Tess dei d'Urberville
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Uccellino nella trappola del pregiudizio
Un classico intramontabile, un autore al quale sono affezionata. Pur leggendo la narrativa contemporanea spesso con grande soddisfazione, devo convenire che il mio spirito e il mio cuore sono strettamente legati a questo stile e a questa scrittura vittoriana, per me meravigliosi: quando prendo in mano un libro di Hardy non rimango mai delusa.
Non mi aspettavo certamente una storia facile, una storia a lieto fine, ma il modo in cui viene narrata, con un’attenzione particolare al mondo degli umili, con le sue superstizioni, le sue chiusure mentali che ben si sposano con le ipocrisie delle classi più agiate, con i suoi personaggi grandiosamente tragici, con le sentenze profonde e colte dell’autore e ...le sue impareggiabili pennellate naturalistiche che impreziosiscono, senza mai appesantire, la narrazione, posso ben dire che “Tess dei D’Urberville” è uno dei più bei romanzi dell’epoca e l’opera più matura ed equilibrata di Hardy.
Rispetto ai romanzi precedenti dove l’autore indugia maggiormente nelle citazioni bibliche ed anche poetiche che sono state parte della sua formazione, Tess è un armonioso tessuto fluido di narrazione, dove la poesia non ha bisogno di versi nè di strizzare l’occhio alle atmosfere gotiche e alle rovine antiche, indici di un gusto neoclassico e romantico insieme.
Il destino di fatica che dall’inizio anticipa un finale tragico ha il sapore del “ciclo dei vinti” di Verga. Tess è la figlia di un contadino del Wessex che un giorno scopre di essere l’ultimo discendente dell’antica famiglia normanna dei D’Urberville. Una notizia che segna una serie di eventi negativi, spesso confermati o anticipati da strane coincidenze legate a superstizioni e credenze popolari. Muore l’asino, l’unico aiuto che la famiglia aveva per sostentarsi, suo padre John, edotto sulle sue origini si rifiuta di lavorare e con la moglie decide di mandare Tess a reclamare la parentela presso una sconosciuta zia D’Urberville che abita poco distante dal loro villaggio, contando anche sulla bellezza della figlia e sperando che la nobile parente le combini un matrimonio vantaggioso con qualche signorotto di sua conoscenza.
La fantasia sventata e incosciente,soprattutto della madre, intellettualmente inferiore alla figlia Tess - come più volte il lettore avrà modo di appurare - saranno causa della rovina della ragazza che impara a sua spese troppo presto che
“dove innocenti cantano gli uccelli sibila il serpente” (...).
La conoscenza del “cugino” Alec D’Urberville non le porterà alcun beneficio e nessun ricco matrimonio, anzi, questi, preso dalla sua bellezza, la circuisce, la seduce e approfitta di lei ignara degli uomini e della vita, rovinandola per sempre. Tess, non accetterà mai nessun aiuto, dopo mesi di sofferenza e di vergogna, tornerà in mezzo ai suoi terrazzani a raccogliere covoni, mostrandosi sorda ai mormorii invadenti e ai giudizi degli altri. Ci sarà poi una storia d’amore, ci saranno promesse di felicità con un uomo intelligente e sensibile, ma...non posso aggiungere altro.
La storia suscita sentimenti contrastanti: rabbia, tenerezza, compassione, sdegno, orrore. La narrazione si arricchisce di scene di lavoro nei campi, di mungitura delle mucche, ben descritte in ogni particolare fin quasi a rendere presenti i profumi e i rumori. La penna di Hardy è semplicemente un pennello che dipinge magistralmente animi complessi o cuori semplici
“ ...Angel Clare. Nelle remote profondità della sua indole, così gentile e affettuoso com’era in genere, giaceva nascosto un deposito di rigida logica, come una vena di metallo in un terreno molle, che piegava la punta di tutto ciò che cercava di attraversarla”.
così come fa con i paesaggi allargando e restringendo il campo visivo dove anche le mietitrici prendono vita somigliando ad esseri umani:
“Tra tutti gli oggetti rossi quella mattina, i più vividi erano due larghe braccia di legno verniciato, che si levavano dai margini di un giallo campo di grano nei pressi del villaggio di Marlott(...) .
