storie horror che racconta, o essere paragonato a Poe per i paesaggi spettrali e la tensione di puro terrore in cui coinvolge il lettore...
Ma in questo caso la magia del...racconto non è riuscita a coinvolgermi...
In un mondo alternativo, Roland è un pistolero che ottiene dal padre l'incarico di uccidere un pericoloso mostro che uccide e divora le persone, lo ski-man...
Roland, racconta la sua vita...è pervaso dal rimorso di aver ucciso involontariamente la madre...
Roland..e.i bimboli; animali di fantasia che non ho capito bena a cosa esattamente corrispondono...in termini realistici: unicorni, cavalli? Boh, insomma...un linguaggio di tipo arcaico che sinceramente non mi è piaciuto per niente, come la storia che a dire il vero ho trovato di una noia mortale.
Preferisco naturalmente il King narratore di storie horror, pittuosto che quello che racconta favole.
Ci perde molto sia nella costruzione della storia, che nella trama che mi pare usuale e per nulla accattivante.
Per un fatto di rispetto profondo nei confronti di questo scrittore, metterò un si al consiglio di lettura...
Vi sono comunque da parte mia innumerevoli riserve, e se volete leggerlo non aspettatevi un granchè.
Saluti.
Ginseng666
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Ci ritroviamo Roland Deschain
Sono ormai passati anni da quando ho finito di leggere l'ultimo libro della saga della Torre Nera e, come sempre quando qualcosa ti accompagna per tanto tempo, avevo provato una sorta di nostalgia per quello strano mondo inventanto da Stephen King...
Poi un giorno, in una libreria, il nome Stephen King, scritto in oro su sfondo verde-azzurro, colpisce la mia attenzione, ma non è stato tanto il titolo a colpirmi maggiormente, quanto la frase sotto "un romanzo della torre nera".
Quando ormai pensavo che per ritrovare i personaggi, il mondo e le sensazioni non mi rimaneva altra soluzione che riprendere da principio la saga, ecco apparire uno spin-off..
Sarò sincera, solitamente non amo gli spin-off perchè spesso sono solo un modo per gli scrittori per guadagnare altri soldi sull'onda dl successo della saga principale, ma per Stephen King non è così.
Chi ha avuto la possibilità di leggere l'intera saga sa che non è lo scrittore che inventa, ma sono i personaggi che chiedono di venire ascoltati e probabilmente Roland Deschain aveva altre due storie da raccontare, altri due racconti per incantare il suo ka-tet e tutti noi..
La prima, una storia della giovinezza di Roland e la seconda, interna e collegata alla prima, la storia dello starkblast, una terribile tempesta che gela qualsiasi cosa trova sul suo cammino..
Due storie connesse all'intera saga della Torre Nera, ma in un qualche modo anche divise, che possono essere gustate anche separatamente, anche da chi non ha ancora intrapreso il suo personale cammino verso la Torre Nera.
Certo, forse si potrebbe storcere il naso di fronte a termini normalmente usati nel Medio-mondo, ma che a noi possono sembrare fuori luogo, persino sbagliati, ma si sa, nel cammino verso la Torre Nera, sul corso del Vettore, tutto è possibile e infinite realtà e epoche si mescolano per crearne una unica e misteriosa.
Poche parole sullo stile sempre inimitabile del grande Stephen King, così scorrevole e immediato, da fare sembrare le ore passate a leggere, solo pochi minuti..
Descrizioni accurate di un mondo creato con proprie regole, un misto tra il Far west e modernità, un mix unico e beh, sì, che confonde, ma è proprio per questo che piace!
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Roland racconta
Tra le opere immani di Stephen King, famoso anche per le dimensioni dei suoi romanzi, spicca senza ombra di dubbio la saga fantasy-western de La Torre Nera, scritta dall’autore americano nell’arco di una trentina d’anni e composta da ben sette romanzi.
La storia del pistolero Roland e della sua ricerca della Torre Nera, fulcro degli Universi, insieme al suo sgangherato gruppo di compagni raccolti nei punti di contatto tra i mondi, ha incantato e appassionato i lettori per molti anni, regalando grandi colpi di scena, avventura e molte lacrime. La saga ha avuto il suo corso e si è conclusa alcuni anni fa. Nessuno, a quanto pare nemmeno King, poteva immaginare che Roland non ci avesse ancora detto tutto.
