Tungsteno
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L'Ingiustizia sociale
Come scrive Fofi nella sua prefazione, Vallejo sa di cosa parla, cioè racconta fatti e abusi che conosce in prima persona. Il libro spiega l'Ingiustizia sociale che colpisce alcune popolazioni indio del Perù, reclutate a forza dalla compagnia mineraria per la locale miniera di tungsteno. Gli indio sono prima espropriati di terre e campi, poi resi schiavi e costretti a un lavoro senza tregua e fino alla morte, un lavoro per di più contrario alla loro natura, per la quale amano la vita libera e all'aperto. L'ingiustizia è amplificata dalla mitezza e dall'innocenza anomala e assoluta di questa popolazione. Gli indio donano le loro cose per niente: case, terre, campi, raccolto. Complici dello stato di cose sono praticamente tutti gli uomini di cultura, dal giudice al medico al sindaco al prete oltre ai dipendenti della compagnia mineraria. Mi è piaciuto molto il finale in cui si ritrovano insieme tre persone, ognuna delle quali cova risentimento verso i "padroni": Benites lo studente che è stato licenziato dalla compagnia (ma finchè ci lavorava la sua coscienza poteva turarsi il naso e andare avanti), il sorvegliante innamorato di una donna uccisa dai padroni, e l'indio sveglio, il fabbro che capisce, legge e conosce Lenin in cui spera.
Quello che colpisce nel romanzo è la sensazione di sincerità. Sembrerebbe un mondo senza speranza dato che la naturale bontà degli indios toglie ogni freno inibitore alla crudeltà e avidità degli altri.Il finale è molto bello. In un certo senso, la presenza del fabbro, un indio intelligente, è un segno di speranza ma anche di fine di un mondo e di un certo modo di vivere. Il fatto che una popolazione così docile e pacifica debba evolversi e diventare intelligente per reagire alle angherie, è di per sè ingiusto.
E' come se il male della civiltà avesse in ogni caso contaminato un mondo che era privo di malizia condannandolo a sparire.