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I testamenti

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«Il racconto dell'ancella» si chiude con una porta sbattuta sul futuro di Difred. Per anni i lettori sono rimasti nel dubbio di cosa ne sarebbe stato di lei... Libertà, prigione, morte? «Questo libro nasce da tutte le domande che mi avete fatto su Gilead e i suoi meccanismi interni. Beh, non solo da questo. L’altra fonte di ispirazione è il mondo in cui viviamo oggi» Margaret Atwood



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I testamenti 2020-05-22 13:57:04 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    22 Mag, 2020
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Tra presente, passato e futuro

Dopo trentacinque anni da “Il racconto dell’ancella” torna in libreria Margaret Atwood con un componimento, “I testamenti”, volto a offrire le risposte a quelle domande lasciate irrisolte nell’universo maschilista conosciuto. Siamo alla fine del ventiduesimo secolo e ad intessere il mistero vi è un documento olografo a cui si affiancano le testimonianze di due donne e una iscrizione che ne comproverebbe l’autenticità. Ma cosa ne è stato di Difred? Quale è stato il suo destino?
Tre le voci che conducono le fila (quella della Zia Lydia che trascrive il manoscritto, quella di Agnes Jemina, cresciuta nel regno, e quella di Nicole, cresciuta al suo esterno), molteplice è l’asse temporale che si sposta tra presente e passato in un continuo di ipotesi che non sempre riescono a trovare risoluzione.
Questa continua alternanza di narratori e di spazi/salti temporali tende a confondere il lettore che durante la narrazione perde parte dell’interesse ravvisando nell’elaborato elementi che risultano forzati. È difficile immaginare una certa inamovibilità e staticità di fatti, circostanze e realtà descritta a così tanta distanza dal primo volume.
Mutano anche le emozioni provate. Ne “Il racconto dell’ancella”, che già mi aveva parzialmente conquistata lasciandomi perplessità e dubbi, l’espressione prevalente era quella di un senso di apnea, di oppressione, non ravvisabile in questo nuovo testo ove le situazioni faticano ad essere percepite quali concrete e veritiere.
Nel complesso la trama scorre, lo stile è rapido ma manca qualcosa e quel qualcosa è nel contenuto che è come se fosse eviscerato del suo essere. Convince soltanto in parte.

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I testamenti 2020-02-16 08:04:37 Alice
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Opinione inserita da Alice    16 Febbraio, 2020

LA PERFEZIONE (QUASI)

Da dove cominciare a parlare di questo libro, che la maggior parte dei lettori mondiali del genere distopico stava aspettando come si aspetta l’arrivo di Babbo Natale? Iniziamo dal dire, togliendoci subito dall’impaccio, che il libro è un capolavoro! Se possibile, ancora meglio del suo predecessore “Il racconto dell’ancella”, anzi no, è migliore e infatti è, per ora, il miglior libro che la sottoscritta abbia letto nel 2019. E con queste premesse vediamo di riallacciare tutti i pensieri che ho in testa e cercare di spiegarvi perché DOVETE ASSOLUTAMENTE ACQUISTARE questo romanzo.

Partiamo dal raccontare qualcosa della trama, che sarà ben poca cosa, perché raccontando la trama si rischia di spoilerare la qualunque e togliere i vari colpi di scena che vengono narrati nel libro e parlo soprattutto per chi ha già letto “Il racconto dell’Ancella”, che in questo sequel tanto atteso, scoprirà chi e cosa è stato a far cadere il regime teocratico di Gilead – cosa che chiunque di noi aspettava con ansia di sapere. Sì, perché tutti, finendo l’ancella avevamo inteso che Gilead era caduta in modo alquanto rovinoso, ma non sapevamo come, perché e chi. Ecco: qui avremo le risposte a cui anelavamo. E saranno risposte scioccanti. La storia dei Testamenti, parte quindici anni dopo i resoconti su audiocassetta lasciati da Difred e si snoda su tre personaggi molto importanti. Il primo lo conosciamo bene, Zia Lydia, una delle fondatrici delle Zie che sta scrivendo un lascito apocrifo per un lettore futuro. Il secondo è una ragazzina di Gilead, Agnes Jemima, figlia di un Comandante che dopo la morte della madre scopre che non è figlia dei due, ma di un’Ancella che è scappata. Il terzo personaggio è una ragazzina di appena 16 anni che vive in Canada, quindi libera, ma dopo che i suoi genitori muoiono in un attentato, scopre che è la figlia di un’Ancella fuggita da Gilead.

