Il principe dei fulmini
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Mark Lawrence, ricercatore scientifico, si occupa principalmente di intelligenza artificiale. Vive in Inghilterra. Il principe dei fulmini, che inaugura una trilogia, è il suo primo romanzo.
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Un prologo prolisso
Se anni e anni di libri, film e serie TV ci hanno insegnato qualcosa, è che nel 99% dei casi il futuro sarà uno schifo: sola eccezione è l’utopia popolata dai robot domestici de “I pronipoti” della Hanna-Barbera.
Ed infatti eccoci nell’ennesimo futuro post-apocalittico in cui la civiltà umana è regredita ad un nuovo Medioevo. Se questa introduzione vi suona familiare è perché le premesse sono praticamente le stesse di “The Queen of the Tearling” di Erika Johansen, romanzo al quale “Il principe dei fulmini” si può associare anche per la presenza di essere magici e per un aspetto a dir poco assurdo: dopo il cataclisma (si fa riferimento ad un conflitto, ma la geografia del mondo fa pensare anche all’innalzamento del livello dei mari) ogni conoscenza medica e tecnologica dell’ultimo millennio sembra scomparsa, mentre le opere di Plutarco, Shakespeare e Nietzsche si sono salvate (meno male...). Sono di scena anche sovrani e nobili di vario ordine, in lotta fra loro, a capo di tanti piccoli feudi, residuo di quella che un tempo era l’Europa, come nei territori del Tearling.
A scindere in modo netto l’esordio narrativo di Lawrence da quello della Johansen sono però le scene di violenza che chiazzano di sangue ogni pagina. E se pensate che anche la cara Kelsea dovesse affrontare una buona dose di scontri e battaglie, vi ricrederete dopo aver conosciuto Jorg.
Il nostro protagonista è infatti avvezzo ad ogni sorta di barbarie e questo elemento non viene minimamente smussato nella narrazione, che non risparmia al lettore descrizioni sanguinarie e rivoltanti. Quindi il primo requisito necessario per poter affrontare questa lettura è avere uno stomaco resistente, altrimenti consiglio di orientarsi verso altri romanzi.
Agli intrepidi che sono invece ancora interessati a questo volume dico: avete fatto una buona scelta. Non ottima, perché il romanzo ha oggettivamente alcuni difetti, ma su quelli mi soffermerò dopo, per ora affrontiamo la trama.
La storia ruota attorno al giovane Jorg Ancrath, principe di uno dei tanti staterelli di questa Europa futuristica, in particolare nel nord dell’attuale Francia. Pur essendo l’erede al trono, Jorg non vive nell’Alto Castello con il padre, ma vaga tra i villaggi a capo di una banda di briganti che si dilettano nel mettere a ferro e fuoco le capanne dei contadini e nel derubare gli ignari viandanti; la missione del protagonista è però ben più importante, ovvero uccidere il vicino Conte di Renar, l’uomo che anni prima ordinò l’assassinio di sua madre e del fratellino William.
In questo primo capitolo, vediamo Jorg e i suoi Fratelli (come vengono chiamati i tagliagole al suo seguito) impegnati in varie sfide, dall’imboscata ad una pattuglia all’assalto ad una fortezza inespugnabile, ma in generale gli eventi importanti sono un numero ristretto perché l’autore sceglie di sfruttare il primo libro per gettare le basi di quella che sarà poi la trilogia Broken Empire. Anche nei flashback che interrompono a tratti la narrazione al presente, non vengono illustrati per intero gli eventi tra la partenza di Jorg dall’Alto Castello al suo ritorno quattro anni dopo, come capo dei Fratelli, probabilmente per esplorare meglio questo periodo nei volumi successivi.
L’aspetto che mi ha maggiormente catturato nella storia è sicuramente la figura del mago. Non tanto gli stregoni presenti, seppur siano dei personaggi degni di nota, quanto la concezione della magia come forza che piega le menti, si insinua nei sogni e sussurra ordini all’inconscio. A differenza della trilogia iniziata con “La Corporazione dei maghi” di Trudi Canavan, gli incantatori che troviamo nell’Impero Spezzato sono ben più ambiziosi e, fingendo di obbedire agli ordini dei re e nobili, sfruttano la vicinanza agli uomini di potere per sfidarsi nel loro personale gioco del trono (riferimento puramente intenzionale).
