Fiori per Algernon
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Charlie che voleva essere come gli altri!
Charles Gordon ha trentadue anni, ma l’intelligenza è quella di un bambino di cinque: con un Q.I. di 70, è una di quelle persone che, soprattutto una volta, venivano definite “ritardate mentali”, erano ghettizzate in istituti speciali e vivevano ai margini della società, derise e prese a bersaglio da tutti coloro che, reputando di essere migliori, le bullizzano per dimostrarlo.
Charlie è un uomo dolce e bonario, lavora al meglio delle sue capacità, in una panetteria, svolgendo le mansioni più umili, e, con molto sforzo, è riuscito pure a imparare a scrivere. È convinto che tutti gli altri siano buoni con lui e gli vogliano bene; che ridano “assieme a lui” e non di lui, delle sue scomposte reazioni a problemi, per gli altri, banali. Ma ha anche una enorme forza di volontà e ha sempre avuto un desiderio profondamente radicato: essere “intelligente” come gli altri, saper leggere e scrivere normalmente, poter discutere e dialogare con il suo prossimo alla pari. Insomma vuole a tutti i costi integrarsi nella società in cui vive.
La grande opportunità gli viene offerta da parte di un team di ricercatori della Beekman University: in particolare dai professori Nemur e Strauss. Questi studiosi hanno messo a punto una procedura chirurgica che dovrebbe eliminare i blocchi cerebrali che hanno impedito a Charlie di avere uno sviluppo intellettivo “normale”. Sul topino da laboratorio Algernon l’operazione ha avuto un successo clamoroso: adesso la bestiola è tre volte più intelligente dei suoi simili e riesce ad aver ragione di complicatissimi labirinti, più in fretta di molti uomini, sicuramente più svelto di quanto lo sia Charlie.
Ora, però, è il turno di Charlie: sono arrivate le autorizzazioni, sarà operato e diventerà finalmente intelligente. Ma quali potranno essere gli effetti collaterali di questa drastica mutazione? Il Charles genio come potrà confrontarsi con il passato del Charlie idiota che è sempre lì ad attenderlo? Un uomo non è fatto solo di cognizioni e capacità raziocinanti. Ci sono pure i sentimenti, le emozioni, gli affetti. Charlie riuscirà a maturare pure in quelli? E gli altri sapranno vedere in lui solo l’essere umano e non l’esperimento di laboratorio? Infine, la domanda più importante, il progresso sarà irreversibile oppure il futuro tornerà a essere oscuro, anzi, più oscuro di quanto non lo fosse il passato?
“Fiori per Algernon”, pubblicato per la prima volta all’inizio degli anni ’60, è stato un’opera che, sotto certi aspetti, ha avuto una influenza epocale, e tuttora consigliato in molte scuole americane. Nato come racconto nel 1959, sull’onda del successo fu trasformato in romanzo e da esso furono ricavati opere cinematografiche, televisive, teatrali. Ha ispirato molteplici scrittori ed è stato più volte spunto per opere similari che hanno ripercorso, invariabilmente, il cammino “da idiozia a genialità e ritorno” con più o meno sensibilità e accortezza dell’originale.
Noi lettori viviamo la storia di Charlie attraverso i suoi diari, quelli che lui titola “Rapporti dei progressi” (anzi, all’inizio “Raporto dei progresi”). In diciassette capitoli vediamo l’uomo lottare prima con la sintassi e l’ortografia per tentare di mettere sulla carta il suo disagio e le sue nebulose aspirazioni e sensazioni, in un mondo che non capisce e non lo capisce. Poi, quando sarà diventato non solo intelligente, ma, addirittura geniale, con una capacità raziocinante brillantissima, conoscenze enciclopediche, una profondità di pensiero tali da far impallidire i suoi “creatori” ribaltandone i rapporti di forze, ne condivideremo le ansie, le frustrazioni, i dolori, le paure per il presente e per l’oscuro futuro.
Sono rimasto profondamente colpito da questa lettura che emoziona e sconvolge. L’A. non ci nasconde la crudeltà dei nostri simili, anche di coloro che dovrebbero amarci sopra ogni cosa e ci mostra come tutti siamo capaci di infliggere consciamente o inconsciamente, a chi è debole e indifeso, dolorosissime torture psicologiche. Anche gli scienziati, che considerano Charlie più come una cavia che come un essere umano senziente, non sono migliori del “volgo ignaro”. Il protagonista ci commuove e ci emoziona sia quando, ancora ritardato mentale, si dibatte inconsapevole, ma tutto sommato felice, in un mondo di cui non percepisce l’ostilità, sia quando il suo quoziente d’intelligenza balza a un valore che i test neppure riescono a quantificare. Non possiamo non diventare partecipi delle sue angosce e comprenderle: l’eccessiva consapevolezza, l’assoluta lucidità mentale sono assai più terrificanti della beata ignoranza.
Quando Charlie si renderà conto che tutti coloro che lui aveva reputato suoi punti di riferimento, maestri insindacabili su cui poter contare nel momento del bisogno, altri non sono che esseri normali, mediocri, deboli, meschini, sostanzialmente ignoranti e, soprattutto, fallaci, precipiterà nell’angoscia della sua solitudine, ancor più penetrante di quando era “eccezionale” dall’altro lato del confine. Inoltre proprio dei loro errori lui rischierà di essere la vittima sacrificale, quella che precipiterà nel baratro che gli si schiuderà sotto i piedi.
“Fiori per Algernon” è davvero un bel romanzo, scritto con cura e passione, ma oltremodo triste, anzi, straziante. Forse si dilunga troppo sulle rievocazioni oniriche del passato di Charlie, sulle implicazioni psicologiche e sulle analisi comportamentali del protagonista, ma, comunque, riesce a essere sempre coinvolgente, a creare un’empatia che non ci si scrolla di dosso neppure staccando la lettura.
Quel manto di assoluta mestizia con cui ci ammanta non ne fa un libro piacevolissimo, anzi è un percorso dolorosissimo sia all’andata che al ritorno, ma ritengo che sia assolutamente da leggere e meditare.