Half Lost
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Imperfetta perfezione
Arrivata all'ultimo capitolo della trilogia d'esordio di Green mi trovo ancora una volta a mangiarmi virtualmente le mani: perché ho aspettato così tanto per recuperare questa serie? In realtà una risposta c’è, ed è anche razionale a suo modo: mi è capitato di leggere tanti libri per ragazzi usciti nello stesso periodo che mi hanno spesso delusa per mancanza di originalità. La cara Sally invece è riuscita a stupirmi, ed è questo il motivo principale per cui sono convinta che -a prescindere dai suoi difetti- The Half Bad Trilogy mi rimarrà nel cuore.
In "Half Lost" la narrazione ruota ancora una volta attorno alla guerra tra il dispotico Consiglio degli Incanti Bianchi e l'Alleanza degli Incanti Liberi, notevolmente indebolita dopo la Battaglia di Bialowieza. Dopo varie missioni in solitaria, volte più a ritrovare Annalise che a colpire i Cacciatori, Nathan capisce di dover ottenere un maggiore vantaggio se vuole sgominare una volta per tutte il regime di Soul O'Brien; parte da questa premessa l'ennesima quest che porterà il protagonista e Gabriel oltreoceano in cerca del cosiddetto amuleto vardiano, teoricamente capace di rendere chi lo possiede invincibile.
Com'era prevedibile, punti forti e difetti non cambiano molto in questo ultimo volume, e questo vi farà forse intuire che la mia valutazione è dettata più dalle emozioni che dal contenuto effettivo. Come nei due romanzi precedenti abbiamo infatti un world building volutamente lacunoso, che non viene approfondito neppure quando si parla di come rivoluzionare il governo degli Incanti o nel momento in cui i personaggi devono incontrare Incanti provenienti da altri Paesi. Anche l'intreccio non diventa particolarmente complesso, anzi: alcuni elementi vengono ripescati dai volumi precedenti per ottenere in modo un po' conveniente una nuova funzione; bisogna però ammettere che nel finale si percepisce un bel senso di chiusura per diversi personaggi (tra cui Annalise, in un modo abbastanza inaspettato), segno che il protagonista non è il solo ad essere cresciuto durante la trilogia.
Non c'è dubbio però che Nathan sia il cuore pulsante della storia, e con quest'ultimo volume è riuscito ancora una volta a farmi ridere di gusto alle sue battute sarcastiche, ma anche commuovere. In particolare, ho adorato i suoi confronti con Arran, Celia e Ledger, oltre a qualunque interazione con Gabriel. Raramente ho trovato in una narrazione rivolta in primis ad un pubblico giovane un protagonista così complesso, forte eppure fragile, e ben consapevole delle sue contraddizioni; a mio avviso pochi comprimari riescono a dimostrarsi alla sua altezza (oltre a quelli già citati, forse solo Van e Nesbitt), e sicuramente nessuno degli antagonisti, che per l'ennesima volta si fanno desiderare in scena per poi consegnare una performance alquanto scadente.
È evidente che non faccio per nulla fatica ad individuare dei difetti in questo romanzo, quindi mi sorge il dubbio di essere stata forse troppo generosa con il mio voto; razionalmente penso di sì, e proprio su questo punto ammetto di essere rimasta per un bel pezzo in ambasce. Però in alcuni casi bisogna premiare in qualche modo il coraggio di un autore a creare una storia diversa dal solito, soprattutto se c'è il rischio che finisca nel dimenticatoio o, peggio, venga adattata in una serie Netflix di discutibile qualità.