Sopravvissuto. The martian
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Il Mac Gyver di Marte
Scritto dal figlio di un fisico che ha studiato informatica il libro è denso di calcoli di notevole difficoltà, nel leggerlo impressiona quanto una mente vivace, preparata ed allenata possa tradurre la sopravvivenza in un complesso ma incredibilmente rapido computo matematico.
Si scontrano ed intrecciano sin dalla prima riga la natura umana, evidenziata talvolta anche da un divertente linguaggio colorito, e la mente scientifica del protagonista. La sua voglia di sopravvivenza mette a frutto ogni suo sapere, portando il lettore a riflettere su quanto il dominio del panico iniziale, più che umano e comprensibile, unito alla preparazione estrema possano disegnare la sottile linea fra la vita e la morte.
La mente realista e geniale dell’astronauta riesce a reagire laddove una mente meno disciplinata cederebbe.
D’altro canto come potrebbe altrimenti sopravvivere Mark Watney, dopo essere stato lasciato su Marte dai suoi compagni della missione esplorativa Ares III costretti da una furiosa tempesta di sabbia ad abbandonare missione, pianeta ed un Mark creduto morto?
Il libro è evidentemente basato su fondamenti derivati da fisica, chimica e matematica, tanto che viene difficile capire cosa potrebbe veramente essere reale e cosa ad oggi è ancora fantascienza.
La solitudine assoluta ed estrema del protagonista diventa palpabile sempre più ad ogni pagina, la necessità dell’uomo di vivere con i suoi simili è evidente in ogni respiro di Mark, che sa bene che respirare e mangiare è indispensabile ma non può fare a meno di vedere serie televisive ed ascoltare musica di un genere che non ama pur di non sentirsi solo.
L’intelligenza delle soluzioni trovate, la capacità del protagonista di vedere il superfluo nella quasi totale mancanza di risorse lo rende semplicemente sorprendente e ci porta con un sorriso ad accomunarlo al famoso e sagace agente segreto interpretato da Richard Dean Anderson negli anni ‘80.
Tra i numerosi messaggi buonisti del libro impossibile non evidenziare lo sforzo dell’intero pianeta Terra che trova nel salvataggio di Watney un punto di unione tanto potente da permette di arginare conflitti e rivalità che durano da secoli. I tanti che si trovano uniti nello sforzo di salvare il singolo, isolato e lontano da ogni possibile aiuto, un’immagine che ci porta a vedere il bene dell’umanità intera e non solo della comunità scientifica.
La soluzione finale in parte sorprenderà anche coloro che hanno visto la versione cinematografica di Ridley Scott, in un libro che regala non solo maggiori dettagli ed emozioni ma intere sezioni che non hanno trovato posto nella seppur godibile versione su pellicola.
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La forza vincente dell'ottimismo
Mark Watney è un astronauta. Fa parte della spedizione Ares III, atterrata sulla superficie di Marte per l’esplorazione del pianeta. Purtroppo, però, la missione, a causa di un'improvvisa e violentissima tempesta di sabbia, è abortita. I suoi compagni, tutti i suoi compagni, sono decollati nuovamente per l’orbita e sono ripartiti alla volta della Terra, credendolo morto. Tuttavia , lui è vivo e conta di restarci ancora per parecchio tempo, almeno sino a quando qualcuno non verrà a recuperarlo.
Da questo momento, quindi, inizia per Mark una pervicace, accanita lotta contro le condizioni ostili del pianeta e contro l’accumularsi di una incredibile serie di eventi sfavorevoli che rischiano di vanificare i suoi commoventi sforzi. Scontato l’happy end di un romanzo che è anche, in certi risvolti, un piccolo trattato scientifico.
