Gli scomparsi di Chiardiluna. L'Attraversaspecchi
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Dio è palesemente Dotto
Ed eccomi reduce da una lettura davvero sfiancante: non solo ho dovuto maneggiare l'ennesimo tomone di dimensioni improponibili, ma per oltre cinquecento pagine sono stata impegnata ad evitare in ogni modo di leggere la quarta di copertina. Tutta colpa della CE e della loro sinossi spoilerosa che -senza una ragione specifica- anticipa allo sciagurato lettore l'intera trama, persino il colpo di scena finale! Lungi da me definirlo una svolta imprevedibile, arrivati a quel punto della storia, ma saperlo fin dalla prima pagina mi avrebbe infastidita non poco.
Ma partiamo dal principio con "Gli scomparsi di Chiardiluna": la storia riprende nell'esatto momento in cui il primo libro veniva troncato, ossia alla presentazione ufficiale di Ofelia allo spirito di famiglia Faruk; la ragazza si trova quindi ancor più coinvolta nelle trame di corte, e l'arrivo della sua numerosa e chiassosa famiglia su Polo non migliora di certo la situazione. Questo seguito non si limita però a seguire Ofelia nella speranza che sopravviva a se stessa, ma inserisce anche una trama mystery legata all'inspiegabile scomparsa di alcuni personaggi. Scomparsa che contribuirà ad ampliare le conoscenze della protagonista (e di noi lettori) su questo mondo fantastico.
Ovviamente è presente anche una sottotrama romance, più consistente in confronto a "Fidanzati dell'inverno", che personalmente non mi ha convinta del tutto: da un lato trovo positivo come Thorn non venga dipinto come una vittima che Ofelia deve compatire per forza, dall'altro l'innamoramento non mi sembra avere delle basi solide per ora. Oltre al lato romantico, viene dato molto spazio alle relazioni familiari, che mi sono molto piaciute; in particolare, ho adorato i dialoghi tra la protagonista e Berenilde, che ormai è praticamente una zia acquisita.
Altri elementi che si meritano un bel pollice in su sono la caratterizzazione di Ofelia -che si mostra meno remissiva e cerca in più situazioni di far sentire la propria voce- ed il world building, del quale scopriamo dettagli inediti sia legati al passato del mondo (e alla Lacerazione che l'ha distrutto) sia alle nuove location introdotte. In questo secondo volume i protagonisti si muovo infatti in diversi angoli di Città-cielo e dell'arca Polo mai visti prima; come sempre Dabos fa sfoggio della sua enorme immaginazione nel descrivere luoghi bizzarri, che da soli riescono a creare un'atmosfera fantastica.
Anche per il sistema magico ci vengono fornite informazioni aggiuntive, ad esempio introducendo altri clan del Polo con i loro poteri; in questo caso però non sono troppo contenta del risultato, perché ho sempre la sensazione che la cara Christelle giochi un po' troppo con le sue stesse regole, aggiungendo nuove capacità o limitando quelle introdotte nel primo libro soltanto per portare la trama nella direzione da lei scelta.
Allo stesso modo certi elementi legati alle origini degli spiriti di famiglia spingono l'appassionata di mitologia che è in me a storcere non poco il naso. Potrei soprassedere solo se nel terzo libro l'autrice inserirà più scene con Renard e Gaela, due personaggi fantastici e troppo poco sfruttati.
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Gli intrighi alla corte di Faruk
Ofelia, finalmente, è stata presentata alla corte dell’Arca del Polo per ciò che è: la fidanzata dell’intendente, il freddo e determinato Thorn del clan dei Draghi. L’aver smesso i panni del domestico Mime, però, l’ha ancor più esposta agli agguati e alle minacce della selva di cortigiani maliziosi e feroci che si accalcano, servili, attorno allo spirito di famiglia, il Sire Faruk. L’entourage dell’immortale è composto principalmente dal clan dei Miraggi, i creatori delle illusioni che tutto ammantano a Città-cielo, la reggia. Ciò nondimeno le loro minacce sono estremamente reali, quando non mortali. Però, adesso, dopo la strage che ha sterminato il clan dei Draghi, comincino a scomparire pure i Miraggi, uno dopo l’altro.
Ofelia, intanto, ha attirato le attenzioni di Faruk che, sotto l’apparente, perenne imperturbabilità e noia, pare attratto e affascinato dalla ragazza: la nomina vice-narratrice e poi le conferisce altri incarichi di ancor maggiore responsabilità. Forse, proprio per questo, lei comincia a ricevere sempre più minacce di morte, simili a quelle inviate ai Miraggi scomparsi. Ma anche Thorn è aggredito e attaccato. Berenilde, sua zia, ormai è al termine della gravidanza e quello che, dopo trecento anni, sarà il primo erede diretto di Faruk, sta per nascere. Tuttavia ciò è un ulteriore motivo di timori per la loro incolumità. Lentamente e inesorabilmente le vicende cominciano a scivolare verso insospettati esiti.
