Lucky Starr, il vagabondo dello spazio
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Divertimento senza impegno
Il giovane Asimov pensò la serie incentrata sulle avventure di David Starr come un’avventura rivolta soprattutto ai ragazzi, sperando di poterla magari vendere a qualche studio televisivo: l’ispirazione è Lone Ranger (da cui il titolo originale Space Ranger, tradotto in italiano in maniera del tutto insensata) anche se per l’immaginario delle nostre parti è più facile evocare una sorta di Zorro del sistema solare. A poco più di trent’anni, però, il Dottore era già il Dottore e così questo libro si rivela essere una lettura leggera, ma non banale riuscendo a non fare avvertire i sei decenni abbondanti che si porta sulle spalle, considerazione spesso non applicabile ad altri romanzi coevi: gli aspetti fantascientifici sono in molti casi ancora affascinanti e belli da immaginare, per non parlare poi dell’incontro con i ‘marziani’ che verrà ripreso mille volte negli anni a venire, ad esempio in più di un episodio di Star Trek. Il saper creare un futuro è una delle ben conosciute specialità della casa, essendo un’altra la capacità di costruire una storia gialla con il protagonista brillante investigatore impegnato a risolvere un mistero da porta (del magazzino, in questo caso) chiusa: è vero che Asimov in seguito ha raffinato la tecnica (qui il colpevole si intuisce abbastanza presto), ma l’assemblaggio dei mezzi e delle motivazioni del delitto è comunque ingegnosa. Così Starr viene spedito su Marte per scoprire l’origine degli strani avvelenamenti che il cibo esportato dal pianeta rosso procura , in modo all’apparenza casuale, sulla Terra: si ritrova in una società di frontiera che ha molti debiti con l’immaginario western, tra uomini duri, ricchi latifondisti e una cronica carenza di figure femminili, ma soprattutto con una netta differenza tra buoni e cattivi che aiuta l’intuito del giovanotto, al quale la trasformazione in ranger non può altro che giovare: come si vede, un insieme di figure e luoghi ben conosciuti ai quali l’autore è bravo a dare una vita propria per un intrattenimento non trascendentale, ma di certo gradevole e assai divertente.