Il figlio
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La perfetta conclusione
Eccoci giunti alla conclusione della saga più particolare, sottile e ben scritta che conosca.
Una saga che non ti annoia mai, che ti culla e che ti da tutto dall'avventura alla magia, che ti fa capire che quando uno scrittore è bravo, il finale soddisfa e tutti i tasselli fino a quel momento sparsi trovano la loro esatta collocazione e tu ti senti completo e soddisfatto.
E difficile dire quale libro ho preferito dei quattro, perché ciascuno era diverso dagli altri ma ben collegato. Quest'ultimo come gli altri è pieno di metafore sulla vita e sulla società.
Non si può non amarli , quindi vi consiglio di leggerli tutti, qualunque siano i vostri gusti letterari
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Claire, Einar, Gabe.
Al suo risveglio Claire era stata istintivamente colpita da una inaspettata sensazione di smarrimento a cui era seguito il dolore: al minimo tocco il ventre le doleva. L’unica cosa che ricordava era che “qualcosa era andato storto”, l’equipe medica era evidentemente preoccupata non tanto per lei quanto per il suo prodotto. La benda che le avevano posto sugli occhi le aveva impedito di constatare cosa le stesse accadendo sia durante che dopo l’aver appurato la complicazione. Tra tutte le altre “anfore” era l’unica ad aver avuto questa difficoltà e a ritrovarsi con una cicatrice sull’addome. Alla cerimonia dei dodici le era stato assegnato il ruolo della partoriente, ma nello specifico nessuno sapeva in cosa esso consistesse. Il tema delle nascite così come quello dell’esaltazione della bellezza erano dei tabù nella sua comunità. Dopo l’inseminazione le avevano spiegato che avrebbe provato al momento del parto un “leggero fastidio”, al termine di questo la sua vita sarebbe ripresa regolarmente fino alla seconda inseminazione e via dicendo fino al suo terzo e conclusivo ingravidamento. A quel punto sarebbe stata ricollocata e avrebbe iniziato un nuovo lavoro senza alcuna possibilità di richiedere uno sposo e figli in futuro. Ma l’imprevisto che l’aveva vista protagonista in sala operatoria non poteva passare inosservato ed infatti alla ingenua eroina era stata revocata la certificazione, la sua nuova collocazione era il vivaio ittico, luogo dove avrebbe prestato la sua manodopera e concluso la sua esistenza. Il suo prodotto? «Lui sta bene » le era stato riferito. Claire ha solo 14 anni.
Scanditi dalla solita routine i giorni trascorrevano monotoni al vivaio. Il desiderio di vedere il suo rampollo era sempre più forte nella neomamma e quando con piccoli sotterfugi essa riesce ad entrare al centro puericultura e lo vede sensazioni di calore, ritrovamento e poi di frustrazione e sofferenza prendono campo nel suo cuore. Desiderava poter passare del tempo con il suo piccolo, perché non le era permesso e soprattutto perché lei provava quelle sensazioni e per la prima volta si rendeva conto di quanto fino ad allora non avesse mai desiderato qualcosa in tutta la sua vita? Le pillole. Per un errore burocratico determinato dal caos creato dal suo parto cesareo (questa era la complicanza tanto odiata) ai vertici si erano dimenticati di prescriverle l’uso quotidiano delle pasticche e così mentre i suoi conoscenti erano assopiti dall’effetto del medicinale lei sentiva tutto: la solitudine, la frustrazione, la gioia del contatto con il suo discendente, le perplessità sul funzionamento delle regole della comunità, ogni minima emozione.
Con “Il figlio” la Lowry pone conclusione al ciclo dispotico iniziato con The Giver e riesce nel suo obiettivo con grande maestria e delicatezza. L’opera trasmette una sensazione di speranza, pagina dopo pagina il lettore si affeziona a Claire e ritrova Jonas, Gabe, Kira e tutti i personaggi che avevano scaldato il suo cuore nei precedenti capitoli. Il romanzo è mosso dal desiderio di andare avanti, di imparare da quel che è stato un tempo contaminato dal male così da riuscire a costruire un futuro diverso basato sul rispetto, sull’onestà, sull’aiuto reciproco, sul bene.
