Sleeping beauties
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Recensione della Redazione QLibri
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Un nugolo di falene
“In fondo la regione degli Appalachi non era chissà che”. Eppure, per un po’ è stato il centro del mondo, proprio mentre stava per finire.
Un nuovo, strano, affascinante morbo fa addormentare le donne e le ricopre di una specie di bozzolo: si chiama Aurora, come la bella addormentata delle fiabe, e arriva dall’Australia, dove hanno l'abitudine di avvolgere i bambini in un tessuto sottile e bianco per proteggerli dai raggi del sole.
Una donna in un carcere femminile sta delirando dell’arrivo di una regina nera, e la regina arriva con le sue falene e parla anche con altri animali, è magica, è bellissima, non ha linee sulle mani, e per prima cosa uccide a mani nude due criminali produttori di speed e si fa arrestare dallo sceriffo donna del luogo.
Ma Aurora non è un morbo, è un sortilegio, e Evie, la regina nera, è una diavolessa femminista vuole salvare le donne e far finire il nostro mondo, quello in cui regna il sesso più pericoloso.
Non è un caso se Evie viene rinchiusa in un carcere femminile, dove finiscono le donne più sfortunate, le più perseguitate. Non è un caso se le donne che si addormentano si ricoprono di un bozzolo, come se dovessero subire una metamorfosi. Non è un caso se eliminare il bozzolo non sveglia le dormienti ma le trasforma in bestie rabbiose, capaci di uccidere a morsi chiunque le abbia private del sonno, familiari amici o mariti che siano, perfino l’amato cagnolino.
In questa fiaba nera maschi e femmine hanno l’opportunità di dividersi e ricominciare: verso un nuovo mondo al femminile da una parte, verso l’estinzione dall’altra.
I maschi che si ritrovano con le compagne addormentate reagiscono virilmente: si trasformano in ladri, sciacalli, assassini, stupratori. Sommosse e saccheggi, brigate di assassini che per rabbia e per vendetta bruciano i bozzoli: una mossa geniale di fronte al rischio che il mondo finisca per mancanza di femmine procreanti.
Le dormienti, invece, si ritrovano in un altro posto, un posto che appartiene soltanto a loro, forse un sogno collettivo dove mancano maschietti e abitudini tecnologiche, ma con un vantaggio sicuro, non trascurabile, per qualcuno irrinunciabile: la sicurezza. Niente perfezione, ma una ragazza può crescere senza essere insidiata per i suoi seni.
Una fiaba al completo, con animali parlanti ed evocativi, ma popolata da personaggi che vanno al di là dello stereotipo fiabesco e incarnano sofferenze e passioni e orrori della nostra amara società: la crudeltà ottusa degli aguzzini, l’ostinato amore delle madri, l’inutile espiazione delle vittime, l’assurda stupidità delle carceri, la rabbia che infetta le buone intenzioni, i pregiudizi che ammorbano masse e istituzioni. L’ingiustizia che schiaccia ogni speranza, perché è sempre il sesso più pericoloso quello che comanda.
La fiaba scoperchia la nostra realtà. E pone molte domande. La risposta che raccontano i King, padre e figlio, è suggestiva. Ma non sempre funziona. L’apocalisse non travolge. Il mistero non trascina. Restano i personaggi a portare avanti la storia, restano gli orrori della quotidianità che prosperano come creature infernali.
Un grande romanzo, impastato con tutti gli ingredienti giusti, che purtroppo non lievita. Evie ha un potere salvifico affascinante, ma non ha la statura di John Coffey del “Miglio verde”. Manca qualcosa: un vero cambiamento, una domanda mai posta prima. Questo romanzo non lascia una traccia duratura, a parte una scia di falene e un lieve sorriso di complicità.
“In Pennsylvania Avenue videro il corteo presidenziale, una sfilza di limousine e SUV neri scintillanti. La colonna di auto proseguì senza fermarsi.
«Guarda.» Michaela fece cenno con il dito.
«Chi se ne frega» rispose Janice. «È solo un cazzone come tanti.»
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Due king al prezzo di uno
Uno strano virus sembra aver colpito le donne di tutto il mondo. Man mano che si addormentano vengono ricoperte da una specie di bozzolo dal quale non possono essere liberate. il sogno di mariti e generi: finalmente stanno zitte. Chi si azzarda ad aprire il bozzolo e a svegliare le belle addormentate vi trova sotto una belva furiosa che fa scempio del suo "salvatore". Solo una strana donna comparsa improvvisamente nella città di Dooling si addormenta e si risveglia normalmente. Evie Black sembra l'unica a detenere la conoscenza dello strano episodio e a sapere come tornare alla normalità. Arrivata da qualche strano mondo e dotata di poteri sovrannaturali, di fatto è lei a gestire tutto quanto succede. Chiusa in carcere convince un manipolo di uomini a difenderla da chi la vorrebbe mettere al rogo, o in alternativa sezionarla per trovare una cura per quella strana narcolessia. Le donne dormienti nel frattempo non sono affatto dormienti, ma attive in un universo parallelo dove dovranno decidere in "autonomia" se tornare alla loro vita precedente. Se lo scopo di questo libro era quello di far decollare la carriera del figlio approfittando della fama del padre non mi sembra che il progetto sia riuscito molto bene. Non ho trovato in questo volume il brio e la capacità di attrarre il lettore che c'è in altri libri. Ci sono sì, alcuni personaggi ben delineati e accattivanti, ma molti sono deboli e scontati. Sono piacevoli da leggere alcuni pagine dove nel tipico stile di King sono descritti con cura i personaggi tanto da riuscire a vederseli davanti. Ci sono anche un numero infinite di pagine dove si combatte una specie di guerriglia urbana, nella quale io mi sono persa perdendo il conto di chi uccideva chi. Mi è piaciuto poco anche il finale. Non mi sembra che le donne in fin dei conti ne escano molto bene. La libertà di scelta che dovrebbe essere il fil conduttore del romanzo alla vinee loro negata nel momento che chi tira le fila si rende conto che avrebbe potuta essere anticonvenzionale. Trattandosi di un fantasy gli autori avrebbero potuto osare e inventarsi un finale diverso e capace di dare una scossetta all'annoiato lettore.