La falciatrice meccanica lasciava cadere dietro di sè il grano in piccoli mucchi e ciascun mucchio era nella quantità sufficiente per un covone; seguivano altri mietitori per legarlo con le loro mani, erano la maggior parte donne, salvo alcuni uomini con la camicia di tela stampata e i pantaloni sorretti alla vita da cinture di cuoio che rendevano inutili i due bottoni posteriori che luccicavano ravvivati dai raggi del sole a ogni movimento del proprietario, simili ad un paio di occhi in fondo alla schiena (...)”.
Scene di vita semplici, stoccate all’ipocrisia di certi religiosi, una storia sulla fragilità dell’amore e sulla forza di una giovane donna.
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Consigliato a chi ha amato gli altri romanzi di Hardy, i romanzi di George Eliot
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Le grandi speranze vengono infrante
“Tess dei d’Urberville” è un romanzo di formazione scritto alla fine del Ottocento da Thomas Hardy, autore da me già molto apprezzato per la sua precedente opera, “Via dalla pazza folla”.
La storia segue la vita di Tess Durbeyfield, semplice ragazza di campagna la cui esistenza verrà stravolta dalla scoperta che la sua povera famiglia è tutto ciò che rimane di un'antichissima dinastia di nobili cavalieri normanni, i d'Urberville appunto. La testardaggine del padre, deciso a farsi chiamare da tutti con l'appellativo di Sir John, e le insistenze della madre porteranno Tess ad intraprendere un viaggio presso alcuni presunti ricchi parenti, viaggio che segnerà l'inizio delle sue sventure.
Se già in “Via dalla pazza folla” il caro Hardy non ci aveva risparmiato disgrazie ed eventi drammatici, in questo romanzo l'aspetto tragico diventa prevalente, arrivando ad escludere quasi del tutto l'inserimento di momenti più leggeri ma regalandoci al contempo riflessioni evocative come questa:
«Nella difettosa esecuzione del piano ben disposto dell’universo raramente l’invito provoca l’arrivo di chi si invoca; raramente si incontra l’uomo da amare, quando viene l’ora per l’amore.»
Infatti, nonostante la prima parte della trama possa far pensare a dei felici risvolti per Tess e la sua famiglia questo clima ottimista, che ricorda per certi versi “Grandi speranze” di Charles Dickens,
«Tess aveva gli occhi pieni di lacrime e la voce così soffocata da non riuscire a esprimere i sentimenti di quel momento. [...] due bambini ai lati di Tess, tenendola per mano e guardando di tanto in tanto pensierosi, come si fa con chi è destinato a compiere grandi cose; la madre li seguiva coi più piccini.»
viene abbandonato dopo pochi capitoli con la scena che è stata causa di aspre critiche nei confronti di quest'opera, ovvero la violenza subita da Tess mentre la ragazza è incosciente; Hardy venne additato in particolare per aver sottotitolato il romanzo A Pure Woman (ossia, una donna pura) che secondo i benpensanti dell'epoca era una definizione inadatta al personaggio di una ragazza non più illibata.
Personalmente ho trovato molto coraggiosa la scelta di trattare il tema della violenza dal punto di vista di una donna in quegli anni e in quel ambiente chiuso e pieno di persone pronte a giudicare il prossimo. In un contesto del genere si delinea ancor più marcatamente la differenza tra la reazione di Tess a quanto le è successo,
«-Tessy... non mi ami neppure un pochino, ora?
-Ve ne sono grata-, ammise la ragazza con riluttanza. -Ma temo di non...-. Il pensiero improvviso che la passione di lui potesse avere quel risultato l’angosciò a tal punto che, prima una lenta lacrima poi un’altra, finì per scoppiare in pianto.»
portavoce della ferma denuncia dell'autore, e le reazioni delle persone attorno a lei; e se dal suo stupratore ci si potrebbe anche aspettare affermazioni di questo tono,
«-Non ho capito le tue intenzioni se non quando era ormai troppo tardi.
