Il condominio
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Lo specchio del declino della condizione umana
La repentina discesa nella barbarie umana di un condominio di duemila abitanti, specchio inquietante della società in declino. Sù, in alto, agli ultimi piani del grattacielo vivono i privilegiati membri dell'upper class, guidati Anthony Royal, che è anche uno degli architetti della struttura. Nei piani centrali e inferiori tutti gli altri, fra i quali spicca la figura di Richard Wilder, tutti dominati dalla brama di conquistare piano dopo piano sempre più potere verso la vetta. E sullo sfondo un terzo protagonista, un medico, il dottor Lang, più interessato anche morbosamente alla sorella che alla vita del condominio. E' una guerra fratricida fra clan, classi sociali, quella che vediamo rappresentata nelle pagine di questo visionario e inquietante romanzo nello stile della poetica del suo autore, dove piano piano tutti i vincoli sociali, morali ed etici vengono meno, incesto e cannibalismo compresi. Lettura consigliata anche se ritengo non per tutti i palati. Ma ogni tanto un pugno nello stomaco è salutare.
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Discesa agli inferi
Un enorme grattacielo nel cuore metropolitano a simboleggiare una piccola città, duemila abitanti incastonati nel cielo, tre classi sociali distinte secondo uno sviluppo verticale, un’ organizzazione vitale che insegue lo spazio, la luce ed i piaceri connessi ad una sfumata, sottile, forma di anonimato.
Il grattacielo è un’immensa macchina non collettiva ma individuale, un punto di arrivo per sfuggire ad ogni genere di rapporto.
I suoi abitanti rappresentano il nuovo modello esistenziale di fine secolo, caratterizzato dal rapido avvicendarsi delle conoscenze, dallo scarso coinvolgimento degli altri, dalla totale autosufficienza di una vita che, non avendo bisogno di nulla, non può patire delusioni.
Più’ la vita, li’ dentro, si fa arida ed anaffettiva, maggiori sono le possibilità offerte, a rappresentare il perfetto modello d una tecnologia espressione di una psicopatologia autenticamente libera.
Vivere qui richiede un comportamento acquiescente, controllato, forse anche un po’ folle, nel grattacielo uno psicotico si troverebbe a suo agio.
Vi risiedono un insieme apparentemente omogeneo di professionisti ad alto reddito strutturati in tre aree disunite ed ostili, con una distinzione sociale classica, qui potere, capitale, egoismo sono di casa.
Che cosa accadrebbe se un giorno, improvvisamente, questo status quo venisse azzerato e capovolto, se un blackout di alcune aree condominiali annullasse distinzioni e privilegi, se anarchia ed autarchia prendessero il sopravvento, in un realismo fatiscente e spudorato?
Nuovi equilibri, un caos organizzato, il tentativo di preservare la “ specie “ e una lotta senza confini per la sopravvivenza, scalando il grattacielo, difendendo i diritti acquisiti, scoperchiando tutto il marcio da sempre presente. Feste di ubriachi, risse, saccheggi negli appartamenti vuoti ed aggressione agli inquilini isolati.
Il blackout andrà espandendosi, rendendo la vita impossibile, un’ erosione lenta e costante, una valanga psicologica verso il basso, coinvolgendo direttamente gli inquilini dei piani alti, in un sovvertimento dove abbondano torture, atrocità, anarchia, una guerra di una civiltà dissolta, isolati dal mondo esterno divenuto un’oasi di pace, mentre qui imperano violenze notturne, pareti coperte di slogan, oscenità e liste di appartamenti da devastare.
La separazione del grattacielo dall’ esterno segnerà una nuova era, senza alcuna struttura sociale, con la dissoluzione dei clan, inscenando piccoli gruppi di assassini e cacciatori solitari.
Esso conserva un assetto immodificato, da’ ancora protezione e sicurezza, i suoi inquilini continuano a produrre grandi quantità di rifiuti, ma va affermandosi un nuovo ordine e tre ossessioni: sicurezza, cibo, sesso.
La sera il condominio si chiude in se stesso, buio e silenzioso, come se tutti oltrepassassero una zona di confine, la notte per sfuggire al terrore ci si rifugia nel proprio appartamento.