Dopo aver terminato la lettura del romanzo, alcuni mesi fa, mi sono sentito cambiato, più allegro ed ottimista. In effetti la qualità migliore del libro è proprio quella ventata di positività ed entusiasmo che riesce ad infondere. Il personaggio di Mark Watney è godibilissimo, riuscendo a fare dell’umorismo (magari, talvolta, a denti stretti, ma sempre esilarante) anche nelle circostanze più estreme e demoralizzanti.
La storia non è propriamente un racconto di fantascienza, poiché i personaggi si muovono in un contesto che, se non è proprio attuale, quantomeno sfrutta potenzialità e tecnologie che saranno disponibili tra qualche anno. Poi, scientificamente e con buona correttezza, ci viene spiegato come ogni conquista del “marziano”, anche quelle che appaiono più miracolose, possono essere ottenute con l’applicazione lucida ed attenta di conoscenze già in nostro possesso.
Il mirabolante salvataggio di Mark, ricorda analoghe vicende sia letterarie che cinematografiche, ma ciò che più colpisce e la credibilità di cui tutta la vicenda è intrisa. Lo stile - agile, che mai indulge in facili tonalità drammatiche, ma che appare, sotto certi aspetti, quasi una cronaca giornalistica - è un valore aggiunto del libro.
Conclusivamente “Il Sopravvissuto” è un ottimo romanzo, consigliato a tutti, anche a chi storce il naso di fronte alla produzione della classica science-fiction.
Una avvertenza: in Italia il volume è apparso sotto due diversi titoli “L’Uomo di Marte” (traduzione dall'originale inglese “The Martian”) e “Il Sopravvissuto – The Martian”. Questo secondo titolo è ispirato a quello del film tratto dal romanzo, ma il contenuto è il medesimo.
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MacGyver su Marte
Quanti di voi ricordano MacGyver? Una famosa serie televisiva americana che spopolava durante i mitici anni 80 con protagonista un giovanotto dal fisico atletico, agente governativo e spesso impegnato in missioni ai limiti dell'impossibile contro truffatori e pazzi criminali.
Ed Angus MacGyver si distingueva dagli altri paladini della giustizia per il suo assoluto rifiuto verso qualsiasi forma di violenza, incluse le armi da fuoco; l'unica arma di cui disponeva era l'ingegno, arguto ed affilato come una lama (o meglio come il coltellino svizzero che portava sempre con sè), in grado di tirarlo fuori da qualsiasi situazione ostile sfruttando a proprio favore tutto ciò che l'ambiente esterno gli metteva a disposizione.
Vi chiederete forse cosa c'entri MacGyver col "Sopravvissuto" di Andy Weir. Presto detto: quando Mark Watney durante una missione esplorativa su Marte rimane colpito da un'antenna di trasmissione volata via dal suo sostegno a causa di un'improvvisa tempesta di sabbia, perdendo di vista i suoi compagni di missione, si ritrova solo sul pianeta rosso mentre il resto del gruppo, credendolo morto, inizia il viaggio di ritorno verso la Terra.
Non vi nascondo che il solo pensiero di immedesimarmi in una situazione simile mi mette i brividi: provate ad immaginare cosa significhi prendere coscienza di essere l'unico uomo vivente su un pianeta immenso e sconosciuto come Marte, senza alcuna possibilità di comunicazione verso la Terra a causa dei danni provocati dalla tempesta e con speranze praticamente nulle di sopravvivere sino alla prossima missione verso Marte che la NASA avrebbe organizzato.
Anche per un astronauta esperto ed addestrato come Mark non è stato semplice resistere alla tentazione di disattivare i sistemi di emergenza della tuta spaziale ed avvicinarsi il più rapidamente possibile al suo inevitabile destino di morte sul pianeta rosso.
E' qui però che entra in gioco il MacGyver che è in Mark: accantonati timori e paure, Mark darà sfoggio a tutto il suo ingegno ed inventiva per impiegare le poche risorse recuperate all'interno dello Hab (base artificiale) al fine di ripristinare il corretto funzionamento di tutti i sistemi vitali (ossigenatori, camere di equilibrio, depuratori, ecc.), riuscendo anche a creare un piccolo orto artificiale con annessa coltivazione di patate marziane, sino a pianificare una personale missione di salvataggio, estremamente pericolosa ma l'unica possibile.