Questo è il secondo volume della tetralogia dell’Attraversaspecchi, tuttavia quando sono arrivato alla conclusiva pagina 563 (quindi, ad oggi, in totale 1067) non ho ancora deciso se la saga della Dabos soddisfi o no le mie aspettative.
La narrazione procede implacabile come un’indolente via crucis — forse, ancor più lenta di quanto già non lo fosse nel primo volume — nella quale i protagonisti, Ofelia soprattutto, ma pure Thorns, sono sottoposti a ogni genere di angherie, ma come se ciò rappresentasse solo il normale evolversi delle vicende, l’ordine delle cose in quel mondo; senza, cioè, che ciò susciti particolare empatia. Quindi il lettore, quantomeno questo lettore, deve lottare perché la sua attenzione resti collegata alla narrazione e non erri vagando in giro. Se dovessi paragonare questa storia a una partita a scacchi, allora direi che nel primo libro l’A. si è limitata a tirar fuori i pezzi dalla scatola e a illustrarne le caratteristiche e le mosse che ci si aspetta da loro. In questo, dopo essersi presa molto tempo per sistemarli sulla scacchiera, ha cominciato a muoverli sul tavoliere, ma con una iniziale pigrizia e indecisione. Qualcuno di loro è già caduto, è vero, ma ancora non si comprende che tipo di partita ci verrà mostrata, né le evoluzioni che potrà mai prendere.
Solo nelle ultime cento pagine, circa, sembra che la storia ingrani una diversa marcia e divenga qualcosa di più di un resoconto di intrighi tra cortigiani e patemi d’animo di una giovane piuttosto confusa e impacciata. Ma la fine del volume è lì, vicina, che incombe. Ed è proprio giunti alle ultime righe che mi viene spontaneo chiedersi: quanto può permettersi di influire, sul giudizio complessivo di un’opera letteraria, la sua conclusione? In definitiva, per avere un buon romanzo, in particolare un romanzo fantasy, è indispensabile che tutto il libro sia avvincente, appassionante e coinvolgente; oppure è sufficiente che, con l’ultimo (unico?) ben studiato climax, l’autore intrappoli il lettore alla storia, un po’ come un tonno imprigionato nell’angusta camera della morte di una vasta tonnara, di cui non si vedono le lontane paratie? Non mi sono saputo rispondere.
Comunque, se il finale deve ritenersi parte essenziale, trascinante e qualificante di tutta la costruzione letteraria che lo precede, quello che giustifica il narrato pregresso, allora “Gli Scomparsi di Chiardiluna”, dovrebbe rientrare tra i buoni libri, quelli che meritano di essere ricordati e consigliati. Se così non fosse, beh, allora, il giudizio sarebbe decisamente meno positivo.
Lo stile dell’A. è scorrevole, ma non riesce a suscitare soverchie emozioni, in alcuni capitoli è leggermente soporifero, in altri lievemente banale, altrove anche un po’ irritante. La trama è incerta se imboccare decisamente la direzione del feuilleton sentimentale — ove l’ambientazione fantastica fa solo da fondale e giustificativo delle varie situazioni — oppure diventare un romanzo di formazione (della protagonista) o, ancora, suggerire complesse implicazioni cosmologiche, morali e “teologiche” o, infine, trasformarsi in un thriller ove il criminale (che potrebbe pure essere il “Dio” di quel mondo parallelo!) è ancora da scoprire e inchiodare alle sue responsabilità.
Giunti a metà della saga i personaggi secondari sono ancora poco caratterizzati, mentre i principali sono bloccati entro attributi piuttosto schematici e angusti, per i quali il rispettivo aspetto fisico ne è la sintesi e l’epitome apparente: Ofelia, insicura e maldestra, ha sciarpa e occhiali “animati” che ne manifestano gli stati d’animo; Thorn, nella sua asocialità quasi autistica, è magro e dinoccolato come un ragno e con occhi grigi, gelidi come l’inverno; la zia Roseline, formalista e vagamente bacchettona mostra sempre i denti cavallini pronti a emettere risate imbarazzate; Berenilde austera e severa, è ammantata nella sua algida bellezza regale; Faruk, torbidamente apatico, è perennemente avvolto nei suoi lunghissimi capelli argentei che lo chiudono come in un sipario (o sudario?) che ne cela l’animo.
