Narrativa straniera Fantascienza La morte dell'erba
 

La morte dell'erba La morte dell'erba

La morte dell'erba

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Pubblicato per la prima volta nel 1956, "La morte dell'erba" è diventato un classico della narrativa, superando di gran lunga i ristretti confini della fantascienza. Il libro muove dalla descrizione dell'agiata esistenza londinese di John Custance e famiglia. Un mondo che non batte ciglio dinanzi alle prime allarmanti notizie che giungono dall'Estremo Oriente. Un virus del riso altamente contagioso - chiamato Chung-Li - si sta diffondendo a macchia d'olio nella Cina comunista, distruggendo coltivazioni, causando carestia e tumulti. La flemma e la correttezza inglesi si sciolgono, tuttavia, come neve al sole quando, alla quinta mutazione, il Chung-Li si mostra in grado di danneggiare ogni tipo di pianta appartenente alla famiglia delle graminacee, e dilaga ovunque in Europa e in America.



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La morte dell'erba 2016-01-14 22:41:08 martaquick
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martaquick Opinione inserita da martaquick    15 Gennaio, 2016
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Il padre dei libri post-apocalittici

Un breve libro che ho letto in pochissimi giorni, un grande libro come contenuti.
Attenzione ci può essere qualche spoiler.
Si parla del viaggio di John Custance che cerca di portare in salvo la sua famiglia nella fattoria del fratello. Un potente virus ha colpito tutte le coltivazioni e quindi le persone si ritrovano a morire di fame e il mondo intero è in rovina; la popolazione e gli Stati cercano di reagire in modi diversi ma alla fine il panico prevale e tutti si ritrovano a doversi adattare e a sopravvivere come meglio credono.
John e la sua famiglia riescono a fuggire da Londra e durante il viaggio che li separa dalla fattoria dove troveranno rifugio subiranno una serie di eventi e soprattutto di cambiamenti che sconvolgerà le loro vite e le plasmerà.
Il punto di vista è sempre quello del nostro protagonista John che è anche colui che muterà di più lungo il romanzo, da uomo d'affari di Londra si troverà guida di un gruppo e difensore della poca umanità rimasta alle persone. Gli altri protagonisti sono la moglie e i figli anche se poco presenti durante il libro e l'amico Roger, altro personaggio degno di nota, da amico avventato diventerà un fedele seguace di John e ne avrà anche timore dopo i suoi cambiamenti come leader.
Quello che penso di questo libro è non tanto il ruolo dei protagonisti anche se mi sono piaciuti perchè semplici e ben delineati, ma tutto ciò che questo libro dice. Si parla di un fatto di gravità mondiale e quello che viene detto dai governi è smorzato per non creare allarmismo, nel frattempo si sentono teorie di salvataggio della popolazione tramite sterminio di una percentuale nei grandi centri abitati ed è proprio quello che succede anche nella realtà, siamo nelle mani di persone che non fanno i nostri interessi e non trovano soluzioni adeguate.
Si racconta anche di tanta umanità ma anche di poca, l'accogliere persone esterne alla famiglia per portarle in salvo ma anche l'abbandono o l'uccisione di altre per la sopravvivenza, è tutta una questione di istinto e di utilità e man mano John si renderà conto che dovrà ricorrere a metodi che non avrà mai pensato di dover usare.
Si parla anche dell'approfittarsi delle situazioni e delle persone, come il proprietario del negozio di armi che facilmente si crea da solo delle nuove regole e si prende delle libertà che se ci fosse ancora l'intervento della polizia non si potrebbe mai prendere.
Il finale non me lo aspettavo così, un lieto fine ma particolare.
Nel complesso è un libro molto scorrevole e piacevolissimo, lo consiglio agli amanti del genere e a che vuole una lettura leggera ma allo stesso tempo interessante.