Solo fantascienza? Non del tutto: Mark è un ingegnere meccanico con la passione della botanica, quindi ogni sua 'invenzione' viene descritta con dovizia di particolari, forse un pò ostici per chi ha poca familiarità con reazioni chimiche o circuiti elettrici ed effetti gravitazionali, ma ogni 'magia' che Mark tira fuori dal cappello viene sempre svelata tramite una dettagliata spiegazione scientifica.
Ovviamente fisica e chimica non sono gli unici ingredienti di questo romanzo; per quanto abbondanti, l'autore riesce ad amalgamarli con una buona dose di adrenalina in puro stile americano, della serie "Houston! Abbiamo un problema!", onde evitare che il lettore possa assopirsi prima del finale 'galvanizzante'.
Un romanzo d'avventura che certo non deluderà gli amanti del genere; inevitabile la trasposizione cinematografica considerato il successo di film 'gemelli' dal plot interplanetario, come Apollo 13 o Mission to Mars solo per citarne alcuni.
Non manca nemmeno nel finale il tipico messaggio hollywoodiano pregno di buonismo ed ottimismo che, stavolta, sento di condividere pensando alla straordinaria partecipazione umanitaria durante le recenti tragedie che hanno colpito l'Italia (che sembrano quasi presagite, lo scontro tra treni in Puglia e terremoto ad Amatrice):
"Ogni essere umano possiede l'istinto innato di aiutare il suo prossimo. Certe volte può non sembrare che sia così, ma è vero. Se un'escursionista si perde in montagna, ci sono altre persone che coordinano una spedizione di ricerca. Se un treno deraglia, c'è gente che si mette in fila per donare il sangue. Se un terremoto rade al suolo una città, c'è gente che da tutto il mondo invia rifornimenti. Tutto questo è così fondamentalmente umano che si riscontra senza eccezioni in tutte le culture. Sì, ci sono le teste di cazzo a cui non frega niente, ma sono una minuscola minoranza in confronto a tutti quelli a cui frega moltissimo. E per questo motivo io ho avuto dalla mia parte miliardi di persone".
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life on mars....
Oggi vado a recensire uno dei migliori besteller americani dell'ultimo periodo ovvero the martian.
In molti si troveranno in disaccordo con me e può andare benissimo ma a me questo libro ha trasmesso emozioni contrastanti e il che lo rende unico nel suo genere.
Iniziamo con il descrivere la trama che si può riassumere così: un uomo viene "abbandonato" su Marte da parte dei suoi compagni di missione per una svista-se così la vogliamo chiamare. In realtà l'astronauta è vivo e vegeto e ora dovrà trovare ogni piccolo espediente per sopravvivere sul pianeta Rosso,nella speranza che la NASA o i suoi stessi compagni si accorgano dell'errore...per far notare ciò il personaggio cercherà di comunicare con la Nasa tramite delle apparecchiature precedentemente inviate su Marte...ce la farà? Come sopravvivrà a questo "inconveniente"? In poche parole questa è la trama che ha ispirato anche l'omonimo film diretto da Ridley Scott
Bene detto ciò posso dire che il libro tratta uno dei miei temi preferiti ovvero la solitudine. Qui viene affrontata in maniera soft, così almeno pensavo io, ma alla fine mi sono accorto è il personaggio che fa rende soft tale solitudine.
