I figli degli uomini
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La distopia della James
Dopo aver letto parecchi romanzi distopici (1984 in primis), in cui lo schema narrativo si ripete piuttosto regolare e ripetitivo (bada bene, ripetitivo ma mai noioso), posso accertare che anche "I figli degli uomini" si inserisce pienamente in questo genere: società buia e opprimente, un dittatore con pieni poteri e un certo atteggiamento crudele, un gruppo di disertori che di oppongono al regime e puntualmente non riescono nel loro intento.
La vera distopia presentata dalla James è un mondo in cui non nascono più bambini: l'umanità è segnata, è prevista l'estinzione della nostra razza, la fine. Idea è originale e, certo, riempie di angoscia. Basti pensare che i più giovani abitanti della terra hanno già superato la ventina, non si sentono nè pianti nè risate di bambini, ad eccezione di quelle dei vecchi film, e le donne passeggiano con carrozzine contenenti bambole o gattini.
Sono questi i passaggi che opprimono il lettore: la disperazione dovuta alla consapevolezza della fine, il desiderio di maternità che non può essere esaudito, i costanti controlli ginecologici per cercare in qualcuno una speranza di vita.
Seppur il tema sia angosciante, la lettura è scorrevole e con buone tecniche narrative la James ti spinge a leggerlo fino in fondo, grazie anche a pochi ma buoni colpi di scena e a sporadici barlumi di speranza.
A mio parere non raggiunge la pressione claustrofobica dei grandi classici distopici, non aspettatevi alcun Big Brother e nemmeno la ancora più tremenda società de "Il mondo nuovo", ma apprezzo le idee dell'autrice.
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Il futuro che non c'è
Prima volta per me alle prese con un libro di genere distopico (se escludiamo Hunger Games), prova che ritengo superata a voti medi.
Theo è un professore inglese, un uomo di mezza età, con le proprie esperienze, con i suoi -scarsi- piaceri e con i suoi macigni. Ed è anche il cugino del Governatore dell'Inghilterra, un uomo buono e giusto dedito solo al bene per la propria nazione. Ma il mondo ha grandi problemi, palesi: non ci sono più bambini, si invecchia, le creature più giovani sono diventate dei mostri. Come è possibile vivere in un mondo senza bambini e dunque, senza futuro?
Una lettura non proprio coinvolgente e appassionante, ma che è riuscita a rendere bene la propria idea.
Theo vive in un mondo senza bambini, quindi senza speranze,e ciò si ripercuote sull'intera società, disperata e senza via di uscite per una situazione che non cambia mai, un malessere generale che porta ad effettuare gli atti più folli pur di non affrontarlo.
Queste pagine per me sono state una finestra socchiusa su un futuro non proprio impossibile, tanto da turbarmi e da farmi riflettere, perché non si può vivere solo al presente, perché bisogna anche imparare a controllare i propri istinti e lasciarci guidare dalla ragione, la ragione che apre gli occhi e fa vedere.
Non l'ho trovata una storia molto incisiva, mi è parsa molto quieta e distaccata, come se ci fosse un vetro di mezzo. Tuttavia ho potuto vedere, e anche sentire, tutte le cose necessarie perché io capissi.
L'umanità dei personaggi si percepisce, così come si comprende la decadenza di una società e la voglia di reagire, l'inerzia di una vita quasi inutile e la voglia di combattere.
Le descrizioni sono buone, a volte si dilungano troppo, lo stile è scorrevole, il lessico non impegnativo, la divisione in capitoli agevola la lettura.
Personaggi caratterizzati quanto basta per non appesantire, le sfumature sono poche ma buone, però alcuni soggetti sono abbandonati a loro stessi, semplici comparse che a volte sarebbero dovuto essere approfondite di più.
Non è una storia ricca di azioni o colpi di scena, ce ne sono pochi non ben diluiti (e neanche di particolare effetto a dirla tutta), però lasciano quel pizzico di curiosità.
Libro consigliato se non siete esperti del genere, si legge in breve e gradevolmente.