-È ciò che ogni donna dice.
-Come osi parlare così?-, gridò voltandosi impetuosamente verso di lui, gli occhi fiammeggianti, [...] -Dio mio, potrei buttarti giù dal calesse!»
tutt'altra impressione otteniamo leggendo le parole della madre della protagonista, che diventa invece l'esempio tipico del pensiero popolare
«-E dopo tutto ciò non l’hai costretto a sposarti?-, la rimproverò la madre. -Qualsiasi donna all’infuori di te ci sarebbe riuscita. [...] Perché non hai pensato a far del bene alla tua famiglia invece di pensare solo a te stessa?»
In questo quadro a prevalere non può che essere la figura di Tess. Il suo personaggio si dimostra una versione migliore di Pamela, protagonista dell'omonimo romanzo di Samuel Richardson, perché capace di rimanere fedele ai suoi principi e alle decisioni prese anche nei momenti di maggiore avversità, ponendo come unico limite la salvezza della sua famiglia.
Tess ci viene presentata con delle caratteristiche che farebbero invidia alle donne moderne: è orgogliosa e risoluta, e lo si capisce perfettamente quando sceglie di affrontare di petto la gente del suo paese
«Le pene maggiori erano dovute all’osservanza delle convenzioni, non a sensazioni naturali.»
ed allattare in pubblico il bambino nato dallo stupro subito. Inoltre la sua assennatezza non le preclude il desiderio di poter raggiungere la felicità nonostante le disgrazie del suo passato
«Anche se aveva deciso d’essere così coraggiosa da lasciare che la generosità avesse la meglio sui suoi sentimenti, fu chiaramente sollevata nell’udire quell’esclamazione d’impazienza. Ora aveva tentato anche questo, ma non avrebbe più avuto la forza di ripetere un’altra volta quel sacrificio di se stesa.»
Il romanzo è costellato da molti altri personaggi interessanti, in special modo quelli secondari che Hardy delinea con tanta cura, ma devo ammettere che la figura di Tess va un po' ad oscurarli tutti.
In quest'opera viene maggiormente evidenziato l'amore dell'autore per la contea del Wessex, dove la placida vita contadina crea l'illusione che città caotiche come Londra siano soltanto un miraggio lontano,
«Era una splendida serata di settembre, poco prima del tramonto, quando la luce gialla si infiltra nelle ombre turchine con linee sottili come capelli e l’atmosfera stessa assume una prospettiva senza l’aiuto di forme solide, all’infuori degli innumerevoli insetti che volano in essa, danzando.»
Altro aspetto tipico della narrazione hardyniana è la riflessione sulla fede, che ben si coniuga all'agnosticismo dell'autore stesso,
«Un giorno piovoso era espressione di inconsolabile dolore per la sua debolezza da parte di un vago essere etico che lei non riusciva a classificare con precisione, né come il Dio della sua fanciullezza, né come alcun altro essere.»
questa costante ricerca della fede porta nel romanzo del ben chiari riferimenti biblici, dal comportamento tenuto da Angel, novello San Giuseppe, al triplice canto del gallo. Interessante a tal proposito è anche la reazione di Tess alle citazioni bibliche scritte sulle staccionate da un fanatico credente:
«-Puah, non posso credere che Dio abbia pronunciato queste parole!-, mormorò sdegnosamente, [...]»
Pochi fedeli contemporanei sarebbero capaci di tanta riflessione e (auto)critica.
NB: Libro letto nell'edizione Rizzoli BUR
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Fatale ineluttabilità
“La natura non dice troppo spesso ‘guarda’ alla povera creatura nel momento in cui il guardare potrebbe portare a una lieta conclusione.”
