Il sogno della notte
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Miti e Leggende.
Divenuto skoti a causa della sua irrefrenabile attrazione verso le emozioni ad Arik i sogni non sono più sufficienti per viversi Geary, dottoressa nonché ricercatrice alla riscoperta del mito di Atlantide, studio che già di per sé ha portato alla rovina la omonima carriera del padre ma verso il quale ella si sente obbligata a seguito di una promessa fatta in punto di morte. Questa brama di sentire ha effetti devastanti sull’immortale condannato a provare soltanto dolore, che impulsivamente e senza riflettere sulle conseguenze del suo gesto, stipula un patto con Ade barattando due settimane di vita da umano con l’anima della giovane studiosa Kafieri. Giochi di potere animano le pagine di questo nuovo scritto della Kenyon, bilanciamenti di interessi che vedono quali protagoniste divinità greche mixate a scambi di battute sufficientemente piacevoli.
E’ bene precisare che non ho mai particolarmente amato i romanzi incentrati sulla ricerca della città perduta tanto meno quando questi (e più in generale gli altri con ad oggetto miti e leggende) sono scritti da esterni al “vecchio mondo”, non per cattiveria o per sminuire nessuno, semplicemente perché la differenza di approfondimento tra anglosassoni e continentali in questi contesti emerge in modo disarmante ponendo in evidenza quella che è una mera “infarinatura” rispetto ad uno studio approfondito (ovviamente non voglio fare di tutta l’erba un fascio, c’è sicuramente chi dedicando il proprio percorso a questa corrente può smentire le mie parole) della materia dando il via libera ad una serie di castronerie che stravolgono interamente quello che l’antica Grecia è. Con questo non voglio andare a cercare il pelo nell’uovo ma sono dettagli su cui ahimé non posso fare a meno di soffermarmi, e per i quali il mio istinto di “leggere per sapere, per arricchirsi” esige preparazione.
Ora, la storia è carina e lo stile adottato è migliore rispetto a quello trovato ne “il lato oscuro della notte” (dove il componimento era stato evidentemente tradotto in modo alquanto opinabile snervando il lettore), ma obiettivamente in alcuni punti poteva sintetizzare evitando così di fare un mescolio di divinità, circostanze, luoghi e confusione nel lettore. Si passa da Artemide a Persefone, a M’Adoc, alle Furie, senza un minimo di criterio logico. Questa illogicità rende pedante la parte centrale dello scritto che seppur iniziando in modo abbastanza fluente, subisce una battuta d’arresto verso la metà per riprendersi infine sul finale. La sensazione comune che ho riscontrato in entrambe i romanzi letti è quella di una scarsa correlazione tra i periodi, gli intervalli che si susseguono sembrano infatti scollegati tra loro come se avesse fatto “copia/incolla” di parti diverse di brani diversi, senza considerare il “viziaccio” della Kenyon di passare da una voce all’altra in modo poco chiaro. Talvolta la rilettura di un passaggio o di un paragrafo è indispensabile per capire chi parla e cosa dunque inevitabilmente accade. A questa impressione si somma la scarsa cura del linguaggio che oltre che ad essere relativamente forbito presenta una gran varietà di espressioni del gergo comune meglio note come “parolacce”.
Una lettura semplice da leggere quando si cerca qualcosa di leggero e non impegnativo. Per mero gusto personale – e nonostante i vari errori di traduzione – come storia ho preferito quella de “il lato oscuro della notte” che ho trovato meglio costruita. Probabilmente però dipende dal fatto che – come detto sopra – non sono un’appassionata di Atlantide (da qui anche il mio scetticismo iniziale quando il libro mi è stato regalato) o forse semplicemente dal fatto che ho maggiormente apprezzato “l’idea” alla base dell’altro elaborato rispetto all’odierno perché più originale ai miei occhi. Chissà…
Indicazioni utili
- sì
- no
no = a chi non ama il genere e cerca romanzi di un certo spessore tanto dal punto di vista stilistico che contenutivo.