Purtroppo mi fermo qui, perché sennò racconterei troppo e, come sempre, non voglio fare spoiler. Sappiate solo che già dai primi capitoli succedono cose che vi lasceranno a bocca aperta.
La Atwood ci ha fatto aspettare ben 34 anni per scrivere questo sequel e in questi anni sembra che nulla sia cambiato, anzi, se proprio devo dirla tutta, la situazione mondiale è anche peggiorata. E di molto. Ritroviamo qui dentro l’abiura completa delle dittature, dei populismi e dei rigurgiti di nazionalismo che infestano i nostri giorni. Troviamo l’urlo silenzioso delle donne di tutto il mondo, quelle donne che vengono vessate, silenziate, violate, usate per i propri abietti piaceri, picchiate, segregate e uccise come se fossero di proprietà dell’uomo. Come se fossero un trofeo da mostrare e buttare in soffitta quando non serve più. Questo libro è intriso di femminismo in ogni pagina, in ogni riga e in ogni parola. Ma, attenzione, non parliamo di un femminismo atto a rovesciare un ordine precostituito da alcuni individui, ma un femminismo che serve solo per poter vivere meglio la condizione di donna. La Atwood in questo è una vera ape regina, una donna a cui guardare e prendere esempio per cercare di elevarsi a rango di letterata ed è per questo che una delle cose che vengono vietate alle donne di Gilead è l’imparare a leggere e scrivere. Leggere è la forma di libertà più grande che possa esistere e vietarlo porta all’ignoranza, che porta al populismo e a credenze sbagliate e che oscurano le verità a cui dovremmo ambire tutti, uomini e donne.

Nel libro ho ritrovato anche delle citazioni a George Orwell che mi hanno fatto emozionare, come quando Zia Lydia, parlando al Comandante degli Occhi, Judd dice: “Certe volte, due più due fa veramente quattro”, il contrario della frase che in “1984” , McCarthy ripeteva a Winston per “indottrinarlo” alla politica del Partito (“2 + 2 = 5”) . E non sono certo le uniche somiglianze con il grande romanzo di Orwell, per esempio posso nominare la “particicuzione” e riportarla alla mezz’ora d’odio di “1984” e poi riportarla nella realtà a quelle trasmissioni televisive dove tutti urlano contro tutti – e farebbero anche altro se lasciati liberi.
Il libro si legge benissimo. I capitoli sono della lunghezza giusta, né corti né lunghi e la scrittura è ritmata e frizzante. Rispetto al “Racconto dell’ancella” credo di poter dire che la traduzione odierna ha fatto molto per alleggerire questo nuovo libro. Il “Racconto dell’ancella”, essendo stato scritto nel 1985 aveva una scrittura adatta a quel tempo, più ridondante e cupa, mentre questo libro, essendo stato scritto ora, rappresenta di più il parlato odierno e quindi risulta più semplice da leggere e capire.
L’unico neo, se così vogliamo chiamarlo, è stata la scelta di non tradurre i nomi delle Ancelle e lasciarli con i nomi inglesi. Ad esempio noi conosciamo difred e non “offred” e la conosce come difred anche chi sta seguendo il serial di grande successo “The Handmaid’s tales” (giunto alla terza stagione, dove seguiamo passo passo la lotta dell’ancella più famosa per rovesciare Gilead, che si vá ad inserire tra i due libri come racconto spazio-tempo). Cosa che non inficia il mio giudizio di capolavoro per questo libro.

Alla fine, posso affermare senza paura di essere corretta che Margaret Atwood è la vera madrina del genere distopico classico e tutti gli scrittori/lettori che si approcciano a questo genere dovrebbero avere un suo santino nel portafoglio e prendere esempio da lei e da quello che vuole comunicare con i suoi libri (ricordo che ne ha scritti decine, andate a fare una ricerca sugli store online).
Insomma, leggetelo. Leggetelo. Leggetelo.
Vi innamorerete come mi sono innamorata io di questo genere, vero termometro dei problemi che affliggono il nostro bel pianeta.