Altro elemento che allontana il libro dai canoni classici del genere fantasy è il suo crudo realismo, evidente sia nella scelta di rendere protagonisti degli assassini, sia nel tono in cui vengono narrati gli avvenimenti ed i comportamenti dei personaggi che, benché messi in ombra dalla predominanza del protagonista, risultano nel complesso ben caratterizzati.
Il focus de “Il principe dei fulmini” è infatti diretto solo su Jorg, che tiene anche le redini della narrazione. Leggendo il suo POV l’ho istintivamente associato al Lighi Yagami di “Death Note”, per la spietata lucidità con cui pianifica le sue mosse ed agisce senza lasciar spazio a sentimenti come l’affetto o la pietà; in questo romanzo manca però un L che bilanci il crudele principe, essendo praticamente assenti dei personaggi principalmente virtuosi. La narrazione in prima persona si rivela indispensabile per comprendere i pensieri dietro alle azioni di Jorg, ma ha però degli svantaggi: si finisce per leggere senza alcuna reazione di omicidi spietati e vengono tralasciati i dettagli in molte scene, con un’esasperazione dello show don’t tell che rende alcune parti frettolose e confuse tanto da rendere obbligatoria una seconda o una terza lettura per inquadrare bene gli eventi.
Oltre a questo aspetto, i difetti a cui ho accennato sono abbastanza circoscritti e già lamentati da chiunque abbia scritto una recensione a questo libro. L’età del protagonista non è assolutamente credibile, anzi la maggior parte così dimentica di avere di fronte un quattordicenne, soprattutto perché Jorg si atteggia a uomo vissuto e anche gli altri lo trattano come tale. Per l’edizione italiana, la Newton Compton ha poi scelto di adottare una traduzione a dir poco fantasiosa del titolo: non sarebbe un gran problema non fosse che nel testo il protagonista viene chiamato proprio Principe dei Rovi.
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"La vendetta è una scienza o un'arte?"
Era una notte buia e tempestosa...no, un attimo, questa non è una fiaba in cui il principe corre a salvare la sua bella sotto la pioggia. Sì, lo so, è notte e imperversa una terribile tempesta, e c'è anche un principe sulla scena, ma questa non è una fiaba. Ci dovrebbe essere un termine apposta per storie come questa: antifiaba? controfiaba? Antifiaba potrebbe andare.
Mi appresto quindi a raccontarvi questa insolita storia: principe Honorius Jorg Ancrath, 10 anni, impalato nelle spine di una macchia di rovi, impossibilitato a muoversi, assiste ad un terribile ed efferato assassinio, senza poter alzare un dito per intervenire. Quella notte diventerà il suo incubo e il suo tormento: il trauma subìto lo lascerà a pezzi nel corpo e nello spirito.
Ma qui non stiamo parlando del classico eroe che, in barba a tutta la ragionevolezza, si salva e ne esce illeso, assolutamente no: qui abbiamo un bambino che fino a poche ore prima era cullato dalla dolcezza dell’infanzia e che all’improvviso, sotto una scarica di fulmini, diventa un guscio vuoto senza più alcuna umanità, senza sentimenti, senza rimorso, senza coscienza. Il piccolo principe Jorg si trasforma in un incubo nero, più nero dei suoi tormenti, più nero della notte, più nero della morte.
Sopravvissuto per miracolo, abbandonerà il castello di cui è legittimo erede, e si unirà ai criminali della strada: ruberà, ucciderà, stuprerà e si divertirà a farlo. L’unico barlume di contorta umanità che gli rimane è uno: la terribile vendetta contro l’assassino.
Per quattro anni percorrerà le strade polverose del regno, a capo dei Fratelli, una banda di mostri senza scrupoli, fin quando non sentirà che è arrivato il momento di tornare dal suo caro padre, il re, per rivendicare ciò che è suo. Ma non vi aspettate un padre amorevole: forse è proprio lui il più bastardo di tutti (mi perdonerete il termine, ma ci sta tutto), pronto ad inviarlo in una missione suicida, per toglierselo dai piedi, suoi e di quelli della sua nuova regina. E così che vedremo Jorg affrontare strane creature, negromanti, fantasmi e profetesse. E contro tutti i pronostici ne uscirà vincitore. Ma di nuovo: non aspettatevi squilli di tromba e standing ovations per lui.