Si potrebbe affermare che qui la vita comincia ad assomigliare a quella del mondo esterno: le stesse crudeltà e violenze celate entro una serie di cortesi convenzioni e, paradossalmente, nella dissoluzione più estrema, la meta finale è la costituzione di un regno in cui gli impulsi devianti siano finalmente liberi di manifestarsi.
“ Il condominio “ presenta una visione dissolta e distopica di una società corrotta, marcia, amorale, un luogo costruito per l’ assenza dell’ uomo in sua presenza, esito della volontà onnipotente di colonizzare il cielo, mentre il bieco e maligno pettegolezzo demonizza gli inquilini dei piani superiori ed una nuova organizzazione individuale considera affetti, emozioni, preoccupazioni come mostri di insensibilità ed indifferenza.
In verità tutto e’ già presente nella premessa, un modello di socialità asociale pronta a rendere possibile l’ impossibile, a trasformarsi in un incubo, tratteggiando protagonisti diversamente uguali, scene paradossali e tragicomiche, un eccesso che ne è’ il limite estremo.
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Casa dolce casa....
Questo libro è corrosione ed erosione. L'incipit è destabilizzante, con il professor Laing che sta mangiando carne di cane.... Per Ballard gli aggettivi certo non mancano: surreale, feroce, distopico, violento, grottesco, barbarico, allucinatorio, orrorifico, disturbante.... Questo tipo di letteratura e di vera e propria filosofia del vivere o la si ama o la si odia. E' legittimo chiedersi se la visione dell'opera di questo autore, presa in toto, abbia un filo conduttore comune. Effettivamente l'estremizzare è funzionale sempre e comunque ad un'idea di fondo che vede l'uomo inevitabilmente preda di un regresso prima che fisico etico. In questo romanzo feroce si descrive e si segue passo dopo passo il progressivo imbarbarimento degli inquilini di un condomino elitario, esempio di evoluzione tecnologica riservata a pochi, ma bene presto trasformatasi in sublimazione negativa di tutte le schizofrenie umane. Si descrivono due piani distinti: l'esterno, ove la massa residente si reca per andare a lavorare, e l'interno, il condominio di mille alloggi, ove pian piano gli abitanti si ritirano come in una prigione volontaria, e all'interno del quale si svolgono feste degenerate in sabba, abusi di ogni genere e violenze sempre più efferate sino all'omicidio. Tre personaggi principali si muovono in questo contesto: Richard Wilder (atletico pseudo regista televisivo), Robert Laing (professore di medicina) e Anthony Royal (anziano architetto progettista dell’edificio). Ciascuno di essi rappresenta una classe sociale differente, con una graduale importanza , a seconda del piano occupato. Il primo anela a salire sino all'ultimo piano, il secondo cerca stabilità nel mezzo, il terzo è al vertice e si abbandona ad un misticismo al quale si aggrappa anche quando gli eventi drammatici consiglierebbero di abbandonare lo stabile. Nel narrato tutti i confort che il grattacielo fornisce (piscina, centro commerciale, ascensori ad alta velocità, scuola materna, giardino pensile etc…) divengono luoghi di regressione primitiva e violenta. La struttura del grattacielo inizialmente presenta confini: i primi nove piani sono occupati dal “proletariato” (tecnici, operai specializzati..) dai quali inzia una sorta di rivolta. Dal decimo piano alla piscina e alla terrazza-ristorante del trentacinquesimo abbiamo la “borghesia” costituita da membri delle professioni, accentratori e egoisti ma relativamente tranquilli: medici e avvocati ecc.. Sopra la medio alta borghesia si trovano i residenti elitari, i “nobili” capitantati dall'architetto artefice: una classe superiore costituita da una ristretta oligarchia di piccoli magnati e imprenditori. Gradualmente si acuiscono antagonismi bellicosi e violenti tra gli appartenenti alle diverse classi sociali. Questi scontri provocano un blocco elettrico di quindici minuti che fa esplodere alterchi, furti e violenze di ogni tipo e sempre più tribali. Il grattacielo diviene preda di prepotenze e prepotenti, e si instaura velocemente la legge del più forte. Delitti, sopraffazioni, sabotaggi mirati agli ascensori per impedirne l'uso divengono quotidianità. Gli abitanti distruggono mobili e creano con essi barricate integrate concumuli di rifiuti. La mancanza di cibo e acqua spinge fino al cannibalismo e gruppi di facinorosi si spingono a organizzare spedizioni punitive. Il condominio vede infine gruppi assurti a veri clan tribali che cercano la conquista dell’edificio con morbosità collettiva. Il romanzo rimane “aperto”, e come detto inizialmente crea disagio e pone un quesito che ogni lettore deve personalmente affrontare: ci troviamo di fronte ad un genio o ad un provocatore? Personalmente penso ad entrambi....