È proprio il personaggio il punto su cui più mi vorrei soffermare, infatti esso sopravvive sul pianeta rosso armandosi di..... ottimismo. Si è questo ciò che gli permette di sopravvivere, perchè anche quando sembra scomparire la già flebile speranza di sopravvivere il protagonista si arma di ottimismo,pazienza ed umorismo e risolve il problema. Io essendo una persona di natura pessimista ho trovato tutto ciò incredibilmente affascinante e anche nuovo a dire il vero. Un'altra cosa che viene sottolineata nel libro é l'importanza delle piccole cose, difatti Mark(protagonista) stando su Marte riesce ad apprezzare ogni piccolezza, ogni contatto umano che riesce a creare con la NASA per lui é una gioia.... insomma apprezza cosa da noi ritenute futili, cose come la semplice interazione umana..... altro punto a favore del libro sono il come il protagonista impegni se stesso per venire a capo di ogni piccolo o grande problema, il tutto viene spiegato accuratamente anche con l'uso di teoremi scientifici ed il ciò a volte blocca e rallenta il periodo di narrazione ma nulla di irreparabile.
Una delle cose che viene criticata al libro è il come l'astronauta venga salvato dal governo. Posso capire che lo spendere cifre ragguardevoli per salvare un'astronauta possa essere un pò no sense visto che ci sono milioni di persone che periscono per la fame, ma a mio modo di vedere l'autore voleva solo sottolineare la solidarietà umana. Una cosa che oggigiorno si sta perdendo perchè il mondo è sempre più egoista.... quindi la critica mi sembra anche un pò futile, ma sono opinioni.
L'ultima cosa che voglio analizzare è lo stile, che a mio dire è molto lineare e il ciò con la presenza di formule e spiegazioni scientifiche è molto utile poiché le 2 cose si bilanciano fino a raggiungere l'equilibrio ottimale. Altra cosa che mi ha colpito è la presenza ogni tantum di un narratore esterno ed onniscente.... una vera chicca, poichè il libro è una sorta di raccolta di pagine di diario e quindi il cambio di narratore rende la lettura più interessante.
In definitiva ve lo consiglio assolutamente anche solo per capire da dove proviene la fama dell'ononima trasposizione cinematografica.
"Se un'escursionista si perde in montagna,ci sono persone che coordinano una spedizione di ricerca. Se un treno deraglia, c'é gente che si mette in fila per donare il sangue. Se un terremoto rade al suolo una città, c'è gente che da tutto il mondo invia rifornimenti. Tutto questo è così fondamentalmente umano che si riscontra senza eccezioni di culture."
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La solitudine di un uomo su Marte.
Leggendo questo romanzo, non si può non ricordare l’impatto che ebbe nella nostra gioventù l’indimenticabile storia del naufrago Robinson Crusoe, narrata circa trecento anni fa da Daniel Defoe : solo, su un isola apparentemente deserta, se la cavò per anni tra mille pericoli, sopravvivendo ad insidie di ogni genere. Novello Robinson, l’astronauta Mark Watney, disperso su Marte durante una tremenda tempesta di sabbia, viene ritenuto morto e abbandonato dall’equipaggio della missione Ares 3, costretto ad iniziare il volo di rientro sulla Terra : ma l’astronauta è sopravvissuto miracolosamente, e dovrà affrontare con i mezzi a disposizione mesi di totale solitudine e innumerevoli problemi da risolvere. Mark tiene un diario su cui annota con ironia le difficoltà che deve affrontare, affidandosi alla sua specifica preparazione ed alle nozioni di botanica (la sua specialità) che gli permetteranno addirittura di approntare una coltivazione di patate in ambiente protetto. I viveri sembrano sufficienti, le scorte di acqua sono razionate, le apparecchiature lasciate su Marte ( ossigenatori, depuratori, pannelli solari e via dicendo) controllate e continuamente riaggiustate tengono impegnato il nostro eroe, determinato caparbiamente a sopravvivere ed a sperare in un aiuto che oggettivamente sembra solo una vana speranza. Ma sulla Terra arrivano segnali, i contatti radio sono saltuariamente riattivati, la speranza si riaccende: Mark dovrà affrontare prove durissime, una nuova tempesta di sabbia, un viaggio avventuroso di migliaia di chilometri a bordo di un rover stracarico sino a raggiungere il cratere Schiapparelli dove la speranza di sopravvivere si concretizzerà.