Per gran parte del libro il principale (o unico?) punto di vero interesse è concentrato in quelli che vengono definiti frammenti: i sogni ove Ofelia si immedesima nel giovane Faruk (o Odino?) e ci mostra in confusi e difficilmente decifrabili squarci di storia, chi siano realmente gli spiriti di famiglia, come tutto è iniziato e chi sia il misterioso e dittatoriale “Dio” che li controlla. Poi, quando, con un inaspettato cambio di direzione, la storia diviene una specie di thriller poliziesco, la nostra prospettiva muta, ma senza che ci venga tolto il dubbio che, nel terzo libro, lo scenario sia ancora diverso da quelli ipotizzati.
Insomma il romanzo resta enigmatico, sui contenuti, sui fini e sulle qualità letterarie in generale. Una cosa è certa: chi si è trovato a intraprendere questo cammino di lettura difficilmente potrà fermarsi a metà: nel bene e nel male la curiosità suscitata, ormai, lo costringe a giungere sino al quarto volume. Ma conviene entrare in questa “trappola per topi curiosi”? Non ho una opinione certa al proposito.
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Mi prendo la libertà di chiudere con una nota di pesante biasimo nei confronti dell’editore che si è permesso di scrivere, nella sinossi in quarta di copertina, una brevissima frase che svela il finale del volume, spogliando così il lettore dallo stupore della scoperta. Non si fa!
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Partita a dadi
Finalmente il dado è tratto: Ofelia ha scoperto la verità sulle ragioni del suo fidanzamento con Thorn e la sua presenza sull’arca del Polo ed è pronta a prendere il suo posto a corte, sotto la protezione del sire Faruk, in attesa che la celebrazione del matrimonio consenta al suo promesso sposo di acquisire il potere di "leggere" il libro di Faruk, vera e propria ossessione dello spirito di famiglia del Polo che nessuno, finora, è mai riuscito a soddisfare. Anche se la verità sembra significare la fine di ogni speranza di un rapporto sereno con Thorn, che le ha mentito fin dall’inizio, Ofelia è incuriosita dalla possibilità di "leggere" un oggetto tanto antico e misterioso e soprattutto ansiosa di trovare il proprio posto a corte, un posto che non si limiti a quello di “fidanzata dell’Intendente”. Per affermare se stessa e i propri talenti Ofelia è disposta a barcamenarsi fra gli intrighi, gli inganni e le illusioni della corte, ma la situazione si complica quando la ragazza inizia a ricevere lettere minatorie che tentano di allontanarla dal Polo, minacciando la sua stessa vita, e, nel frattempo, una serie di misteriose sparizioni si verificano una dopo l’altra a Chiardiluna, sede dell’ambasciata.
Il secondo volume della quadrilogia dell’Attraversaspecchi conferma pienamente tutti gli aspetti positivi già emersi durante la lettura di "Fidanzati dell’inverno": l’enigmaticità dei personaggi, che rende molto difficile, se non impossibile farsi un’idea chiara di loro e dei loro scopi fin quasi alle ultime pagine; la conseguente imprevedibilità degli eventi, che aprono strade sempre nuove e inaspettate, stimolando senza sosta l'interesse, l'attenzione e la curiosità del lettore e spingendolo a interrogarsi di continuo su ciò che legge. Si potrebbe dire che la fruizione del romanzo è tutt'altro che passiva e che si partecipa agli eventi, alle indagini, ai pericoli insieme a Ofelia nel senso più autentico e pregnante dell'espressione. Al tempo stesso, in "Gli scomparsi di Chiardiluna" iniziano a delinearsi con maggior chiarezza quelli che sembrano essere gli elementi portanti della saga della Dabos: il libero arbitrio e il rapporto tra umano e divino, temi che senza dubbio spiccano per l’originalità in un fantasy contemporaneo. Ogni uomo, afferma Thorn, avrebbe il diritto di giocarsi a dadi la propria vita e di lasciare che sia il caso, il destino o la propria abilità a plasmare il futuro. Qualcuno, però, molto tempo prima, gli ha rubato i dadi e si è arrogato il diritto di decidere al posto suo. Vale la pena di lottare per restituire i dadi all'umanità intera?
Se nel romanzo, in generale, si può dire che regni l'ambiguità, quasi una caratteristica necessaria del mondo della Dabos, c'è un personaggio fondamentale sul quale invece "Gli scomparsi di Chiardiluna" getta finalmente una luce chiarificatrice, anche se la sensazione è che non tutte le carte siano state ancora scoperte: si tratta di Thorn ed è uno squarcio che rivela tutto il fascino poetico, malinconico e un po' struggente di questo personaggio. Con la sua freddezza da ghiacciolo e l'ossessione per i numeri, la precisione e la razionalità, Thorn non è certo un tipo sentimentale e sembra, nonostante la buona volontà, scarsamente capace di provare un caldo sentimento per Ofelia o di amare qualcuno in generale. Eppure lo squarcio che qui si apre su di lui, la sua storia personale e i suoi reali obiettivi mostra che sotto la spessa coltre di ghiaccio vibra qualcosa di intenso. Sarà sufficiente a recuperare i dadi e a far innamorare Ofelia? La risposta, forse, nel prossimo volume.