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Qual è il tuo posto nel condominio sociale?
Anche la persona più sensibile e impressionabile non può evitare di essere attratta in modo a volte morboso dalla violenza; quando si verifica un incidente, in molti si radunano per lanciare uno sguardo seppur fugace, pur rendendosi conto che potrebbero trovarsi di fronte dei morti o dei feriti gravi. Ed è probabilmente questa la stessa attrazione innaturale che sperimentano i personaggi de “Il condominio” quando, prima trovano più difficoltoso lasciare il grattacielo e smaniano per farvi ritorno, e poi scelgono di non uscirne più.
La storia è ambientata in un complesso residenziale alla periferia di Londra; sebbene il romanzo sia stato pubblicato nel 1975, esso presenta diversi elementi che si potrebbero definire quasi futuristici, quindi è arduo collocarlo dal punto di vista temporale. Nel complesso sono in costruzione cinque condomini, tra i quali quello “protagonista” della vicenda che inizialmente è il solo ultimato.
La trama ha il via nel momento in cui viene raggiunta la “massa critica”, ossia quando tutti gli appartamenti sono abitati: questo fa sorgere dei problemi nella struttura, specialmente nell’impianto elettrico, ma questi sono soltanto la scintilla che innescherà in breve tempo ben altro, nella mente stessa dei condomini.
Il lettore diventa così il solo testimone di una serie di atti dalla violenza sconcertante, nonché alla regressione dei personaggi a uomini primitivi, associati in clan; quando si inizia a pensare che la situazione non potrebbe peggiorare ulteriormente, questi rozzi gruppi si scindono e la natura animale dell’uomo prende il sopravvento, tanto che i superstiti si barricano in appartamenti ormai divenuti tane ed abbandonano il dialogo in favore di un linguaggio primigenio fatto di grugniti disarticolati.
È da notare come sin dall’inizio si palesano delle rivalità e dei dissapori tra i condomini; il grattacielo stesso si dimostra una vera e propria rappresentazione della piramide sociale, divisa idealmente in tre blocchi verticali in base alla ricchezza ed la prestigio dei suoi abitanti.
Tutti gli inquilini diventano carnefici o vittime (o entrambi) degli atti di violenza. Il lettore potrà inoltre osservare come molti dei personaggi documentino con foto, registrazioni audio o video queste barbarie, ma non per portare le testimonianze al mondo esterno bensì con il solo scopo di poterle rivedere in un secondo momento.
Tra i numerosi personaggi spiccano tre uomini che potrebbero essere identificati come i protagonisti dal momento che il narratore esterno incentra sempre i capitoli su uno dei loro POV. Ognuno di loro è inoltre la personificazione di una delle tre fasce sociali che, come accennato prima, caratterizzano il condominio: nell’attico dell’ultimo piano abita Royal, uno degli architetti autori del complesso, il cui scopo è regnare (da qui il nome) sull’intero condominio; nella zona centrale troviamo il dottor Laing, che mediocremente si accontenta di sopravvivere nell’appartamento in cui si è barricato con le sue donne; il più dinamico del trio è il regista di documentari Wilder che, mosso dal pretesto di un reportage sulla vita nel complesso, tenterà una scalata all’edificio.
Per quanto particolare, la storia non mi è sembrata del tutto originale, perché molti elementi ricordano “Cecità” di José Saramago, specie nell’ambientazione e nelle scene di violenza; d’altro canto il rapido cambiamento da una situazione potenzialmente utopica (il nuovo condominio pieno di servizi e confort) ad una distopia di stampo psicologico, farà venire in mente a molti “Il signore delle mosche” di William Golding.
A rendere però caratteristico ad unico questo romanzo sono però lo stile che a tratti fa pensare ad un documentario, con tanto di aggiornamenti ad ogni capitolo sullo stato di degrado in cui versa l’edificio. La narrazione è molto veloce, per adeguarsi alla rapida discesa nella violenza e nelle barbarie; le azioni hanno molto spazio, mentre esso viene sottratto ai dialoghi e alle descrizioni, davvero essenziali.