Andy Weir, programmatore di computer ed esperto in informatica, ha scritto un grande romanzo d’avventure (da cui è stato tratto il film di straordinario successo di Ridley Scott, The Martian, con Matt Demon). Si dirà che è un romanzo per pochi esperti, date le numerose pagine fitte di nozioni di astrofisica, chimica, fisica, fisiologia, elettrotecnica, meccanica, con dati e calcoli complicati che ad un comune lettore potranno sembrare astrusi e troppo specialistici: nello svolgersi però dell’intera vicenda trovano la loro giusta collocazione, annotati sul diario di un uomo solo su un pianeta a lui sconosciuto, costretto continuamente a fare i conti per non farsi mancare aria, acqua e cibo. La solitudine è la grande protagonista: una solitudine in cui un uomo non si abbandona ad un destino apparentemente infausto, ma, aggrappandosi al primordiale istinto di sopravvivenza, mette a frutto ogni risorsa del suo ingegno e delle sue conoscenze per salvarsi. Il tutto, ed è importante sottolinearlo, con uno spiccato senso dell’umorismo, che induce lo straordinario protagonista a considerare anche negli eventi più avversi sempre e comunque il lato positivo e rimediabile. Un romanzo da leggere, per coglierne il vero messaggio.
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Pirata spaziale
Ho cominciato a leggere il romanzo spinto dalla curiosità e dal successo del film, che non ho visto. Il fascino della lettura, la capacità che possiede lo scrittore di far immaginare al lettore quello che non è scritto, è qualcosa che non appartiene al cinema. Quindi in attesa di vedere gli spettacolari effetti speciali (che solo il cinema sa dare) mi sono immerso in questa singolare lettura.
Certo che se tutto il libro fosse stato come la parte iniziale l'avrei abbandonato subito. Inizialmente i calcoli che il naufrago Mark effettua per cercare di risparmiare anche la più piccola particella di azoto, sembravano interessanti ma alla lunga non danno alcun valore aggiunto. Solo più tardi ho capito che è proprio nell'intenzione dell'autore manifestare tutto quello che passa per la testa a Mark, d'altronde era a rischio la sua vita. L'unico modo per non cadere in totale catatonia, inoltre è proprio quello di continuare a tenere attivo il cervello in calcoli e parlando da solo.
Alla mia richiesta di aiuto Houston risponde. Infatti da quel momento in poi il libro rimbalza tra Marte e la Terra, dove la NASA si è accorta che Mark è ancora vivo e cerca con ogni mezzo di riportarlo a terra. Mark non lo sa, non può saperlo. I suoi piani di sopravvivenza potrebbero contrastare quelli di salvataggio della NASA. Dopo giorni e notti di studi finalmente Terra e Marte si mettono in contatto. Forse c'è speranza. Forse l'equipaggio che, inconsapevolmente l'ha lasciato su Marte, può tornare indietro a prenderlo a rischio della propria vita. Il dibattito è tra un alto rischio che Mark riesca da solo ad attendere la prossima missione o il basso rischio del salvataggio immediato che però mette a repentaglio altre cinque vite. Una guerra interna alla NASA tra rischio, fattibilità e rientro delle spese.
Un buon romanzo che fa capire i valori della vita e quanto sono importanti le piccole cose che circondano, specialmente quando non possiamo più averle. Peccato per le parti più tecniche che fanno abbassare un po' la tensione ma che ritengo indispensabili per dare più credibilità a tutto.
Unico neo, secondo me, è nello stile un po' piatto, lontano (per esempio) da Niccolò Ammaniti che ho letto di recente, ma questo non ha compromesso la lettura.
Adesso sono pronto per vedere il film e dire la fatidica frase "Bello, ma sempre meglio il libro".