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Anche i Re qualche volta sonnecchiano.
Sleeping Beauties – Stephen & Owen King, 2017
Va detto che, in realtà, i Kings fino a circa metà libro mi son piaciuti. L’idea di fondo è proprio carina. E interessante. Un mondo senza donne, con le suddette che cominciano a non svegliarsi più. Non che muoiano. Si addormentano, sottili filamenti bianchi le ricoprono fino a formare una sorta di bozzolo e loro non si svegliano. Il cuore batte, i parametri vitali sono buoni, ma continuano a dormire.
Ed è molto meglio non provare a svegliarle o, peggio che mai, tagliare il bozzolo.
Alcune si arrendono al sonno, altre si fanno di qualunque cosa per restare sveglie e intanto gli uomini si interrogano. Solo una misteriosa donna pare immune da questa malattia del sonno che viene battezzata “Aurora” (la “Bella Addormentata” do you remember?); e potersi addormentare e svegliare normalmente e solo la più piccola delle bizzarrie di Evie Balck, che parla con gli animali, legge nella mente, trapassa i muri con spacciatori di speed e forse ha un piano. Bello, no?
Cosa non funziona?
Innanzitutto la lunghezza. Al conteggio del mio reader le pagine erano 653. Metà di troppo.
Precisiamo, io mi son invelenita con chi si lamentava della lunghezza – per dire – de “I Lupi del Calla” e ho sfidato i detrattori a togliere una sola pagina dal libro senza perdere qualcosa di bello.
Amo dilungarmi e amo King che si dilunga.
Se c’è un senso.
E qui non l’ho trovato.
Con maestria e mestiere i Kings inventano sottostorie e sottotrame e puntualmente le portano a compimento. Ma delle medesime non sono riuscita ad appassionarmi. Di nessuna.
E questo porta al secondo punto dolente, quello più serio.
I personaggi.
Non ho trovato un solo personaggio che mi abbia convinto né che mi sia piaciuto.
E questo, parlando di King (Stephen), è un fatto grave.
King è fra i pochissimi autori che conosco che tratteggi personali femminili veri e “belli” che non siano macchiette, virago, teneri fiori, tomboy, madri eroiche, femme fatale, massaie rurali o altri cliché vari.
Le donne di King sono persone. Dolores, Lisey, Jesse, Darcy, Tess… pure Annie. E un’altra valanga che adesso non ho voglia di andare a verificare, che la memoria è quello che è.
E non che i maschi siano da meno, basta pensare a Roland, Eddie, Jack, Paul però innegabilmente con le donne è più difficile. E King ci riesce alla grande.
Qui i personaggi sembrano costruiti a tavolino. Funzionali alla trama, ma poco “veri” e infatti non si riesce a provare simpatia per nessuno. Si capisce che dovremmo empatizzare con Lila, ma io non l’ho sopportata. Provare pena e partecipazione per Tiffany e Jeanette, ma manco per niente; poi abbiamo la pazza, la lesbica, la nerboruta, le madri assortite. E taccio sulle ragazzine per carità di patria. Lo stesso dicasi per i vari Clint, Willy, Frank. I cattivi abbastanza macchiette (per tacere di Low e Maynard… ma che, davero?).
Parziale eccezione solo per “l’odiosa” Elaine, che forse è il personaggio che funziona meglio e che fa le riflessioni meno banali, ma poi la chiudiamo malissimo con il sempiterno tema del senso di colpa/materno che tanto è una donna e che altro poteva succedere?
E da qui all’ultimo punto.
Ho trovato questo romanzo furbetto.
Un po’ ruffiano, aggiungerei.
E non vorrei arrivare a politically correct, ma mi sa che ci starebbe.
Ve lo ricordate “Le donne erediteranno la terra” di Cazzullo (e non vorrei infierire, ma a volte è proprio il karma)? Ecco. Una sviolinata su quanto è bello il femminile. Generoso. Accogliente.
In cui però – stringi stringi – le donne che sono quello che vorrebbero essere fanno esattamente quello che hanno sempre fatto. E potrebbero stare senza uomini. Ma “tornano”. E potrebbero creare una società nuova. Ma anche no. Però quanto tornano… fondano un asilo nido per bisognosi. Ah be’, allora.
Però ecco. Se sei riuscito a descrivere bene (qui, ma soprattutto altrove) cosa voglia dire essere cittadini di serie B (o anche C e D ed E altrove) come sono tutte le donne, perché poi, adesso, questo?
Rispondo con l’insopportabile Lila: “Il coraggio era un’ottima dote (…), ma secondo Lila un’innata resistenza alle cretinate era più importante.”
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Se lo conoscete e lo amate...
qualcosa di lui la trovate!