Nel paese dei ciechi
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Il monocolo è re
Questo racconto breve di H. G. Wells è un perfetto esempio della sua inventiva e della sua capacità di andare oltre l'ovvio. Un autore dalla scarsa capacità d'analisi, con le stesse premesse di trama, non si sarebbe probabilmente soffermato sulle problematiche su cui si è soffermato Wells: "nel paese dei ciechi, colui che ha un occhio solo è il re" potrebbe sembrare un'affermazione scontata, una conseguenza quasi naturale, ma l'analisi che Wells fa in questo racconto ci rende evidente quanto non sia così; quanto dietro a storie apparentemente semplici si nascondano delle insidie. E se nel paese dei ciechi colui che ha entrambi gli occhi fosse considerato pazzo? Non è costui, in fin dei conti, un diverso? qualcuno che parla di incomprensibile alla totalità d'un popolo? Sarà questa la situazione in cui si troverà il nostro protagonista - soprannominato dai ciechi Bogotà, proprio a causa della descrizione che egli stesso farà della grande città, sconosciuta ai ciechi -, egli al suo arrivo crederà di poterli dominare, essendo dotato di qualcosa che essi non hanno; ma la vista, in una società basata sulla sua assenza, si rivelerà qualcosa di totalmente inutile se non deleterio.
Come è giusto che sia, Wells si concentra moltissimo sulle descrizioni dell'ambiente, proprio come facendo da contraltare a un contesto dominato da persone prive della vista; come nell'intenzione di esaltarla, fino ad arrivare all'apoteosi della descrizione finale in cui il nostro senso forse più importante viene celebrato definitivamente: nella scelta di Bogotà e nelle pennellate di Wells.
“Nel paese dei ciechi il monocolo è re.”