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Verso gli inferi in ascensore
Ragazzi, ne ho letti di libri crudi, ma questo li batte tutti a mani basse. Non sono uno che si impressiona facilmente, ma devo dire che questo libro mi ha messo a dura prova. Qui non stiamo parlando della violenza verosimile e "sensata" del McCarthy de "La strada", ma di una violenza spesso e volentieri gratuita, una violenza di cui l'autore non va ad indagare i motivi a fondo.
Se devo essere sincero, capisco la volontà di far passare un messaggio, di creare una metafora che sia abbastanza da sconvolgere il lettore riguardo alla frivolezza della società, delle sue divisioni, dei litigi spesso immotivati di cui è il palcoscenico, ma secondo me da una buonissima idea si è degenerato nel galà della violenza immotivata. Quella che critico più aspramente è l'occasione sprecata, perché l'idea è davvero molto intelligente: ricreare la stessa struttura sociale in cui l'umanità si divide ormai da secoli all'interno di un grattacielo colmo di inquilini, in cui la classe (bassa, media, alta) è rappresentata dal piano di appartenenza.
Questo libro mi ha portato alla mente più di una volta il 1984 di Orwell e l'universo di Bioshock, ma il suo sviluppo non può minimamente competere con tali mostri. Mi è parso che, più che indagare i motivi che spingono gli esseri umani a fare cose che neanche gli animali, li si consideri direttamente senza speranza e li si lasci cadere nella propria miseria senza possibilità di scampo e senza riflessioni. Il messaggio che è passato, almeno a me, è che in tali condizioni l'essere umano sia destinato a finire in questo modo, in un brutale ritorno al primitivo, senza se e senza ma. Non ne sono poi così convinto, sinceramente, e l'autore avrebbe dovuto fare meglio per sostenere la sua tesi. Oltretutto, anche se il degrado crescente è perfettamente palpabile, l'autore ci arriva ripetendo fino allo sfinimento gli stessi concetti, facendoci vivere una miriade di noiosi deja vù: sviluppato in questo modo, il libro poteva benissimo essere lungo la metà, e non è già troppo grande.
Tutto ha inizio con la vita apparentemente normale di un condominio, un grattacielo di quaranta piani con circa duemila inquilini. A parte le solite scaramucce che sono cosa normale anche in un piccolo condominio, nel grattacielo la vita scorre normalmente: gli inquilini vanno al lavoro, al supermercato e alla piscina del decimo piano, stringono amicizie e inimicizie, si divertono alle feste organizzate da alcuni condomini dove l'alcool scorre a fiumi. Tuttavia, fin dall'inizio si sente qualcosa di strano, come una tensione di sottofondo pronta a scoppiare al primo evento sopra le righe. Quando quel qualcosa accadrà, le normali festicciole notturne lasceranno spazio al caos più totale e i piccoli dispetti che gli inquilini si facevano a vicenda si trasformeranno in verie e proprie cattiverie, fino a degenerare in quel che di peggio possa fare un uomo.
I protagonisti sono il dottor Laing, Richard Wilder e il signor Royal, rispettivamente rappresentanti della classe media, bassa e alta del grattacielo. Assisteremo all'assurdo degrado della nuova società istituita nel grattacielo, che si è completamente isolato dal mondo esterno, e alla reazione di ogni classe a questi cambiamenti.
Occasione sprecata.
"Il grattacielo aveva creato una nuova tipologia sociale, una personalità fredda e antiemozionale, insensibile alle pressioni psicologiche della vita di condominio, con esigenze minimali in fatto di privacy e capace di prosperare, come una macchina di nuova generazione, nell'atmosfera neutra. Era il genere di abitante che si accontentava di restare seduto nel suo carissimo appartamento a guardare la televisione senza audio, aspettando che i suoi vicini commettessero un errore."
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Bioshock: Rapture di John Shirley
L'abbruttimento sociale
Astenersi stomaci deboli.
Vietata la lettura a coloro che non sopportano vedere rappresentata (seppur attraverso una eccessiva metafora) la parte più "bassa" dell'essere umano, la più decadente, degradata...mi verrebbe da dire "bestiale", ma poi, pensandoci bene, gli animali certe cose non le fanno!!!
