Gli occhi del drago
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I morti sono i più attivi a portare avanti la tram
La genesi de "Gli occhi del drago" è alquanto peculiare; nata come un racconto per la figlia Naomi questa storia venne poi ampliata in un romanzo vero e proprio e pubblicata, causando moltissime critiche da parte dei fan di King e spingendo lui ad avere l'idea per scrivere "Misery" qualche anno dopo. Curioso notare come, seppur scritto e dedicato alla figlia, questo libro presenti pochissimi personaggi femminili, scritti solo in base allo stereotipo di madre e moglie; l'unica eccezione è proprio il personaggio dedicato alla bambina, che però è un caso di deus ex machina talmente evidente da risultare fastidioso.
Ma cos'ha indispettito tanto i lettori degli anni Ottanta? Probabilmente la differenza tra target e genere rispetto ai romanzi precedenti dell'autore; questo libro infatti è rivolto ad un pubblico molto giovane e principalmente è una storia di formazione, pur essendo ambientata in una realtà fantastica. Nel regno di Delain, fortemente ispirato al mondo delle fiabe (nelle prima parte viene descritta una scena che omaggia chiaramente "La cerva fatata" di Basile), maghi e draghi sono infatti la normalità, ma questo non rende particolarmente avventurosa la narrazione, che risulta invece focalizzata sulle relazioni tra i personaggi e le poche scene realmente rilevanti ai fini della trama.
E veniamo quindi alla scarnissima trama. L'anziano sovrano di Delain Roland sta per lasciare il trono al figlio Peter, fatto che il mago di corte Flagg non può permettere perché il futuro re non lo vede di buon occhio; decide quindi di orchestrare l'omicidio di Roland facendo ricadere la colpa proprio su Peter per ottenere poi il potere completo sotto il regno di Thomas, il secondogenito del re che vede nello stregone il suo unico amico. Quello che potrebbe sembrare lo spunto iniziale di una storia fantasy compone in realtà una buona metà del volume, e anche quando si arriva all'incriminazione di Peter gli eventi non diventano per nulla più movimentati, questo anche a causa delle moltissime digressioni, che riescono sia a rallentare la narrazione sia a rovinare la lettura con un utilizzo eccessivo della tecnica del foreshadowing.
Devo però ammettere che il romanzo non mi ha annoiata come ci si potrebbe aspettare, merito soprattutto dello stile molto scorrevole e del tono informale adottato dal narratore che, come un bardo a cavallo tra due realtà, si rivolge spesso al lettore per fare delle osservazioni o commentare gli eventi.
E veniamo ai personaggi, croce e delizia di questo titolo. Su un piatto della bilancia troviamo le relazioni tra i membri della famiglia reale e la caratterizzazione di Thomas, un personaggio molto complesso sul quale non mi spiacerebbe leggere un romanzo intero; sull'altro piatto troviamo la fastidiosa perfezione di Peter -che non lo rende appetibile come protagonista-, le nebulose motivazioni di Flagg (potere e caos, ok. Ma poi cosa vorresti ottenere, di grazia?) e i rapporti che riguardano Ben, sia in relazione alla presunta grande amicizia con Peter sia all'amore random per Naomi. Sono rimasta poi particolarmente interdetta per la frequenza con cui King ricorre a motivazioni mistiche per giustificare azioni che altrimenti non verrebbero mai commesse, e per il modo infantile di comportarsi in personaggi adulti, almeno sulla carta.
La mia più grande curiosità riguarda però il sistema religioso, dal momento che King sembra non riuscire a decidere fino alla fine se a Delain venerino più divinità o un solo dio.
Indicazioni utili
- sì
- no