Nello specifico questo capitolo affronta il tema dell’amore materno e dell’amore umano. Claire quando partorisce suo figlio ha solo 14 anni, è a sua volta poco più di una bambina, non ha idea di cosa le sia capitato e non riesce a comprendere realmente la gravità della situazione che l’ha toccata. Non è mai stata preparata ad affrontare queste circostanze, si ritrova ad essere una madre e al tempo ad essere espropriata dal diritto di esserlo. E non riesce a convivere con il vuoto che ogni giorno l’attanaglia; il legame con il suo piccolo è troppo forte per poter essere falciato da una benda o dalla separazione alla nascita. Ed è sempre Claire ad essere protagonista di un altro amore, quello nutrito per la persona cara con cui si desidererebbe condividere ogni istante della propria vita. La giovane deve scegliere: restare con Einar o abbandonarlo per ritrovare suo figlio. Non può avere tutti e due. Il desiderio di trovare Gabe la porterà poi a rinunciare anche ad un altro dono, una sua intima caratteristica; dare per avere.
In ogni suo romanzo l’autrice ha trattato diversi temi ognuno diversamente simbolico dall’altro ed è questo ciò che rende le sue creazioni indissolubili e meritevoli di essere lette. Non è il classico romanzo dispotico, la sua portata è tale, il suo messaggio è cristallino al punto che in numerosi paesi i suoi scritti sono stati censurati. Ogni suo protagonista ha la forza di trasmettere emozioni diverse e di lasciare al lettore un punto di riflessione. Personalmente ho amato ogni personaggio in modo diverso, Jonas per la sua capacità riflessiva, Kira per l’umanità che trasmette nella sua diversità fisica, Matty per la sua crescita personale e per la sua bontà d’animo, Claire per la sua determinazione e per il suo amore incondizionato. E così come ho imparato dalle vicende delle personalità principali ho tratto riflessioni anche dalle secondarie quali il Thomas de “la rivincita” incapace di percepire la “prigionia ovattata” in cui era stato collocato in tenera età o Einar che per scappare dalla tirannia del padre ha affrontato la grande scalata per poi coraggiosamente rinunciare al suo obiettivo pur di non cedere alla materialità e rinunciare a sé stesso per tutta la vita. La conseguenza? E’ stato menomato e sempre dovrà convivere con questa la nuova difficoltà fisica ma ha avuto il coraggio di dire: -“no, io sono io e resto me stesso, non mi faccio comprare dalle futilità umane”-.
Strutturalmente parlando è il libro è diviso in tre parti; ognuna narrante diversi aspetti della vita di Claire e dei personaggi e stilisticamente mantiene la sua capacità narrativa. E’ ben diverso dai romanzi dispotici in circolazione negli ultimi tempi, ne consiglio la lettura a chi cerca un testo con una trama ben sviluppata e solida.
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IL FIGLIO
Speranza.
Un sentimento che ci pervade a conclusione della lettura di questo volume finale, dove gli eroi incontrati nei libri precedenti saranno tutti presenti, per formare una toccante visione del mondo e della vita fondata sulla volontà di andare avanti, per cercare di mantenere intatto ciò che si salva dal male che impregna la nostra terra.
