Un oscuro scrutare
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A scanner darkly
Forse uno dei romanzi - almeno tra quelli che ho letto - che più testimoniano l’esperienza diretta di Philip K. Dick col mondo della droga. Molto indicativa in questo senso è anche la nota dell’autore al termine della storia, nella quale si fa un’inquietante elenco di nomi di persone care a Dick che hanno condiviso con lui questo “gioco” al quale non hanno saputo più sottrarsi, affiancati dal loro inquietante destino che, nella maggior parte dei casi, conduce alla morte. La sensazione di smarrimento, la percezione d’un mondo sfocato e dai contorni indistinti è un qualcosa che si percepisce fortemente durante la lettura di questo romanzo che ha elementi del poliziesco, del distopico e della fantascienza, sebbene lo stesso Dick non volesse posizionarlo all’interno d’un genere preciso, considerati i temi trattati. Come dargli torto considerato che ancora oggi, per un romanzo, essere collocato all’interno di un genere equivale a un’etichetta di “bassezza” letteraria? Ma forse, più che cercare di evitare che il suo interessante romanzo fosse identificato come fantascienza, Dick avrebbe avuto la forza di sollevare una questione cruciale, ovvero quanto un’opera letteraria appartenente a un preciso genere (magari spesso associato a intrattenimento) possa esprimere valore letterario parimenti o anche in misura maggiore di altre opere non collocabili. Ma questa è un’altra lunga storia.
Per quanto riguarda “Un oscuro scrutare”, invece, al centro del racconto abbiamo Bob Arctor/Fred, che conduce una vita doppia come infiltrato della Narcotici in una Los Angeles sfocata e apparentemente distopica, sebbene i suoi contorni politici non siano perfettamente delineati. In questo contesto, tantissime persone sono soggette alla dipendenza dalla Sostanza M, una droga potentissima che può portare il cervello a deteriorarsi irrimediabilmente, rendendo necessaria una disintossicazione presso dei centri specializzati quali il Nuovo Sentiero. Il percorso di Bob Arctor lo porterà sempre più a una frammentazione dell’Io tipicamente novecentesca, in questo caso causata dall’assunzione coatta (?) della Sostanza M. Non poche saranno le riflessioni che verranno portate all’attenzione del lettore durante questo percorso, in una prosa probabilmente tra le migliori nei romanzi Dickiani.
Probabilmente una delle opere più interessanti dell’autore, dalla quale è stato anche tratto un film con Keanu Reeves e Robert Downey Jr.
“Può una passiva telecamera a luci infrarosse, come quelle in uso un tempo, o un’olocamera tridimensionale, del tipo che si usa oggi, l’ultimo tipo, vedere fin dentro di me, fin dentro di noi, in modo chiaro? O in un modo confuso, oscuro? Io spero possa, pensò, vedere con chiarezza, perché io non riesco a vedermi dentro oramai. Io vedo solo tenebre. Tenebre tutt’intorno, tenebre dentro. Spero, per il bene di ciascuno, che le olocamere facciano meglio. Perché, pensò, se alle olocamere è dato solo un oscuro vedere, nel modo in cui a me è dato, allora nostra è la maledizione, e ancora siamo maledetti, come lo siamo sempre stati, e così saremo tutti spinti verso la morte, conoscendo poco o nulla, e quel poco, e quel nulla, conoscendolo male.”