Gran Bretagna, XIX secolo. Tess Durbeyfield è una giovane donna - secondo i canoni sociali odierni, poco più di una bambina - di eterea bellezza; la sua bontà e il suo candore sono commoventi, i suoi sentimenti puri, di una purezza propria solo degli animi più immacolati: “In quel tempo della sua vita era come un vaso colmo d’emozioni non ancora imbevute dall’esperienza.”.
In una tranquilla sera di maggio, un curato di campagna, incontrandolo sulla via del ritorno a casa, rivela a John Durbeyfield, padre della giovane Tess, di avere di recente scoperto che la famiglia dell’uomo vanterebbe nobili origini, discendendo dall’antica casata normanna dei D’Urberville; questo incontro dal retrogusto manzoniano si rivelerà fatale - nel senso più etimologico del termine - per la povera Tess, facendola scivolare, lentamente ma inesorabilmente, tra le braccia di un destino già scritto, che la giovane tenterà di sfidare con commovente determinazione, ma cui tenderà infine la mano, con rassegnata serenità.
“Appoggiandosi agli alveari, col viso rivolto verso l’alto, prese a fare considerazioni sulle stelle, i cui freddi battiti pulsavano in mezzo alla nera vacuità del cielo in un sereno distacco da quelle pagliuzze di vita umana; le chiese quanto quelle luci scintillanti fossero lontane e se Dio si trovasse dietro a esse.”
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Concomitanze.
Tess è una ragazza tenace, figlia della povertà e dei campi, vittima dell’uomo e dell’età industriale. La tranquilla contea inglese del Wessex, antica denominazione anglosassone del Dorset, è lo scenario dove le vicende prendono campo. Caratterizzata da quella ingenuità e purezza che sono proprie del suo status sociale e della fascia temporale in cui fatti si dipanano, ella viene a conoscenza di essere la presunta ultima rappresentante di una nobile famiglia decaduta, viene sedotta nonché abbandonata da un uomo che si approfitta della sua semplicità per poi ritrovarsi a dover seppellire il figlio di quest’ultimo – deceduto perché nato malato – con un battesimo “fai da te”, ed ancora con l’essere additata e condannata come “donna perduta” dall’opinione comune. Ma non si arrende Tess e cerca la sua opportunità di riscatto nel lavoro e nella dedizione a questo. E’ lasciando la sua terra natia che ella vi riesce conoscendo altresì Angel Care, figlio di un pastore evangelista, che si innamora della donna, coniugandosi con lei. Eppure per Tess non c’è pace, le circostanze avverse non hanno intenzione di lasciarla, di mutare la loro preda.
Personalmente ritengo che due siano le chiavi di lettura conciliabili con l’opera de qua. Una prima si incentra sull’azione del destino; questo è la causa ultima delle sorti della donna e a questo si somma il non meno rilevante ruolo della natura, di quella natura ciclica che si ripete, si manifesta per quella che è. Una seconda che al contrario si concretizza negli uomini. Le sventure della protagonista non sono altro che il risultato di incontri con uomini sbagliati nonché delle convenzioni sociali dell’Inghilterra Vittoriana. Certo, anche secondo questa interpretazione risulta evidente un ruolo del destino a cui ricollegare i fatti; ma chiaramente questo non è da accomunare esclusivamente ed unicamente alla natura che suscita con i suoi paesaggi desolati e bradi, il sentimento, ma anche e proprio a quella componente di umanità che si inserisce nello scorrere delle pagine.
E così la ragazza si ritrova prima fra le “braccia” di Alec, rampollo cinico e frivolo a cui la famiglia ha comprato per prestigio sociale il cognome dei D’Uberville e di poi in quelle di Angel, retto ed innamorato della fanciulla – e dunque l’esatto opposto del primo – che si rivelerà essere assolutamente incapace di comprenderla talché il suo riapparire dopo averla abbandonata crudelmente ne segnerà le sorti nonché l’epilogo. Due figure dunque che sono le vere artefici della sorte della donna; Alec che per ben due volte si insinuerà nella quotidianità dell’inglese configurandosi come strumento di rovina, ed Angel che seppur munito della possibilità di cambiare questo infausto destino; ne è incapace. Seppur infatti apparentemente anticonformista egli è in realtà prostrato alle regole della società; ne è semplicemente incatenato. Ciò gli impedisce di rendersi conto della bellezza interiore – e non solo esteriore – della moglie.