Il primo personaggio che inizia a dare vita a questa speranza è Claire, che farà di tutto per preservare la sua umanità, rendendosi protagonista di una lotta lunga una vita per cercare di riavvicinarsi al proprio figlio naturale, strappato da lei in quanto assume il ruolo di Partoriente. Sì, Partoriente, il libro è inizialmente ambientato nella stessa società distopica di Jonas, nello stesso momento in cui egli viene eletto accoglitore di memorie. L'esistenza di Clarie però è comunque corrotta per l'inibizione che ha subito a causa della società in cui ha vissuto, e dovrà riscoprirla gradualmente. Ciò avviene nella seconda parte del libro, quella che sinceramente ho detestato. La Lowry usa un linguaggio estremamente semplice, e ciò funziona bene quando entra in contrasto con la durezza delle tematiche che spesso tratta. Ma in una buona fetta della seconda parte non succede praticamente niente di rilevante, vengono descritte scene molto comuni... e descritte con uno stile semplice c'è una noia mortale, ho trovato quasi vuoto quel pezzo, eccetto alcune scene significative. Poi la parte III è tutto un climax di tensione ed emozione. Ritrovare i protagonisti dei libri precedenti è qualcosa di unico, vederli uniti in un piccolo villaggio mentre mandavo avanti la loro vita, dopo che sono stati dei piccoli eroi. Perché la saga in effetti tratta di persone "speciali", le quali si oppongono alle regole della società mandando un messaggio di speranza. E allo stesso modo si conclude la saga. Non ci sarà un evento che ricollegherà tutti gli eventi precedenti, anzi vengono ricollegati molto meno rispetto a quel che ci si aspetta. Stavolta c'è finalmente un lieto fine, trasmesso con eleganza ed energia attraverso uno scontro tra un personaggio malvagio (di cui non svelo nulla per non fare spoiler), simbolo del male che si annida e persiste nel mondo, e uno dei nostri cari protagonisti (anche qui non dico di chi si tratta).
Il ciclo distopico della Lowry non è tratta una della classiche saghe che troviamo in circolazione, possiede uno sviluppo della trama molto poco collegata tra un volume e l'altro, se non per il valore simbolico che assume i protagonisti di ogni storia. È una qualità che potrebbe piacere o no, io l'ho apprezzata. Rappresenta una potente novità nel panorama attuale, dove i distopici per ragazzi si assomigliano tra di loro...
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serie the giver" vol. 4
Quarto e ultimo romanzo per la serie distopica "The Giver" che come di consueto è incentrato su un protagonista inedito, per poi riallacciarsi con personaggi già conosciuti nei precedenti libri. Il romanzo è diviso in tre parti. Nella prima parte, quella introduttiva, facciamo un passo indietro nella storia, ritorniamo al mondo di Jonas, quel mondo apparentemente perfetto ed asettico del primo libro, ma questa volta il punto di vista cambia completamente prospettiva, portando il lettore a conoscere Claire, una ragazza designata dalla sua società con il compito di "anfora", ovvero una partoriente. Chi ha già letto e apprezzato "The Giver" avrà modo di rivivere alcune scene secondo un altro punto di vista. Lo stile dell'autrice è inconfondibile, tratta argomenti interessanti intessendo una trama complessa ma di facile apprendimento, come di consueto non delude e offre spunti di riflessione che portano il libro ad essere categorizzato non solo come un distopico ma anche come un romanzo di formazione, anche se devo ammettere che rispetto ai libri precedenti in questo ho notato un segno di stanchezza in più, in quanto a mio avviso, la seconda parte del romanzo che dovrebbe esserne il fulcro, si trascina un po' e appare un po' meno geniale e avvincente rispetto a quello che mi aspettavo. Nella terza parte ho invece notato un miglioramento, qui tutti i fili si riallacciano all'intera trilogia, si ritrovano i protagonisti e i personaggi principali dei volumi precedenti e la storia chiude quindi il cerchio con un epilogo adeguato ad ogni auspicio, aggiungendo anche una piccola componente fantasy, caratteristica forse un po' stonata rispetto al resto della storia, ma essendo un elemento presente in piccola parte anche negli altri libri, l'ho trovato coerente con lo stile generale dell'intera serie. In definitiva un buon romanzo YA, non eguaglia la magnificenza del primo libro ma è da leggere per tutti coloro che già conoscono l'autrice e gli scorsi romanzi.
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La fine della saga
"Avevamo solo tredici anni. Eravamo scalzi, ricoperti di fiori e travolti dall'ebbrezza del primo amore"
Ho appena finito di leggere questo incantevole libro e posso ritenermi molto soddisfatta.
