Tempo fuor di sesto
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La cosa in sé
Ragle Gumm vive di contraddizioni. Abita in un sogno adolescenziale, che però è anche un incubo, forse il suo incubo migliore. È famoso e guadagna bene, ma si sente un fallito: vive in casa della sorella e del cognato, dove passa il suo tempo a risolvere il gioco a premi di un giornale, tentando di localizzare un ridicolo e ipotetico omino verde. Non ha un lavoro, non è sposato, non è un vero adulto. Ma non è questo, il suo cruccio peggiore. Il dubbio che lo perseguita è quello di vivere al centro dell’universo, prigioniero di un gigantesco complotto che sembra avere un solo scopo: renderlo felice.
L’opera di Philip K. Dick, un “artista di merda” geniale che ha raggiunto una certa fama soltanto negli ultimi anni della sua vita, ha ispirato un gran numero di lavori e capolavori cinematografici, ben oltre il famosissimo Blade Runner: l’ambiente di questo romanzo è quasi identico al scintillante mondo fasullo del Truman Show, in cui gli anni Cinquanta americani incantano e fanno scintille, grazie al consumismo nuovo di zecca e carico di promesse. Nel romanzo, però, la guerra appena terminata è ancora presente, in primo piano, e incombe con i suoi nemici, le sue paranoie, le sue macerie. Sì, probabilmente è tutto un complotto, ma i protagonisti, Gumm e la sua famiglia, aspirano a scoprire ancora di più, ad andare a fondo, a svelare illusioni e fenomeni fino ad arrivare alla cosa in sé, alla suprema verità pensabile ma non conoscibile.
La suspense di questo romanzo è altissima, il ritmo trascina e la tensione lievita nei dubbi dei protagonisti, che si moltiplicano insieme alle possibilità e alle paure che dilatano le dimensioni del tempo, il tempo falsato di un sogno costruito, di una regressione felice. Infine, appare l’ombra di una gigantesca costruzione, costruita per l’utilizzo abusivo del talento di un uomo solo, al centro della guerra civile più crudele della storia. Ma non servono macchine per viaggiare: il tempo si può manipolare senza troppa fatica nel nostro cervello, nei nostri desideri, nei nostri bisogni. Il tempo siamo noi.
Un altro capolavoro di Philip K. Dick, pubblicato nel 1959: fa già parte del nostro immaginario collettivo, non perdiamo l’occasione di gustare il sapore unico della ricetta originale.