A questo quadro si somma la famiglia che, a sua volta spinta dalla volontà dell’apparire, della possibilità di riscatto sociale e dalla brama di ricchezza, incautamente destina la figlia ai falsi ricchi di cui Alec è esponente.
Un romanzo forte, intriso di sentimento, di riflessioni su quello che è il binomio apparire-grandezza d’animo in correlazione con il costume, con l’ordine sociale dettato da consuetudini e dogmi di una società imperniata e consacrata alle sue regole sociali.
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Non è il destino la causa della tragedia di Tess
Il giorno in cui mi stavo apprestando a scrivere la recensione di Tess dei d’Urberville di Thomas Hardy, mi sono imbattuto, nelle pagine del Corriere della Sera online, in una riflessione sull’autore scritta da Pietro Citati, che credo possa essere facilmente reperita negli archivi del quotidiano.
Di fronte a tanto critico pensai che fosse meglio rimandare, per non dare adito ad un confronto che sarebbe stato senza dubbio impietoso.
Lessi con attenzione l’articolo di Citati, incentrato proprio sul capolavoro di Hardy, ed alla fine decisi di scrivere lo stesso la mia recensione, soprattutto perché mi permetto di non essere completamente d’accordo con l’analisi di Citati.
Questa è tutta incentrata sull’azione di un imperscrutabile destino come causa ultima della tragica storia di Tess: egli parte da una disamina del ruolo della natura nei romanzi dell’autore – una natura apparentemente ciclica ma che rivela, soprattutto nella brughiera e nella fattoria di Flintcomb-Ash, il suo aspetto cupo e desolato, per dirci che i segni di cui è disseminato il romanzo portano verso l’ineluttabile destino della protagonista. Sentiamo Citati:
"Dovunque Hardy e i suoi personaggi guardassero, perfino nell’incantevole primavera, non scorgevano che sventura. La natura stessa era intessuta di sciagure: non solo umane, ma animali e vegetali."
E ancora:
"In un romanzo di Hardy il Destino agisce come un fabbro macchinoso e malvagio, ribadendo una catena di piccoli fatti assurdi, di coincidenze miracolose, di avvenimenti e di persone che ritornano, di segni uniformemente negativi."
Ora, secondo me è sicuramente vero che in un romanzo come Tess le magistrali descrizioni della natura scritte da Hardy sono funzionali a creare un sentimento, un’atmosfera consona all’andamento della storia, come è altrettanto vero che nel libro si trovano alcuni segni ed alcuni episodi fortemente evocativi del destino di Tess (citati da Citati…) ma forse al grande critico in questa occasione è sfuggito che la causa principale delle sventure della protagonista sono gli uomini che incontra e le convenzioni sociali dell’Inghilterra vittoriana in cui tutti i protagonisti sono immersi.
Due uomini in particolare: Alec, frivolo e cinico rampollo della borghesia mercantile la cui famiglia ha addirittura comprato, per ragioni di prestigio sociale, l’antico cognome dei d’Urberville e Angel, l’uomo apparentemente retto e innamorato di Tess, che si rivelerà del tutto incapace di comprendere la grandezza dell’animo e dell’amore di quest’ultima, abbandonandola crudelmente salvo riapparire tardivamente provocando il tragico epilogo del romanzo.