Immaginiamo una comunità di circa 2000 persone che vivono in una scatola super-lussuosa che punta verso il cielo, una città verticale (un grattacielo di 40 piani appunto)...dove l'ascesa verso i piani più alti sta a rappresentare una sorta di scalata sociale.
Dai proletari ai liberi professionisti, passando per la media borghesia.
L 'esplosione di violenza sarà spiazzante...
Non ci sarà un vero e proprio fattore scatenante, se non piccoli inconvenienti tecnici, che porteranno ad una profonda "regressione" di tutti i condomini, perché, in realtà, sono proprio le differenze sociali alla base del forte antagonismo, che ben presto sfocerà in odio, cattiveria, follia pura...
L' incalzante involuzione ad "esseri" (perché usare il termine "uomini" proprio non mi riesce) privi di qualsiasi morale, buonsenso e civiltà, va di pari passo con la totale mancanza di igiene personale, che anziché portare disagio, diviene valore aggiunto, segno di riconoscimento e dominio sull'ambiente.
Il Condominio diventa un microcosmo pieno di violenza, alcool, sesso, miseria e abbruttimento, dal quale gli abitanti non vogliono più uscire, disconoscendo il mondo esterno, e crogiolandosi nel sudiciume materiale, ma anche e soprattutto in quello interiore e morale.
Un regno dove dare libero sfogo agli impulsi più beceri e anormali.
Io posso capire il punto di vista e il messaggio dell'autore, questo voler liberare gli uomini da tutte le imposizioni e restrizioni sociali, mettendo a nudo la parte più istintuale nascosta sotto la tendina della buona educazione e del vivere civile...ma, davvero, faccio fatica a credere che sotto le sovrastrutture sociali che ci costruiamo ci sia tutto questo marciume.
No.
Non ci sto.
Per certi versi mi ha ricordato un po' la violenza e la disperazione dei ciechi di Saramago, ma lì c'era una causa di fondo, una lotta per la sopravvivenza e, soprattutto una luce in fondo al tunnel...qui è tutto gratuito, immotivato e disperatamente definitivo.
Un bel libro. Scritto molto molto bene.
Inquietante e piacevolmente disgustoso.
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Circostanze di regressione umana
La vicenda ha luogo all’interno di un grattacielo londinese, facente parte di una mega struttura di quattro altri immobili gemelli, ancora in fase di costruzione, in un tempo indefinito nel prossimo futuro. Quaranta piani con oltre mille appartamenti, di variegata ampiezza, e un totale di circa duemila abitanti che vivono in un ambiente dotato di tutte le comodità e servizi utili alla collettività tanto da essere quasi autonoma; infatti ci sono piani “dedicati” forniti di supermercato, piscina, scuola materna, palestra, ristorante e altro; l’edificio appare strutturato in maniera gerarchica in relazione al piano di appartenenza…appartamenti più piccoli ed economici nei piani bassi e via via che si sale su piani più elevati aumentano dimensioni e costi. Anche la cosiddetta “popolazione” è formata da personaggi più o meno benestanti e sicuramente abbienti.
Quindi un luogo ambito in cui ogni persona, coppia o famiglia anelerebbe ad acquisire una unità immobiliare in tale contesto moderno e super tecnologico. Ma gli accadimenti che si susseguono nel tempo smentiranno l’idea di oasi di pace e tranquillità indirizzata all’essere inquilino di questo super grattacielo. E’ sufficiente un piccolo guasto all’impianto elettrico tale da provocare una specie di ribellione che genera successivi disagi a catena a similitudine di un’epidemia inarrestabile fatta di soprusi, angherie e violenza.
La situazione degenera in maniera da far prevalere la prepotenza e la legge del più forte; i regolamenti condominiali e il vivere civile diventano una meteora; in quasi tutte le persone si instaura una regressione umana tale da creare clan e sottoclan con propri leaders che tendono ad avere il controllo totale di tutto l’ambiente circostante. L’essere umano diventa aggressivo pur di sopravvivere a situazioni impreviste.
