Il pianeta nell'occhio del tempo
Editore
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 1
Maneggiare con cura
Questo romanzo esce nel ’68 e cerca di porsi nella scia della fantascienza che evita di prendersi troppo sul serio inaugurata dalla ‘Guida galattica per autostoppisti’. Il miscuglio di questi due aspetti si rivela peraltro assai deficitario, finendo per sfociare in qualche stanca combinazione di sesso&droga e in un raccontare che vuol essere umoristico, ma non ci riesce quasi mai, facendo sì che il libro sembri l’analogo cartaceo di un film di Ed Wood. Il che, dopo un’iniziale antipatia, fa sì che la lettura generi una certa qual tenerezza per questo sconclusionato fumettone – l’accostamento con i comics di grana più grossa è confermato dall’assoluta superficialità di personaggi e situazioni – spingendo a proseguire verso l’ancor più strampalato epilogo. Già il fatto che l’universo del ventottesimo secolo sia diviso tra una Svizzera confederata (dove tutti sono pragmatici, razionalisti nonché dediti a un’ossessiva cura del corpo tanto da non indossare altro che costumi da bagno di paillettes) e un minoritario Israele ancora legato alla spiritualità seppure nella sua variante oscurantista lascia non poco perplessi: comunque è qui che due istruttori di educazione fisica, in compagnia di un gruppo di liceali a cui devono badare e a un paio di loro insegnanti, iniziano una sorta di giro galattico per giungere a un pianeta che consente i viaggi nel tempo. I due si alternano a narrare, anche se non sono sempre distinguibili almeno fino alla seconda metà della vicenda, e così, tra una società goduriosa e un’altra penitenziale (divertente però l’idea degli scozzesi piazzati su di un mondo ferocemente inospitale – Earnshaw è gallese) si giunge a quello eponimo e al salto temporale… nella Gerusalemme che sta per processare Gesù. L’insana pensata si giustifica solo con lo scopo dello scrittore di dare un ulteriore colpo alle credenze religiose, ma pure quest’occasione risulta sostanzialmente sprecata, con i protagonisti che se ne ritornano ben presto schifati per una frettolosa conclusione che resta pencolante come il sentierino che conduce all’artigianale macchina del tempo.