Incarceron. La prigione vivente
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Catherine Fisher, è nata e vive a Newport, nel Galles. Laureata in letteratura inglese, è appassionata di mitologia e storia. Ha lavorato come archeologa e insegnante di scrittura creativa. Secondo l’Independent è «una delle migliori scrittrici fantasy di oggi».
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 2
serie "incarceron" vol. 1
"Incarceron" è senza dubbio il romanzo più criptico e poliedrico che mi sia capitato in lettura quest'anno. Il primo capitolo mi ha lasciata basita, senza aver assolutamente capito cosa avessi letto. L'ho riletto tre volte prima di rassegnarmi al fatto che non era colpa della mia scarsa concentrazione, ma era proprio la storia ad iniziare particolarmente "incasinata", in maniera brusca. Senza introduzione ci troviamo catapultati in un mondo diversissimo da quello che conosciamo, ed è molto difficile riuscire ad immaginarlo senza basi, sia per quanto riguarda le descrizioni ambientali, sia per quanto riguarda i personaggi, le strane dinamiche che intercorrono tra loro. Fortunatamente già dal secondo capitolo la storia comincia a farsi più chiara, non del tutto, ma piano piano (capitolo dopo capitolo) si riesce a rimanerne coinvolti e affascinati. La carta vincente di questo romanzo è sicuramente la sua originalità, leggendolo non si incontra mai nulla che possa ricordare qualche altra storia, e anche il genere a cui appartiene è particolarissimo, un mix ben riuscito di generi diversi, tra cui una forte componente sci-fi amalgamata al fantasy, contestualizzato in un regime che abbraccia una peculiare forma di distopia. "Incarceron" è un libro che tiene incollati alle pagine per la curiosità di capire la storia e anche grazie al suo ritmo narrativo molto avvincente, che alterna il punto di vista in terza persona di due realtà parallele che sembrano non avere punti di contatto. I dubbi accompagnano la lettura fino al finale, che finalmente fornisce le risposte tanto agognate, rimanendo comunque aperto ad un seguito. Di contro ai molti pregi ho percepito la difficoltà ad entrare in empatia con i personaggi, i quali hanno una caratterizzazione poco soddisfacente, difetto che mi ha permesso di appassionarmi alla storia vivendola dall'esterno, senza una reale immedesimazione. Per il resto invece ne sono rimasta entusiasta e rimango nell'attesa del sequel (che dovrebbe essere solo uno) con la speranza di un miglioramento per quanto riguarda lo sviluppo dei personaggi, in particolare dei due protagonisti principali.
Indicazioni utili
Visionario senz'anima
Mi rendo conto che il genere distopico non è pane per i miei denti. Quando seppi di questa uscita, dopo aver letto la trama, la curiosità mi convinse che poteva essere per me una piacevole lettura anche se era solo il mio secondo distopico. L'ho chiuso dopo più di quindici giorni, dopo non poca fatica cerebrale, con la sensazione di essermi persa qualcosa nelle pagine, o forse di non aver colto il messaggio. In questo visionario genere di solito ci dovrebbe essere un messaggio di fondo molto potente, sentimenti dirompenti che caratterizzano i personaggi, e descrizioni da scenografie computerizzate....forse per entrare completamente in Incarceron, avrei dovuto lasciare le aspettative fuori dalla tanto ricercata serratura della prigione vivente.....
VISIONARIO SENZ'ANIMA
Recensione un pò difficile. L'idea è veramente originale, un carcere vivente che si nutre dell'astio umano e della negatività che assorbe dai suoi ospiti. Incarceron è una creatura dell'uomo, un esperimento scappato al controllo, un mondo popolato da reietti senza futuro, che sopravvivono nei meandri di questo visionario e se vogliamo claustrofobico microclima, con le sue regole non scritte, sancite a livello generale dallo stesso Incarceron, e a livello specifico dalle varie "bande" che si autoregolano attraverso violenza e soprusi, furti e punizioni. Tutti gli abitanti sono nati e moriranno dentro il tessuto di incarceron. Ma le leggende narrano di un sapiente che è riuscito ad uscirne ingannando il povero incarceron. Ma di Sapphique, si sono perse le tracce, per cui il suo è un esempio senza riscontro. Ma un gruppo piuttosto malassortito, crede fermamente in quelle leggende, rese meno inverosimili dal ritrovamento di una strana chiave, un oggetto dalla fattura originale che potrebbe aprire la porta di incarceron e mettere fine alla loro spietata prigionia. Ma dentro incarceron niente è scontato, e niente è quello che sembra. Il gruppetto capitanato dal sapiente Gildas, ma sostenuto dal giovane e corretto Finn, parte alla ricerca della misteriosa serratura nella quale infilare la chiave della libertà. Si renderanno presto conto che quella non è una chiave tradizionale, bensì un portale che mette in comunicazione l' interno con l'esterno, i carcerati con i liberi. Per loro l'unica via di fuga. Ed è così che Finn incontrerà virtualmente Claudia, che farà scattare in lui dei fugaci flashback, rendendolo ancor più consapevole di non essere figlio di incarceron. Comincerà un viaggio verso la fine del mondo incarceron.... ma l'inizio delle loro peripezie per mano della prigione vivente che non permette a nessuno di uscire vivo. E qui il mio pensiero è andato al TRUMAN SHOW in chiave distopica. Ci sono gli occhietti rossi in ogni dove che seguono in tempo reale i carcerati, ci sono dei confini oltre i quali i protagonisti vorrebbero arrivare, c'è un muro.... insomma il carcere come un grande occhio che tutto vede e tutto monitorizza, scatenando tempeste, terremoti, uragani per impedire ai malcapitati di raggiungere la libertà. Ma questa può essere raggiunta solo con la chiave, che nasconde in sè un portale multidimensionale. Roba da fantascienza. Cosa non mi ha convinto di questo romanzo, che per l'originalità dell'idea prometteva davvero tanto? Diverse cose potevano essere potenzialmente più sviluppate e approfondite, quali la caratterizzazione dei personaggi, i loro stati d'animo poco incisivi, e il "messaggio per i posteri" che proprio io non sono riuscita a cogliere (spero fosse sottile, e mi sia sfuggito). Ci sono tanti personaggi, dentro e fuori, tutti potenzialmente unici e particolari, ma focalizzati troppo velocemente e superficialmente. I sentimenti descritti non sono mai tanto intensi, se non nei momenti di rabbia. I due protagonisti. Finn, lo speravo un tantino più forte e deciso, e invece viene "offuscato" dalla caparbietà e dal coraggio di Claudia, che una volta che si prefigge uno scopo arriva fino in fondo.... a costo di perdere la libertà per donarla agli altri. Finn, sempre pronto a mettere davanti gli altri anche quando questi lo "usano" per il proprio tornaconto. Spero che la simantologia di questo primo introduttivo romanzo venga "curata" nei successivi, regalando un'anima ai contenuti futuri.