Conan il barbaro
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Quando Superman era un Barbaro Cimmero
Il personaggio di Conan è uno di quelli che ha più influenzato il cosiddetto immaginario collettivo e tutti, prima o poi, abbiamo incontrato l’eroe barbaro. Io ne feci la conoscenza quando in Italia giunsero i due film interpretati da Arnold Schwarzenegger per la regia di John Milus e di Richard Fleischer. Però non avevo mai letto nessuno dei racconti di Robert E. Howard.
Nella mia riscoperta della letteratura pulp del secolo scorso ho deciso di affrontare il ciclo completo howardiano approfittando della bella edizione Mondadori nella quale sono state raccolte tutte le opere relative a Conan, in una antologia filologicamente accurata con i testi pubblicati tutti nella loro formulazione originaria voluta dall’autore. Mancano (a mio avviso correttamente) le avventure scritte dagli epigoni (Sprague de Camp, Lin Carter ed altri) per riempire i “buchi” della saga.
“Conan il barbaro” è un bel volumone di oltre settecento pagine elegantemente rilegato con una copertina “pitonata” che conferisce un aria “selvaggia” ed “arcana” al libro.
La saga dell’invincibile eroe è proposta così come fu pensata e scritta dall’A., cioè senza alcun rispetto per una logica consecutività temporale degli eventi, ma saltabeccando avanti ed indietro lungo la carriera in continua ascesa del guerriero cimmero, che prima è stato ladro ed avventuriero, poi pirata, mercenario, generale e, infine, re illuminato di Aquilonia.
Complessivamente l’antologia comprende venti racconti e si conclude con l’unica storia che ha il respiro di un romanzo: “L’ora del drago” nel quale Conan, ormai amato re di Aquilonia, deve difendere il suo trono e la sua gente da infidi nemici stranieri che, dopo averlo sconfitto in battaglia con l’inganno e la magia, vogliono asservire il Paese a mostruosi poteri occulti, vecchi di millenni.
Non ha molto senso cercare di effettuare una sinossi dei singoli racconti o della vita stessa di Conan. Infatti ogni storia - che vive a sé stante come fosse un unicum, una istantanea di un determinato periodo della vita dell’eroe - ricalca il medesimo cliché. In ognuna sono presenti gli stessi elementi, magari collocati in ordine diverso, ma composti in modo da dar vita a trame simili, quasi sovrapponibili. Addirittura il romanzo “L’ora del drago” altro non è che una ricapitolazione sinottica di tutte le precedenti esperienze del Cimmero il quale, per riconquistare il trono, dovrà recuperare un misterioso gioiello magico e sarà costretto a rivivere tutte le situazioni del suo passato.
Questo, che potrebbe sembrare un difetto, diviene, al contrario, uno dei punti di forza dei racconti e del ciclo stesso. Un po’ come nella commedia dell’arte - nella quale i caratteri dei singoli personaggi erano rigidamente codificati in modo da consentire agli spettatori di individuare rapidamente le personalità - così, nei racconti di Howard abbiamo sempre gli stessi attori, anche se ogni volta sono diversi i ruoli interpretati. In tal modo è immediatamente percepibile il posto da essi ricoperto nella storia e, senza necessità di lunghe descrizioni, si comprende immediatamente quale sarà la loro collocazione nell'evolversi dell'intreccio. Ritroviamo, quindi, sempre, immancabilmente: la splendida fanciulla che, prima della fine della storia, resterà totalmente discinta e, in conclusione, cadrà nelle braccia di Conan; il mago perverso o la stregoneria ancestrale che susciterà mostruose apparizioni, in genere nella forma di enormi rettili ferocissimi o di scimmioni antropofagi; il castello labirintico o la giungla incantata che celano immense ricchezze, ma anche indicibili pericoli e trappole arcane; il cattivo, sleale e feroce, che si opporrà con ogni bieco trucco all'eroe e, ovviamente, non mancheranno gli scontri a corpo a corpo che immancabilmente vedranno protagonista Conan il quale vincerà (quasi) sempre grazie all'agilità felina, ai sensi acutissimi, alla forza erculea ed alla intelligenza pronta ed attenta.
La costruzione ingenua e lineare delle storie è rassicurante e rasserenante. Il lettore sa già che, comunque si evolva la vicenda, alla fine il bene (rappresentato esclusivamente dal solo Conan e dai suoi eventuali alleati) trionferà a scapito del male (che è sempre estremo e che perverte la natura in modi orripilanti). La suddivisione manichea tra bene e male è rilassante e piacevole. La catarsi finale, che in genere prevede un bagno di sangue in cui tutti i nemici saranno definitivamente distrutti, è liberatoria in modo primordiale come primordiali, anzi, come sottolinea con insistita frequenza Howard, barbarici sono gli istinti di Conan.
Lo stile narrativo è semplice ed immediato, se vogliamo anche grezzo e schietto, ma proprio per questo adatto ad ogni tipo di palato. Confesso che leggendo per l’ennesima volta che Conan si muove come una pantera (o un giaguaro, un leone, una tigre), che il suo braccio guizza come un serpente (un fulmine, una saetta) agitando la spada che sembra una striscia d’argento, o che i suoi istinti sono acuti come quelli di una fiera, ogni tanto si è mossi al riso. Ma, in fondo, questa enfatizzazione nelle descrizioni è uno degli ingredienti chiave dei racconti.
Fa simpatia il moderato erotismo con cui sono ammantati certi contesti, erotismo che, forse, eccitava i ragazzini degli anni ’30, ma che ora appare decisamente pudico, visto che le situazioni sono solo accennate e il “timido” Conan sulla scena non si spinge mai oltre appassionati baci e abbracci di barbarico ardore.
Concludendo il ciclo di “Conan il barbaro” è una lettura piacevole e distensiva, ideale per staccare la spina e volare con la fantasia verso mondi irreali, ma, forse, ideali, se abbiamo abbastanza immaginazione da lasciarci catturare.
Indicazioni utili
Un consiglio, proprio per l'inevitabile ripetitività delle situazioni e la sostanziale somiglianza delle storie, sarebbe opportuno seguire il metodo che ho utilizzato io: staccare saltuariamente la lettura dell'antologia e passare ad altri generi letterari, in modo che, alla fine, l'insistita identità delle situazioni non risulti stucchevole.