“Il figlio” chiude la storia in maniera veramente eccellente in quanto mi sono sempre chiesta che fine avessero fatto Gabriel, Jonas e Kira e qui li ritroviamo ragazzi, adulti e con le loro vite che finalmente si sono incrociate, ma vediamo anche la storia di Gabriel sotto un altro punto di vista quello che probabilmente con “The Giver – Il Donatore” non avremmo mai immaginato.
Abbiamo appreso che nella Comunità tutto è permesso ma al contempo bandito; è consentito ad ognuno avere una famiglia, con una madre ed un padre sani e che ogni coppia abbia un figlio maschio ed una figlia femmina sani, ciascuno ha diritto ad un lavoro, ogni giorno vengono garantiti pasti caldi razionati a seconda del proprio peso così da evitare sprechi (forse l’unica cosa positiva di questa dittatura) ed un tetto sotto cui vivere… Ma tutto ciò, a che prezzo? I sentimenti sono controllati con le pasticche che tutti devono assumere giornalmente, l’amore non è amore, forse col tempo ci si abitua alla sposa o allo sposo così come ai figli, anch’essi frutto di una “catena” che deve procedere in un mondo talmente “perfetto” dove anche i più anziani non hanno mai visto la pioggia cadere e nessuno sa cosa significhi avere un animale domestico, un mondo dove il bene non esiste ed è continuamente sopraffatto - attraverso luccichii e sfarzi - dal male psicologico (e in casi estremi anche fisico) e non è permesso neanche sognare; ed allora il pensiero mi sorge spontaneo: perché bramiamo sempre la perfezione quando in realtà essa si trova anche nelle più piccole imperfezioni? Non ci insegna forse questa saga che è nel difetto che si cela il grande coronamento di ciò che in realtà cerchiamo?
Ne “Il figlio” , la storia è divisa in tre parti. Inizialmente incontriamo - per la prima volta - Claire che alla cerimonia dei Dodici viene assegnato il ruolo di Anfora, di partoriente, solo che qualcosa durante il parto va storto e quindi decidono di revocarle l’incarico e darle un’altra incombenza, ella però non può dimenticare che ha dato alla luce un figlio (tolto alla nascita, perché alle partorienti non è dato vedere i “neobimbi” neanche durante il parto, difatti vengono bendate proprio per evitare ogni tipo di problema in quanto i bambini vengono poi affidati alle famiglie che ne hanno fatto richiesta) e per questo dopo alcuni mesi passati a rimuginare su cosa fare e cosa no, ce la ritroviamo nella seconda parte dove è quasi una donna e grazie ad Einar ed Alys, altri due nuovi personaggi, lavorerà su se stessa per cercare il figlio che le era stato tolto anni prima, e lo farà con tutte le sue forze finché, nella terza ed ultima parte, ella dovrà pagare il prezzo per poter finalmente rivedere quel bambino che oramai è diventato un ragazzo.
Non aggiungo altri dettagli perché altrimenti rischierei di fare spoiler al romanzo, quello che però mi sento di dirvi è: leggetelo! Ne vale veramente la pena, le ambientazioni, i personaggi, la scrittura, sono tutti elementi che fanno dimenticare la realtà ed inconsapevolmente riescono a fare immedesimare il lettore in tutte le vicende che andrà ad incontrare.
Un’ultima cosa: ho letto che molti consigliano di leggere la saga non per forza in ordine di uscita, io invece in parte mi dissocio da ciò in quanto penso che il primo “The Giver - Il Donatore” ed il secondo “Gathering Blue - La Rivicita” possono anche non essere letti in ordine di uscita, però è bene leggerli prima del terzo “Il messagero” e soprattutto del quarto “Il Figlio”, in quanto se non avete letto i primi due, non potete gustarvi le soprese che si presentano in quest’ultimo.
Mi rendo conto di essere stata un tantinello prolissa, però non avrei saputo trasmettere i miei sentimenti per questo tomo in maniera più sintetica.
Alla prossima
Q.