In effetti, il viaggio del pistolero e del suo ka-tet è talmente lungo e vario che i buchi da riempire, volendo, sono tanti. King non sembra avere questo in mente nel mettersi a scrivere “La Leggenda del Vento”, ma il romanzo si colloca in un imprecisato momento di cammino tra il quarto e il quinto romanzo della saga. Si tratta di un piccolo imprevisto che costringerà i protagonisti a una sosta forzata, da riempire in qualche modo…magari con un racconto davanti al fuoco.
Comincia così, con l’arrivo di una micidiale tempesta di gelo chiamata starkblast, questa fiaba tripla, narrazioni contenute l’una nell’altra come matrioske.
Roland, infatti, racconta ai compagni di ventura un episodio della sua adolescenza, il quale racchiude a sua volta la narrazione di un’antica fiaba della sua terra, Gilead, che sua madre gli leggeva quand’era solo un bambino.
L’obiettivo dell’autore è quello di creare una storia che possieda una sua indipendenza dalle vicende della saga originale, in maniera da essere godibile anche da un lettore che non ne abbia mai letto una riga. Un traguardo nient’affatto facile da raggiungere, vista la complessità della storia di Roland e le molteplici caratteristiche fantastiche dei mondi che attraversa.
Per riuscirci, inizialmente King utilizza una prosa più scarna del suo solito, senza indulgere in spiegazioni, riassunti degli episodi precedenti, tratteggi psicologici dei personaggi. Ci catapulta in mezzo a Roland e ai suoi compagni offrendoceli a scatola chiusa, per quello che sono, con un occhio oggettivo che ricorda molto le pagine iniziali del primo romanzo. Non si cerca l’affezione, impossibile da ottenere con poche righe, ma solo di dipingere con poche pennellate il contesto da cui partirà la favola.
Proprio nell’iniziare il racconto di un Roland adolescente, il tono cambia e si fa più morbido, colloquiale, riportando alle reali atmosfere che caratterizzano la storia del pistolero. Il corpo centrale del romanzo, la fiaba che dà il titolo al tutto, è una chicca in cui King fa ciò che gli riesce meglio: confezionare un’avventura in cui speranze e paure dell’infanzia la fanno da padroni.
Roland racconta del suo viaggio a Debaria, nel tempo in cui era ancora un giovane pistolero, alla ricerca di un efferato assassino. Questi, purtroppo, non è un semplice uomo bensì uno skinman, un cambiaforma. Dopo l’ennesimo attacco sanguinoso, Roland prende in consegna il piccolo Bill, unico testimone rimasto in vita che potrebbe riconoscere la vera forma dell’assassino.
In attesa di veder sfilare i sospettati e per tenere Bill tranquillo, il giovane Roland gli racconta una favola che risale alla sua infanzia: la storia del piccolo Tim, un bambino coraggioso che vive ai margini della Foresta Infinita. Per salvare la propria madre dalla violenza del patrigno, Tim farà l’errore di fidarsi di un oscuro figuro venuto da Gilead e si inoltrerà nella Foresta a rischio della vita per incontrare il leggendario Maerlyn e ottenere da lui una cura per i danni alla vista subiti dalla madre. La fiaba è cruda, violenta, poco consolatoria, ma contiene quel grano di speranza di cui ogni bambino – e, di conseguenza, ogni adulto - ha bisogno. Sarà uno starkblast, una tempesta identica a quella che nel presente sta tenendo bloccati Roland e i suoi, ad offrire a Tim la possibilità di ottenere ciò di cui è in cerca. Il cerchio si chiude, le storie terminano una dietro l’altra e il cammino dei pistoleri riprende da dove si era interrotto.
Conoscendo bene la saga, non saprei affermare se King riesce nell’intento di offrire il romanzo anche a lettori ignari della Torre Nera. Per chi ha seguito con amore Roland e il suo ka-tet fino alla fine del viaggio, un dono gentile da leggere tutto d’un fiato.
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Aye, aye, ultimo pistolero Roland!!
Quando ormai al settimo volume si riteneva definitivamente conclusa la saga della Torre Nera, ecco un altro geniale colpo di coda del “Re King”. Spunta un ulteriore romanzo che riporta indietro le lancette tra il quarto ed il quinto libro, per la felicità degli appassionati della serie.
