Follia per sette clan
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Dell'amore e di altre psicosi
Sette “clan” per sette diverse patologie psichiatriche.
PARA sta per paranoici; SKIZ per schizofrenici; MANI per maniaci (che la tendenza al sadismo e alla violenza rende il gruppo più propenso a dominare sugli altri); OS-COM per ossessivo-compulsivi; POLI per polimorfi; EB per ebeti (in difficoltà nel curare persino se stessi); mentre DEP sta per depressi (talmente incapaci di prendere iniziative e reagire da guardare quasi con gratitudine all'estinzione).
Sette diverse follie confinate in un pianeta-manicomio, che doveva essere un esperimento scientifico dedicato dai terrestri al recupero delle menti afflitte, ed è invece diventato una sorta di colonia in autogestione: quando i “sani” hanno abbandonato il pianeta al suo destino, i malati si sono organizzati, si sono dati un autogoverno, creando persino un consiglio di rappresentanti che governa il pianeta, ed ora, dopo un ventennio, non ci stanno all'idea che i terrestri vogliano riprendersi l'ex-colonia.
Dove non ci sono “normali” è la follia a diventare normalità, e a nessuno piace l'idea di tornare ad esser visto come un malato mentale, una persona da guidare, da contenere. Ciò che invece intende fare Terra, inizialmente attraverso la dottoressa Mary Rittersdorf, mandata in avanscoperta. Esperta in relazioni coniugali, la donna ha tuttavia grossi problemi con suo marito Chuck, il quale non riesce più a mantenere la famiglia con il proprio lavoro di programmatore di simulacri (ovvero macchine umanoidi con sembianze umane).
Piccolo particolare destinato a pesare sulla storia: Chuck viene informato che ad accompagnare sua moglie sull'ex-colonia terrestre sarà proprio un simulacro...
Un pianeta-casa di cura che diventa campo di battaglia tra mondi, famosi comici che si rivelano cospiratori politici, una C.I.A. supertecnologica ma a tratti sprovveduta, una particolare “guaritrice” che riporta i morti indietro nel tempo e li fa rivivere, e persino una specie di blob pensante (con tanto di titolo nobiliare) che legge nel pensiero altrui ed è munito di particolare empatia per alcuni esseri umani.
L'autore di “Follia per sette clan” è il Dick più rutilante e divertito (lontano dal rigore de “La svastica sul sole” e dalla solidità di trama di “Ubik”), ma è pur sempre Dick. L'idea dei diversi tipi di follia “al potere” – un potere che va però diviso e contrattato – è notevole, ma ben presto viene assorbita dallo scontro tra i due coniugi: sono loro, rimbalzando tra due mondi, a diventare i protagonisti della storia, fino a quando il lettore scopre che gli psicotici sono ben più di quelli “inseriti” tra i sette clan.
E' questa, con tutta probabilità, la tesi di un Dick più autobiografico del solito: in un Chuck vessato ma produttivo si riconosce la sua stessa figura, e nella castrante dottoressa Rittersdorf la sua compagna di vita più fredda e determinata. E non è un caso che il volume contenga espliciti riferimenti sessuali, oltre a scene di accoppiamento inusuali per lo scrittore.
Alla fine “Follia per sette clan” – almeno per gli appassionati di fantascienza – può raggiungere una piacevolezza d'insieme che è maggiore della somma delle sue singole parti, e divertire.
Tuttavia non stiamo parlando di uno dei capolavori di Philip K. Dick.
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UNA LEGGERA DIFFERENZA
“Per decenni si era detto che i paranoici erano incapaci di amare, ma questo non era vero. Il paranoico amava come ogni altra persona, sia donando qualcosa di sé agli altri, sia prendendo qualcosa da loro. Ma c’era una leggera differenza in questo suo amore.
Il paranoico lo sentiva come una varietà di odio.”
Le differenze sono davvero minime in quest’opera di Philip K. Dick, impregnata di angoscia e di speranza. Come in altri romanzi, c’è poca differenza tra uomini e robot. Non c’è troppa differenza nemmeno tra il pianeta terra e Alpha III L2, una luna popolata da ex ricoverati che hanno costruito una società suddivisa in caste, basate sulle malattie mentali.
Ogni città, su Alpha, porta un nome dalle radici terrestri: Adolfville, la città dei Para, si riallaccia molto correttamente alla paranoia di Adolf Hitler, mentre gli Schizo abitano Giovanna d’Arco e i Poli (perversi polimorfi?) devono accontentarsi di Hamlet Hamlet. Gli altri collegamenti non sembrano altrettanto corretti: i Mani, che oggi risulterebbero affetti da disturbo bipolare di tipo I, abitano le Alture da Vinci (Leonardo da Vinci bipolare?); per non parlare degli Eb, malati di ebefrenia, residenti in Gandhiville. Ma a parte le inesattezze in campo psichiatrico dell’autore, la sua visione che vede Para e Mani occupare le classi dirigenti della luna risulta esatta: non pochi politici italiani possono vantare una diagnosi compatibile.
Le contraddizioni della Guerra Fredda dispiegano il loro potenziale in questo grandioso affresco, dallo stile un po’ zoppicante: ma il ritmo annacquato e qualche malfunzionamento non tolgono molto a questo romanzo, che scava senza pietà nel fango sociale e antropologico degli ultimi secoli. Non c’è molta differenza, infatti, tra amici e nemici e alleati di questa guerra lunare: la saggezza aliena sconfigge senza speranza la disarmonia degli umani e dei loro robot.
Infine, come era prevedibile, anche la protagonista femminile del romanzo, psicologa, si scopre gravemente ammalata. Ma non fa molta differenza. In un lieto fine da incubo, l’amore trionfante, l’angoscia e la speranza sfumano nella malinconia, mentre l’astronave aliena si staglia nel cielo per regalarci una pace dal sapore amaro.