Renegades. Verità svelate
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Bella Gatlon City, ma non ci vivrei
Terzo ed ultimo capitolo nella serie Renegades, "Supernova" era anche il libro con cui pensavo di chiudere (magari in amicizia) i miei rapporti con Marissa Meyer, specie dopo la delusione di "Archenemies" e le recensioni non troppo positive di questo epilogo. Invece temo che finirò per cascarci di nuovo; e non solo perché il suo prossimo romanzo sarà un retelling di Tremotino!
Oggettivamente, "Supernova" ha dei difetti più che evidenti e non mi meraviglia che altri lettori siano critici nei confronti del libro. L'autrice inserisce elementi inediti per portare la trama in una determinata direzione, gli interventi fortuiti di un certo deus-ex-machina non si contano e il finale è decisamente frettoloso, aspetto che già avevo notato leggendo "Winter" un paio di anni fa. Per parlare di un altro elemento discutibile, passiamo la trama.
A differenza dei volumi precedenti, la storia mantiene quasi sempre un ritmo molto incalzante: si comincia con l'identità di Nightmare che sta per essere scoperta, nella parte centrale c'è un breve momento di pausa, mentre le ultime duecento pagine sono una corsa a perdifiato, in una serie di combattimenti onestamente epici e del tutto in linea con il tono "fumettoso" della serie. Il problema a cui accennavo è quindi questo ritmo un po' troppo incalzante, per cui i personaggi si trovano a compiere azioni molto avventate, giustificate solo dalla fretta che l'autrice ha trasmesso loro.
Le forzature non mancano neanche all'inizio: l'identità di Nightmare viene mantenuta troppo a lungo quando ormai c'erano diversi personaggi che avrebbero potuto unire i punti (o aiutare altri ad unirli); che dire poi dell'elmetto di Magneto Ace Anarchy? finora nulla lasciava intendere che potessero usarlo altri, ma qui di punto in bianco tutti lo vogliono perché potenzia ogni superpotere! Per l'intero volume ci sono poi delle rivelazioni e delle scoperte che i personaggi intuiscono a caso, oppure nei momenti meno logici; il tutto a favore di trama, ben inteso.
Altro elemento che l'autrice riesce ad inserire sempre a sproposito è il romance: non mi dispiacciono le coppie in se, ma non reputo credibile che i momenti romantici abbiano luogo sempre in luoghi (fogna infestata dai ratti, con tanto di puzza di piscio) o eventi inadatti (tra un'esecuzione pubblica ed un massacro). Capisco che l'autrice ami calcare la mano su questo lato delle sue storie, ma qui l'ho trovato quasi di cattivo gusto.
Cosa dire poi dell'origine dei prodigies? io l'ho subito etichettata come una supercazzola, anche senza tenere conto di come questo aspetto si sviluppi nel finale. Indubbiamente è parecchio cringe, come diverse carrambate nell'ultima parte. Ultima parte che ha il suo tracollo nell'epilogo: non capisco onestamente se l'intenzione era quella di puntare ad un sequel, ma posso dire che l'ultimo twist più che stupire fa sorgere un mucchio di interrogativi ai quali non avremo mai risposta.
Ora, mi rendo conto che a questo punto sembrerò una hater della Meyer, ma vi assicuro di aver apprezzato parecchi elementi di questo romanzo, non solo soggettivi! Sicuramente una parte da non sottovalutare è quella della componente emotiva, anche perché l'autrice non ha riguardi nell'uccidere i personaggi -magari secondari, ma si tratta pur sempre di un YA. Valuto molto positiva anche la descrizione delle diverse battaglie: gli scontri sono ben strutturati e riescono a risultare avvincenti per il lettore.
Il pregio maggiore è però l'aver inserito brillantemente dei parallelismi tra la nostra realtà e questo mondo ucronico: nel modo in cui vengono discriminati i prodigies che non si conformano agli standard dei Renegades, nello strapotere impiegato da chi deve mantenere l'ordine e nella condizione dei detenuti nelle carceri. Pur considerando un po' esagerata la situazione vissuta da Nova e dagli altri personaggi, non si fatica a leggere tra le righe una condanna molto forte, e per nulla fantascientifica.
NB: Libro letto in lingua originale