Rivivremo le gesta di Roland di Gilead, uno degli ultimi pistoleri rimasti. Questi erano dei garanti dell'ordine e della giustizia prima che venissero travolti e che il loro mondo (parallelo al nostro e con molte somiglianze) andasse avanti, con tutte le terribili conseguenze di decadimento che ne sarebbero derivate.
Abbiamo seguito le sue incredibili gesta da quel lontano 1982 (il primo libro della serie), dal suo inseguimento dell'uomo nero nel deserto, all'incontro con i vari componenti che sarebbero diventati un ka-tet (un gruppo di persone quanto mai vario ma con un obiettivo comune), agli innumerevoli pericoli scampati, al racconto struggente della storia d'amore con Susanna Delgado, all'arrivo alla tanto agognata “Torre Nera”, fulcro e pilastro di molti mondi paralleli compreso il nostro, minacciata da forze oscure che la vorrebbero abbattere.
La storia può tranquillamente essere letta anche da parte di chi non ha iniziato a leggere la serie (anche se vi è qualche riferimento, soprattutto sulla madre del pistolero alla fine del romanzo). Anzi per chi è curioso potrebbe essere l'occasione per un gustoso assaggio. La struttura è molto particolare, sembra quasi un gioco di scatole cinesi, aperto un racconto se ne apre un altro che a sua volta racchiude un ulteriore vicenda. La cosa all'inizio mi ha sorpreso, irritato un pochino quando il terzo racconto (quello piú esteso e che occupa la parte centrale) non finiva più e non vedevo alcun nesso coi precedenti, piacevolmente intrattenuto in ultimo perché prende dei contorni quasi fiabeschi e alla fine si è comunque rapiti dall'intrepido Tim.
Non mi resta che salutarvi alla maniera di King e del mondo (quasi scomparso) del pistolero: lunghi giorni e piacevoli notti a voi tutti!
P.S.
Dimenticavo, il mio voto è ovviamente completamente di parte! ;)
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Le storie di Roland
Il marchio della Torre Nera è una garanzia... Il romanzo n.8, che va letto come n.4,5 ovvero prima de I lupi del Calla è l'ennesima dimostrazione della superiorità assoluta di King rispetto ai suoi colleghi contemporanei. Non è il Re di una volta, ma racconta storie come pochi altri sanno fare... Quella dello skin-man è carina, quella che dà il titolo all'opera è grandiosa.
Ultimo appunto... King dovrebbe tirare fuori altre storie della Torre. Ci sono PRATERIE libere nel passato di Roland, sarebbe un peccato non esplorarle!
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Roland è tornato!
E’ tornato e lo salutiamo. Il dinh Roland e il suo ka-tet.
E di nuovo aye, e di nuovo hile ai pistoleri del Medio Mondo.
Per chi segue la Torre Nera da quel lontano 1982, fino alla conclusione nel 2004, ritrovare Roland, figlio di Steven e Gabrielle Deschain, di Gilead che fu, è una boccata di ossigeno puro.
Quanto mi era mancato, quanto mi sono mancati tutti loro, e soprattutto, quanto mi è mancato lo storico traduttore di King: Tullio Dobner.
Ed è tornato anche lui ed è stato come rituffarsi indietro di 10 anni almeno leggendo questo King.
La saga si è conclusa ormai da anni, ma King ha ritrovato i nostri pistoleri preda di una tempesta di vento tra il 4° e il 5° libro della serie, diretti verso il Calla dei Lupi.
Una sosta forzata in un casolare fa si che Roland tenga “conciliabolo” e racconti una storia dentro un’altra storia. E la magia di King è di nuovo tutta in queste pagine.
Ho amato questo libro, da nostalgica quale sono per i tempi che furono.
Lo consiglio vivamente, ma credo non ce ne sia bisogno, a tutti i seguaci della Torre Nera,
ma lo consiglio anche a chi non ha mai affrontato la lettura di questa saga, poiché si legge benissimo anche in maniera indipendente e spero che incuriosirà a tal punto da intraprendere la lettura della meravigliosa storia di Roland e della sua Torre Nera.
Detto questo, vi auguro lunghi giorni e piacevoli notti.