Ps: sarà per questo che sta avendo così successo in questi ultimi mesi e stanno uscendo parecchi libri distopici?

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Il racconto dell'ancella
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I testamenti 2019-10-08 18:18:54 martaquick
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martaquick Opinione inserita da martaquick    08 Ottobre, 2019
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LA VITA 15 ANNI DOPO

I testamenti vuole essere il "seguito" del famoso racconto dell'ancella scritto dalla Atwood circa trent' anni fa.
Lei stessa ci spiega che i suoi lettori le domandano: che fine ha fatto Offred? Cosa è successo?
Ci sono delle premesse da fare a mio parere prima della lettura del romanzo. Bisogna considerare prima di tutto che la scrittrice non è più la stessa, gli anni sono passati sia per lei sia per la sua storia; i tempi sono cambiati, se per l'epoca del racconto dell'ancella i temi trattati erano innovativi ed estremi, oggi con i telegiornali e i fatti della quotidianità come maltrattamenti alle donne, abusi di potere e corruzione non sono più tanto sconvolgenti.
Detto questo la Atwood ci propone non una storia di un singolo narratore ma una serie di testimonianze scritte da persone che hanno partecipato oppure vissuto le vicende di Gilead, i nuovi Stati Uniti a regime patriarcale.
I documenti sono stati scritti e raccontati da 3 persone ben diverse tra loro in un periodo di circa 15 anni dopo le vicende del primo romanzo: Zia Lydia, una delle leader del nuovo stato, una delle poche donne che ancora hanno qualche potere; Agnes, una ragazza cresciuta a Gilead ; Daisy/Jade/Nicole cresciuta in Canada al sicuro dalle terribili vicende dello stato vicino.
Quello che mi è saltato subito all'occhio dopo aver letto molti romanzi di Margaret Atwood è che questo è leggermente meno "Atwoodiano " nel senso che lo stile dell'autrice è meno marcato, mi è sembrato molto più romanzato del solito e i personaggi delle due ragazze sono molto semplificati, mentre invece mi è piaciuta Zia Lydia, il suo lato buono molto ben mascherato dai suoi giochi di potere e di astuzia, la sua crudeltà che non è finta ma è dettata dalla necessità di sacrificare molto per salvare le donne dal loro futuro nello stato di Gilead.
Le trame si intrecciano e per me ci sono state delle sorprese inaspettate, scoprire che Nicole è la figlia di Offred e Nick, nascosta per anni in Canada da persone facenti parte dell'organizzazione Mayday e anche Agnes figlia di Offred e del precedente marito, cresciuta a Gilead da genitori adottivi.
È stato strano leggere queste vite frutto della donna che ha lasciato la prima testimonianza nel racconto dell'ancella..un filo conduttore che ci porta a reincontrare Offred ma solo per qualche riga di una pagina.
Sicuramente un personaggio forte come lo era Offred nel primo romanzo la Atwood non è riuscita a darcelo ed è anche palese che i testamenti non sarà mai altrettanto audace e d'impatto ma ciò non toglie che la storia si faccia leggere e dà una specie di conclusione al mondo di Gilead e alle sue vittime.
Ultimo appunto che mi sento di fare è che ho sentito una forte influenza della serie tv nelle pagine del romanzo.

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Il racconto dell'ancella
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I testamenti 2019-10-03 14:44:54 68
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68 Opinione inserita da 68    03 Ottobre, 2019
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Credibilità artefatta