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L’avventura di Ofelia continua..
Ed eccoci al secondo capitolo della saga dell’Attraversaspecchi.
Avevamo lasciato Ofelia ne “i fidanzati dell’inverno” a conoscere un po’ modi ed usanze della nuova arca dove dovrà abitare: il Polo arca del Sire Faruk, il signore delle menti.
Nel “Scomparsi a Chiardiluna” Ofelia dovrà proprio affrontare sire Faruk che la nominerà “vicenarratrice” e successivamente ad dover scoprire chi fa sparire dal nulla alcune persone d’alto ceto sociale della corte.
Se nel primo Libro ci sono alcuni elementi lievemente accennati, nel secondo libro invece si comincia a capire il mondo che compone le arche e qui il lettore si porrà alcune domande tanto da indurre il lettore a divorare questo secondo libro pieno di colpi di scena fino all’ultimo capitolo e aprire il terzo, cosa che io ho fatto immediatamente perché la saga promette dei piacevoli ed interessanti risvolti.
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Harry Potter
Twilight
Hunger Games
Qual è la vera domanda? Quale la sua risposta?
Abbiamo lasciato Ofelia, la giovane animista attraversaspecchi, in attesa di conoscere sire Faruk, lo spirito del Polo, che potrebbe donarle protezione e tutela ora che a maggior ragione la sua posizione di straniera e futura sposa di Thorn si fa sempre più pericolosa. Tanti sono i nemici di quest’ultimo ma tanti sono anche i nemici che ella involontariamente – o per riflesso – si è creata. La protezione dello spirito è dunque di fondamentale importanza tanto quanto lo è per lui la lettura del Libro e la spiegazione di quell’enigma a cui cerca soluzione e che potrebbe essere risolto soltanto tramite la penetrazione nel testo sacro stesso. Nel mentre tra la zia Roseline e la zia Berenilde è nata una sincera amicizia, un’amicizia che si consolida ulteriormente in questi ultimi mesi di gravidanza e che le vede anche unirsi e spalleggiare i due protagonisti principali in quei giorni sempre più rischiosi e critici che si susseguono al Polo. La nomina di Ofelia viene a vice-narratrice della corte di Faruk, non favorisce la sua posizione, anzi, la aggrava, ma le rende anche possibile constatare con mano di quelle oscurità, di quella corruzione di anime e di quelle moltitudini di illusioni che regnano indiscusse a Città-cielo.
La stessa situazione di Thorn si fa sempre più delicata. Più di proteggere la sua compagna, più cerca di tutelarla dai pericoli, più lei riesce a cacciarsi nei guai. Più svolge i suoi doveri con lealtà e senso del dovere e della giustizia e più viene additato nel peggiore dei modi e screditato da chi lo circonda. Dovrà inoltre svolgere un’indagine dalla quale dipendono gli equilibri e che lo vedrà cercare di porre chiarezza su misteriose scomparse di uomini di alto rango della Corte che non saranno altro che il primo anello di una lunga catena che nasconde dietro la facciata un disegno più grande.
Tanti saranno gli avvenimenti che si susseguiranno tra Miraggi, Decaduti, minacce alla propria incolumità e un arcano affatto scontato – e che qui per ovvie ragioni non vi anticipo ma – che renderanno questo secondo capitolo tanto avvincente quanto appassionante è stato il primo. Se infatti con il precedente capitolo siamo rimasti colpiti da una trama ancora non completamente sviluppata, da protagonisti forti e ben caratterizzati e da atmosfere vivide e ben descritte (che ricordano alla lontana le potteriane), qui ci ritroviamo di fronte non solo a tutti questi elementi ma anche a quel qualcosa in più perché il disegno continua a prendere forma, a delinearsi, a maturare e con lui continua a svilupparsi l’intrigo che ci avvince e spinge e che ci conduce per mano nella sua riscoperta. La curiosità è tanta per una saga che per ora dimostra di essere costruita in modo molto solido. Dal punto di vista sentimentale qualche piccolo passo si muove tra i due eroi ma sempre restando nella purezza del sentimento e senza mai eccedere se non nel classico tira e molla di chi ancora non è certo del proprio cuore. E se nella prima parte resterete sorpresi delle molteplici vicende e dalla rapidità degli eventi, nell’ultima sezione sarà concentrata tutta l’adrenalina e tutta l’azione che porterà alla svolta. Passo al terzo. E ho già ordinato “Echi in tempesta”, il quarto e ultimo volume della saga, che uscirà il primo luglio.