Jorg si prende quello che vuole e basta, senza cerimonie e senza fronzoli.
Che dire di questo libro allora? Credo fermamente che sia un libro molto “maschio”, cioè adatto più ad un pubblico maschile che femminile, pur non escludendo che una donna possa apprezzarlo ugualmente. Il protagonista è brutale, crudo, folle, cinico, a tratti psicopatico; non c’è spazio per le smancerie e gli occhi a cuoricino; il suo unico credo è : il fine giustifica i mezzi, qualunque tipo di mezzo, che sia l’omicidio, lo stupro, il furto non importa. Nessun rimorso, nessuna coscienza da bruciare, nessuna redenzione finale.
Il protagonista mi è piaciuto proprio per questo: non è un eroe, anzi, è tutto ciò che un eroe non è e questo è sicuramente una bella nota originale in un mare di personaggi letterari tutti uguali. Nonostante lui mi piaccia molto però, ho trovato inverosimile che un ragazzino di 14 anni, pur essendo principe, guidi una banda di assassini, che sia alto 1.80 cm, che possa andare a donne e che, pur essendo mentalmente contorto, sia così lucido nelle sue decisioni.
Secondo punto a sfavore: il racconto procede a scatti, con alcuni passi morti che mi hanno fatto perdere il filo del discorso e altri che invece ho dovuto riprendere perché non avevo capito la transizione da una parte all’altra.
Nonostante queste due sbavature, mi sento comunque di consigliare il libro, perché il protagonista va capito, va interpretato e solo dopo, si può dare un giudizio obiettivo su di lui. Quindi lascio a voi la decisione di elevarlo ad antieroe per eccellenza o sotterrarlo come un oscuro baule pieno di terribili segreti.
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Pungente sarcasmo e affascinante crudezza.
l Publishers Weekly lo definisce "un fantasy morboso e crudo, che gronda emozioni forti", ed è proprio da questa felice affermazione che vorrei iniziare. Lawrence riesce a inorridire e divertire allo stesso tempo con una facilità e un'energia ai limiti dell'imbarazzante. Una storia di violenza e follia, narrata con un sarcasmo pungente davvero fuori dal comune. È proprio un simile, ben riuscito accostamento a fare de Il principe dei fulmini un fantasy irriverente, brutale, a tratti fastidioso, e al contempo eccezionale e magnetico per chi ama il genere. Per intenderci, un misto tra Brent Weeks, Robin Hobb e Peter V. Brett.
Indimenticabile il machiavellico protagonista: il principe Jorg, erede al trono di re Olidar, signore delle terre di Ancrath, gode di un'infanzia felice fino a quando, una notte di tempesta segnata dai lampi, vede morire la madre e il fratello minore senza poter reagire, intrappolato in un roveto che lo nasconde agli assassini ma lo riduce anche in fin di vita. Da quel giorno, medita e vive solo per la vendetta, ponendosi a capo dei peggiori galeotti del regno, mercenari senza scrupoli né padrone. Jorg, infatti, pur essendo giovanissimo, riesce a conquistare il rispetto dello scalcinato gruppo servendosi del proprio genio, dell'astuzia e di una coriacea freddezza.
Attraverso i suoi viaggi e le sue brillanti macchinazioni, conosciamo gli uomini che lo accompagnano: sir Makin, il pacato e onesto - o quasi - comandante della Guardia Reale, fedele al ragazzo più di quanto lo sia allo stesso re; il Nubano, il più saggio e laconico dei Fratelli di strada a cui il principe non potrà fare a meno di affezionarsi, e infine il gigantesco e rozzo Rike, un colosso dalla violenza facile.
Unica figura femminile di spicco è la bella e determinata principessa Katherine, un personaggio che per ora sembra lasciare solo una traccia per avere un ruolo più importante nei prossimi episodi.
E poi fantasmi, cavalieri, negromanti, demoni, battaglie, tornei e scorribande. Un fantasy dal ritmo serrato, una narrazione in prima persona assolutamente riuscita, grande sarcasmo nei dialoghi e uno stile descrittivo originale, crudo e intenso. Con un finale rivelatore, carico di promesse, in grado di compensare appieno il leggero senso di smarrimento dei primi capitoli.
Ottimo inizio. Non resta che aspettare il seguito.