La figura di Angel è secondo me il vero perno del romanzo. Se Tess ne è infatti l’indiscussa protagonista, splendida figura di donna che al suo sentimento sacrifica tutta se stessa (anche se a volte appare sin troppo coerente con il suo amore), se Alec, come detto, è figura strumentale (per ben due volte è lo strumento della rovina di Tess, pagandone comunque le conseguenze) è Angel il vero deus ex machina del destino della protagonista, colui che prima potrebbe cambiarlo, ma non ne è capace – schiacciato come è tra un’apparente anticonformismo e un reale asservimento alle regole della società – e poi provoca, anche se inconsapevolmente, il tragico epilogo del romanzo (sto facendo equilibrismi per non rivelare nulla della trama, perché Tess è anche un romanzo avvincente). Angel è il vero cattivo della storia, perché ha in mano tutti gli strumenti culturali per accogliere Tess e la sua vicenda, per accorgersi di quanto sia bella anche dentro, oltre che fuori, ma nel momento cruciale, quando Tess gli rivela il suo (peraltro subìto) passato, la abbandona. Ed a proposito di segni, credo sia particolarmente rilevante e rivelatrice del fatto che tutto sommato, alla fine, il tempo rimarginerà le sue ferite, la scena finale del libro.
Un ruolo non marginale nell’innescare la catena di fatti narrati dal romanzo lo giocano anche i genitori di Tess, in particolare la madre, che di fatto spinge la figlia verso i ricchi (falsi) d’Urberville sognando la loro ricchezza, sorta di madre di aspirante velina ante litteram.
Insomma, se è vero, come è vero per ogni grande romanzo, che Tess dei d’Urberville può essere letto ed interpretato a vari livelli, non credo si possa ignorare che tra questi livelli assume particolare rilevanza l’aspetto profondamente umano e sociale della storia di Tess, il suo essere vittima di persone incapaci di capire la sua grandezza d’animo e di andare oltre ciò che l’ordine costituito dettava rispetto alle relazioni sociali.
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Straziante
Lo stile dell'autore è ottimo, scorrevole ed incalzante anche se non entra mai nei particolari e non descrive le riflessioni o i pensieri dei protagonisti.
Tess è una ragazza sfortunata, nata nell'epoca sbagliata. All'inizio del libro è subito presentata come brava e buona e soprattutto bella, ma con genitori ingenui e sempre ubriachi.
Siamo in Inghilterra nell 1800 e qualcosa (l'autore non lo specifica, lasciai puntini di sospensione..: 18....). La ragazza vive subito una brutta avventura e l'uomo che lìha sedotta l'ha anche abbandonata. PEr l'epoca lei era una peccatrice e quindi vaga nella campagna inglese in cerca di lavoro. Lavori sempre diversi; lavori maschili e difficili. Un uomo si innamora di lei, ma, dopo averla sposata, l'abbandona perchè venuto a conoscenza della "sua colpa".
Libro che mi verrebbe da dire straziante....sempre al freddo, lavoro, apprezzamenti dagli uomini, e lei, la povera Tess che vaga, vaga ...finchè incontra l"'uomo cattivo".
Non ha un lieto fine, non dico perchè ma è davvero triste..
Non lo lessi a scuola per pigrizìa e ho voluto rifarmi..
L'epopea di una donna
L'epopea di una donna travolta dagli eventi, un'eroina figlia dell'onesta povertà che si ritrova catapultata nel mondo della subdola ricchezza. Un fiore innocente calpestato da un destino crudele, dagli dei malvagi che si prendono gioco della candida Tess, facendole credere che la sua vita può cambiare in meglio e rigettandola poi nel fango che la ricoprirà fino alla presa di coscienza finale di un destino ormai segnato.
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Schiacciata dal destino
Romanzo di altri tempi, che ha un'atmosfera tutta tinte pastello. Tess è la figlia maggiore di un povero venditore ambulante, che ad un tratto scopre di essere discendente di una nobile e antica famiglia. Tess è destinata a fare da anello di congiunzione fra la sua famiglia e i parenti ricchi, presso i quali è chiamata a prestare servizio. Lì incontra Alec, che le segna la vita e il futuro. E' un libro che non ha un lieto fine ed emerge in modo molto netto il fatalismo dell'autore. La figura di Tess è indimenticabile: fragile sola, ingenua, timida, molto umana. Viene schiacciata dal suo destino, ma il lettore spera, in ogni pagina, che nella sua vita ci sia una svolta positiva.