La riflessione è molto semplice: in condizioni ottimali di esistenza ogni persona tende a seguire le regole, le leggi e le norme morali che fanno parte di una società che, pur con i suoi intrinseci difetti, garantisca un certo benessere psico-fisico e assicuri la quotidianità dettata dai nostri bisogni primari, economici, affettivi e soddisfazioni. Molto simile alla piramide del Maslow, psicologo statunitense, che espose, negli anni cinquanta, la teoria della gerarchia emozionale integrante le varie necessità umane in maniera tale da aver soddisfatto le necessità primarie prima di poter affrontare bisogni superiori fino al senso di stima da parte del prossimo e all’autorealizzazione.
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"Basic instincts"
La giungla, la tribù, i rituali, il sapore del sangue, la violenza bruta: non abitano nessun posto in particolare, se non l'uomo.
Il messaggio di Ballard è chiarissimo, e si manifesta nel luogo che dovrebbe essere il più lontano possibile da una regressione allo stato primitivo. Vicino alla city londinese sorge un nuovo complesso residenziale: un grattacielo di 40 piani, 1000 appartamenti, svariati negozi, un centro benessere, la piscina, un supermercato, una banca, una scuola materna, e altro. Una costruzione superaccessoriata e autosufficiente.
Finché un black-out precipita nono, decimo e undicesimo piano nel buio, e prelude allo scatenarsi dei conflitti latenti: per individui abituati ad avere tutto ciò di cui hanno bisogno, la mancanza di certezze genera un escalation a ritroso, il progressivo ritorno allo stato bestiale.
L'odore della paura supera la tendenza all'isolamento che conduce i condomini a rifugiarsi dietro le loro 1000 porte: spuntano fuori le prime bande, rivaleggiano per il controllo degli ascensori (come altro spostarsi rapidamente in un edificio così grande?), lo scivolo dell'immondizia si intasa, vetri rotti compaiono su tutti i pianerottoli dei piani bassi, il cadavere di un levriero afghano galleggia in piscina. Il primo morto è a un passo...
“Attento, Laing, o la moglie di qualche broker è capace di evirarti con la stessa perizia con cui leva l'osso a un paio di avocados”.
La via del progresso? O un mesto vicolo cieco?
James Graham Ballard pesca una perfetta metafora per rispondere alla domanda: una cattedrale nel deserto spirituale, che diventa insidia, trappola, pericolo incombente, mattatoio.
Nell'insania che degenera in insensata violenza, si avverte addirittura l'eco di alcuni film di guerra (“Apocalypse now”, “Full metal jacket”), magari venuti dopo la scrittura di questo romanzo. Ma non tutto è motivato da regressione allo stato bestiale: l'elemento sociologico geniale è nella suddivisione del fabbricato per classi sociali, dove i meno abbienti (pur sempre dei borghesi della middle-class) sono collocati nei piani bassi, mentre i ricconi soggiornano placidamente ai piani alti (dove il riverbero dei massacri iniziali non arriva).
Non sempre la narrazione è sorretta dallo stile di scrittura, che sembra avvolgersi su se stesso sino a diventare oscuro, involuto e a non delimitare più le esatte caratteristiche dei vari personaggi. In realtà a Ballard manca la narrazione geometrica di Isaac Asimov, o la brillante sregolatezza di Philip K. Dick. Ma forse quello messo in campo è anche un effetto voluto: man mano che l'umanità del grattacielo diventa tribù, setta, massa informe – agendo (nei diversi momenti) come tanti corpi con un'unica testa, o addirittura senza testa – viene meno anche la necessità di distinguere gli uni dagli altri...
Il grattacielo: “il perfetto modello di tutto ciò che la tecnologia aveva fatto per rendere possibile l'espressione di una psicopatologia autenticamente libera”.