In “ I testamenti “ è previsto il recupero di trama e sentimenti lanciati nella espressione primaria ( “ Il racconto dell’ ancella “ scritto ben 35 anni fa ), nello specifico il senso di terrore, ansia, intollerabile presenza, il vuoto e l’ angoscia vissuta dall’ ancella all’ interno dell’ inquietante stato maschilista e fondamentalista di Gilead che ha soppiantato gli Stati Uniti azzerando e cambiando la Storia, umiliando l’ universo femminile, confinato a semplice contenitore di vite ( le ancelle ), collaboratrici domestiche ( le Marte ), figure interscambiabili ( le Mogli ), guide spirituali, perfide ricattatrici ed abili manipolatrici ( le Zie ).
Il presente, siamo alla fine del ventiduesimo secolo, rivela tessere di un puzzle complesso, un manoscritto noto come Documento olografo di Ardua Hall e due documenti definiti come la trascrizione delle testimonianze di due giovani donne, oltre ad una terza prova, una iscrizione su una statua che rivelerebbe l’ autenticità delle due trascrizioni.
Il tema trattato riguarda un chiarimento sul destino di Difred, l’ ancella evasa e la sorte futura di Gilead, tirannia teologica ormai estinta che ha lasciato poche tracce di se’.
Il racconto prevede tre voci, interne ed esterne allo Stato. Una è quella di Zia Lydia, intenta a scrivere un manoscritto da lasciare ai posteri all’ interno della libreria dei libri proibiti ( se qualche lettore un giorno, forse, volesse conoscere la verità) in cui sviscerare la propria storia e quel desiderio di vendetta mascherato nel presente da un ruolo pedagogico e politico acquisito dopo anni, da una leadership riconosciuta, negli occhi il terrore e la frustrazione per le atroci ingiustizie subite, quando era un giudice del tribunale dei minori, prima di essere arrestata e torturata .
E poi due giovani donne, una cresciuta all’ interno del Regno ( Agnes Jemina ) dove ciascuno ha un proprio ruolo e servizio, sottoposta a rigide regole escludenti, tra violenza, analfabetismo e rassegnazione, l’ altra ( Nicole ) adottata ed educata all’esterno in quello che resta della civiltà, secondo principi libertari e ugualitari.
Poi, improvvisamente, tutto cambia, si mischiano le carte, passato e presente imbrattati di menzogna, il futuro un desiderio di verità, dopo un rapimento per scopi più grandi, indottrinamento psicologico, finzione, preparazione ad una vita diversa, fuga da un matrimonio programmato e da una morte sicura, ed una vicinanza inaspettata dopo rivelazioni sconcertanti, con una inversione di rotta ed un viaggio per vendetta ( altrui ), senso di giustizia ( proprio ed altrui ), riavvicinamento ai propri cari ( proprio).
Difficile trasmettere una chiara e completa versione degli accadimenti, tra sbalzi temporali, ipotesi, pezzi di storia, ricostruzioni monche, verità distorte, menzogne, personalizzazioni, con il dubbio permanente sulla autenticità delle fonti.
Di certo rimangono il racconto e le sue vicende, molto più romanzate rispetto al precedente, con l’ impressione che la forza espressiva del testo, nei significati e nelle emozioni dei protagonisti, sia piuttosto fragile e poco includente.
Quale la valenza del testo rapportato al presente? Come possiamo ritenere che, dopo così tanti anni e mutamenti, nel romanzo tutto resti inalterato, le stesse idee ed inasprimenti, tirannia e violenza, un delirio accecante, una ideologia fondamentalista accettata come fede e legge assoluta, un ruolo femminile cancellato e sepolto da un lato, con attributi maschili dall’ altro ( decisamente attuali ) , immagine distopica di un mondo che non esiste più nelle sue fondamenta e che presenta resti già appartenenti ad un passato sepolto da tempo?
Certo, trattasi di finzione, un ritorno per chiarire e proseguire la storia, ma i tempi cambiano ed i messaggi anche.
Trattando l’ aspetto puramente contenutistico, il respiro del primo romanzo trasmetteva un concetto inquietante, un’ apnea di sensazioni occludenti, un viaggio nell’ impossibile, una rappresentazione distopica con vista sul reale.
Oggi in “ I testamenti “, tutto ciò non si avverte, rimane un’ oscura presenza sacrificata alla necessità di una storia e chissà a cos’ altro ( ?? ), con personaggi ben definiti ma poco credibili, intrecci romanzati ma poco “ reali “, un complesso di pregi e vizi umani dell’ oggi trattati nella propria interezza ma privi di consistenza.
Leggiamo una trama scorrevole e ben costruita, dotata di precise puntualizzazioni, dialoghi umanizzati, tiepide rappresentazioni di se’, scenette vestite di orrore, con la sensazione che, ahimè, tutto sia ben rappresentato, ma manchi di essenza, proprio ciò che diede voce a “ Il racconto dell’ ancella “, incresciosa e claustrofobica rappresentazione ed apnea del profondo all’interno di un’ anima viva e pulsante.

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