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La morte dell'erba 2014-12-31 00:01:25 Salvatore
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Opinione inserita da Salvatore    31 Dicembre, 2014

Grande romanzo oltre il genere

Questo è il romanzo capostipite di tutta la letteratura e cinematografia post apocalittica e bisogna riconoscergliene merito perché ne hanno attinto a piene mani un po' tutti (The walking dead, E venne il giorno, Io sono leggenda, 28 giorni dopo ecc ecc). L' idea di base di un virus che uccide le piante e quindi manda in carestia la popolazione di mezzo mondo è geniale e molto all'avanguardia per quegli anni (1956) e anche qualcosa che potrebbe realmente accadere... la narrazione del romanzo è semplice e molto moderna con molti dialoghi che ne sono il cardine. La trama è ricca di avvenimenti che tengono alta l'attenzione nella lettura. Sembra quasi di vedere un film nella propria testa mentre si legge.
Questo è uno di quei libri senza dubbio da leggere, aldilà del genere fantascientifico o post apocalottico, perché fa riflettere molto sulla natura umana che prende il sopravvento nelle situazioni di sopravvivenza dove non c'è molto spazio per la pietà e la compassione ma solo i più forti riescono ad andare avanti.

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Farenhait 451, 1984, Arancia Meccanica, Io sono leggenda, Cecità
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La morte dell'erba 2014-12-05 13:26:30 Donnie*Darko
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Donnie*Darko Opinione inserita da Donnie*Darko    05 Dicembre, 2014
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Lealtà e generosità: lussi delle epoche civili

Niente invasioni aliene o zombie, nessun meteorite o catastrofe naturale, questa volta l'umanità è messa in ginocchio dalla scomparsa di tutta la vegetazione. La morte delle coltivazioni, con relativo sterminio del bestiame, imprigionano l'uomo in una nuova era oscura, in cui l'autoconservazione è garantita solo in presenza di istinti brutali che nulla possono condividere con il rassicurante progresso.
Un virus chiamato Chung-Li attecchisce nelle coltivazioni del sud est asiatico, a Londra le immagini delle popolazioni locali falcidiate da tumulti, fame e massacri sono buone giusto per qualche distratto dibattito; la cieca fiducia nella scienza consente di stare tranquilli, sicuramente il male verrà debellato prima che raggiunga l'Europa.
Purtroppo per John Custance e la sua famiglia -oltre che per milioni di inglesi- la realtà si rivelerà ben più tragica, il virus prospererà anche in terra d' Albione gettando popolazione e governo nel panico totale
L'unica speranza si chiama Blind Gill, una valle dove il fratello di John, l'agricoltore David, ha sfruttato la conformazione geografica del territorio per difendere l'ameno luogo da episodi di sciacallaggio e per dar vita a una piccola società in cui la fiammella del viver civile continui ad ardere.
Il viaggio verso la novella terra promessa si rivelerà una crudele odissea costellata da pericoli e atti aberranti. John Christopher racconta di un regredire che si manifesta con forza crescente; i personaggi sono persone civilizzate perfettamente inserite nell'organigramma sociale trasformate in assassini senza scrupoli, mossi da istinti ferini con cui cancellano comprensione e gesti misericordiosi.
Il gruppo con l'avvicinarsi alla valle aumenta di numero, un nuovo ordine sociale basato sulla forza stabilisce ranghi e compiti tra i profughi, mentre un accenno di umanità resta incollata ad alcuni personaggi tra cui Ann, ovvero la moglie del protagonista, o al suo caustico amico Roger. Ma la pietà non è più di quel mondo, ad eccellere ora è gente come Pirrie, insospettabile cellula dormiente della violenza, l'assassino per indole cristallizzato dalle regole che, in assenza di queste, lascia deflagrare tutto il suo potenziale distruttivo.
Romanzo edito per la prima volta nel 1956 offre un contesto angoscioso perché incredibilmente realistico ancora oggi. Lo spaesamento dei personaggi è il nostro, davanti all'abbattimento di ogni sicurezza da un' apocalisse poco rappresentata ma tutt'altro che fantascientifica (come spiegato, senza fomentare sciocchi allarmismi, nella prefazione). Il tema dell'imbarbarimento non è certo originale, eppure l'autore riesce a risultare attuale in quanto efficace nel cesellare scenari possibili, sino ad un finale in cui il decadimento umano è servito paradossalmente insieme alla speranza.
La violenza e l'amoralità giustificano la sopravvivenza? Con questa spinosa domanda Christopher chiude il cerchio lasciando alle nostre coscienze le risposte.

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