Il condominio
L'attenzione del Ballard degli anni Settanta si è spostata dalle catastrofi naturali a quelle sociali e in questo libro il suo pessimismo raggiunge una delle punte più acide, ma il risultato finisce per essere inferiore alle promesse iniziali. Gli abitanti di un gigantesco e lussuoso complesso residenziale regrediscono lentamente verso lo stato di natura non appena nei loro costosissimi appartamenti iniziano a emergere inattese magagne sottolineate da black-out sempre più lunghi e diffusi. Lasciati a loro stessi, si rinchiudono in pratica nell'edificio dando inizio dapprima a una serie di feste sfrenate che ben presto degenerano in una sorta di guerra senza quartiere. In una fase iniziale, lo scontro ha i connotati della lotta di classe, con la ricchezza e il benessere che aumentano salendo verso l'alto, ma poi anche questi tenui legami saltano e il tutti contro tutti ha come conseguenza il sorgere di nuove aggregazioni che paiono prendere spunto dai tempi delle caverne. Come si vede, un'idea di base forte e complessa, il cui sviluppo però non soddisfa pienamente, forse perchè il materiale avrebbe potuto essere più efficacemente trattato in un racconto anzichè con un romanzo che, in varie parti, segna un certo calo di tensione narrativa. A parte il fatto che la sospensione dell'incredulità dev'essere forte per ammettere che una comunità di migliaia di persone venga ignorata dal mondo esterno per tre mesi benchè faccia di tutto per non passare inosservata, quello che manca è una linea narrativa forte che sappia fare da catalizzatore per i vari spunti disseminati qua e là. L'attenzione si sposta tra tre personaggi principali, anch'essi molto caratterizzati socialmente: il ricchissimo architetto Royal, che ha progettato il palazzo, l'altoborghese dottor Laing - un medico che non ha mai curato nessuno e conferma la sua ignavia lungo la vicenda - e il fotografo Wilder, esponente della piccola borghesia che si mette in testa di sfidare Wilder realizzando una specie di scalata (alla lettera) sociale. Attorno a loro, circola una folla di figure, ognuna con la sua bella dose di nevrosi e follia, che devono lottare per una non facile sopravvivenza: fra di esse, le donne hanno un ruolo assai subalterno, da vittima sacrificale, il che ha dato origine a qualche accusa (forse non così campata per aria) di misoginia. In ogni caso, l'atmosfera che permea queste pagine, sono poco più di duecento, è contrassegnata da una bella dose di claustrofobia e angoscia che finiscono per insinuarsi sotto pelle al lettore anche perchè si finsice per pensare che su molti aspetti l'autore abbia ragione: peccato perciò che l'effetto venga rovinato da uno sviluppo non all'altezza.
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Zoo verticale
Contenuti molto attuali in questo romanzo di J.G. Ballard, il quale immagina un condominio ultra moderno ed isolato dal resto del mondo come cartina tornasole della società.
Il fabbricato è strutturato seguendo un ordine gerarchico basato sulla disponibilità economica, i meno abbienti stanno ai piani bassi, i più ricchi in alto, quasi a toccare il cielo come divinità del nuovo credo consumistico.
Ballard si lancia in una disamina al vetriolo della natura umana rimasta invariata nei secoli nonostante il perfezionamento tecnologico. Il condominio infatti si tramuta in un mattatoio nel momento in cui l'assenza di regole espone ad un decadimento morale/comportamentale.
E' l'istinto animalesco a prevalere, gli inquilini si scagliano l'uno contro l'altro, dapprima irritati da alcune tipiche scaramucce da vicinato poco cortese, quindi da problemi inerenti la tanto decantata sicurezza e comodità, per poi implodere in una vera e propria guerriglia.
La regressione scorre di pari passo con l'azzeramento lento ma inarrestabile di quell'avanguardia scientifica così tranquillizzante; la storia vede ancora una volta opposti chi non ha nulla e chi ha fatto dell'opulenza il suo stile di vita, mentre lo status primitivo impera raggiungendo i più bassi istinti inerenti la mera sopravvivenza e la riproduzione.
Non c'è una vera causa scatenante, Ballard è irremovibile nel pensare all'uomo come al predatore più spietato, l'unico al mondo incapace di gestire una convivenza mirata al benessere della comunità . Alla base di questo disfattismo c'è anche l'innegabile distacco dal reale, il condominio è un microcosmo indipendente con le sue zone "bene" e i suoi ghetti. Una sorta di fortezza da cui non vi è più bisogno uscire: supermercati, palestre, negozi, locali, ristoranti sopperiscono ad ogni bisogno lasciando le persone in uno stato di impasse evolutiva.
Forse Ballard vede addirittura oltre, nel 1975 conosce il futuro che attende l'umanità, il condominio è (mi si perdoni la metafora azzardata) il centro commerciale di oggi.
« Senza saperlo, [Royal] aveva costruito un gigantesco zoo verticale, con centinaia di gabbie accatastate l'una sull'altra. E allora, per cogliere il senso di tutti i fatti avvenuti nei mesi precedenti, bastava capire che quelle creature brillanti ed esotiche avevano imparato ad aprire gli sportelli. »