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Tempi difficili Tempi difficili

Tempi difficili

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La triste vicenda di Louisa Grandgrin e di suo padre è una delle più belle storie raccontate da Dickens. Thomas Grandgrin, come molti suoi contemporanei, ha commesso il tremendo errore di fare della Filosofia dei Dati di Fatto, cioè la filosofia utilitaristica, la teoria guida della propria vita. E solo quando la figlia Louisa, intrappolata in un matrimonio senza amore, diventa preda di un ozioso seduttore, il padre si vede costretto a prendere le distanze dalle proprie convinzioni. "Tempi difficili" è uno dei grandi romanzi della maturità di Dickens, una macchina travolgente in cui ricorrono gli ingredienti consueti della sua scrittura, ma con in piú un tono di favola che stempera gli eventi in chiave comica.



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Tempi difficili 2023-06-21 08:55:49 siti
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siti Opinione inserita da siti    21 Giugno, 2023
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Tempi migliori (limite mio)

Un ritratto cupo, in bianco e nero, di una società fatta di individui che hanno perso la loro identità e sono ridotti, nel nome - vengono chiamati “Mani”- e nei fatti a una massa produttiva e senza diritti. Vivono dentro le fabbriche e sono uno sfondo necessario ma non protagonista di una realtà grigia e tetra, Coketown, immaginaria cittadina industriale dell’Inghilterra dell’800; non li vediamo infatti mai protagonisti della narrazione, se non in una scena corale, di massa, appunto che li vede quasi spettatori passivi del destino di uno di loro, Stephen Blackpool, già emarginato da una scelta sindacale non gradita ai più: non la lotta ma il delicato e necessario compromesso con i padroni.
Eppure, “Tempi difficili”, non racconta e non rappresenta la plebe urbana all’ombra delle ciminiere, se non indirettamente, esso infatti fa protagonista la critica a un modello economico e di pensiero, quello incarnato da Thomas Gradgrind, che mira ai fatti, alla razionalità, all’interesse personale ma che devia in un pieno insuccesso educativo. Molto attuale, se riflettiamo sulle attuali pressioni che vengono esercitate sui nostri giovani sulla scia di un modello di sviluppo economico insostenibile, in tutti i sensi. I suoi due figli, castrati nell’immaginazione e nel pensiero, Tom e Louise, falliranno come persone, la prima sentendosi costretta e accettando un matrimonio con un ricco industriale molto più vecchio di lei, Josiah Bounderby, amico del padre; l’altro, denominato a più riprese il “botolo”, un ribelle, spingendosi oltre la legalità.

Opera della maturità, acclamata come capolavoro, è stata invece per me una lettura faticosa, trascinata a lungo, con una sezione centrale particolarmente lenta; uno stile realista che lascia poco spazio alle riflessioni poetiche, caratterizzato invece da tagliente ironia.


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Tempi difficili 2020-08-08 21:44:39 La Lettrice Raffinata
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La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    08 Agosto, 2020
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La disfatta dei fatti

"Tempi difficili" è una storia familiare, nella quale Dickens va ad inserire anche elementi tipici del romanzo urbano, nonché diverse riflessioni sulla condizione lavorativa degli operai proletari nell'Inghilterra industriale di metà Ottocento. Questo ha portato molti suoi contemporanei a bollare l'opera come "socialista" nonostante, pur avendo tra i protagonisti alcuni umili lavoratori, il romanzo rimanga sempre incentrato sulla classe borghese ed i giudizi sui personaggi riguardino la loro morale e non la posizione sociale.
Al centro della vicenda vediamo la famiglia Gradgrind, mentre il resto del cast è impegnato costantemente ad orbitare attorno a loro e le loro vicende. Il capofamiglia Thomas è un glorificatore dei Fatti, qui opposti all'immaginazione e alla creatività; in casa Gradgrind tutto segue la logica ed il ragionamento, tanto che i Fatti arrivano ad essere equiparati a delle divinità,

«Non che essi [i figli di Gradgrind, NdR], per esperienza personale o per sentito dire, sapessero alcunché sugli orchi. Il Fatto ce ne scampi!»

e lo stesso metodo educativo viene esteso a tutti i ragazzi della scuola gestita dall'uomo. Nel corso della storia, anche grazie al confronto con gli altri personaggi, ed in particolare la figlia maggiore Louisa,

«-[...] Siete sempre stato così attento con me, che non sono mai stati bambina. M'avete educato così bene che non ho mai sognato quel che sognano gli altri bambini.»

Thomas arriverà a capire come i Fatti non siano sufficienti per formare il carattere di un individuo adulto. Pur essendo il tema centrale del volume, questa analisi verrà affiancata sulla pagina da personaggi ed eventi estranei; ad esempio, da metà libro in poi si inserisce una sottotrama mistery che pian piano acquisisce un ruolo molto importante per la risoluzione finale.
Per caratterizzare i suoi personaggi, Dickens ricorre come sempre alla satira. Ad eccezione di quelli che potremmo definire gli eroi della storia -ossia le tre protagoniste femminili, Louisa, Sissy e Rachael, più lo sventurato Stephen- il cast è comporto da personaggi quasi comici, per il loro aspetto e per l'esasperazione dei tratti caratteriali. Abbiamo il circense Sleary che confonde le lettere mentre parla ed il sindacalista Slackbridge, pronto a far leva sul malcontento dei lavoratori, dipinti come facilmente influenzabili,

«Si udirono poche voci gridare con fermezza [...] "Slackbridge, ti sei scaldato troppo! Corri troppo!" Ma erano un gruppo sparuto di fronte a un esercito.»

e ad indirizzarlo verso chiunque ritenga un avversario alla sua portata, che si tratti dell'innocente Blackpool o di Bounderby, forse ben più meritevole dell'astio dei suoi dipendenti. E proprio con quest'ultimo che l'autore arriva a parodiare se stesso, superandosi; presentato come un ricco imprenditore, Bounderby svilisce continuamente il suo passato, raccontando storie al limite del surreale,

«-Non avevo scarpe ai piedi, e le calze, poi, non le conoscevo neppure per nome. Ho passato la giornata in un fosso e la notte in un porcile: ecco come ho festeggiato il mio decimo compleanno.»

storie che però non sembrano tanto fantasiose ai lettori di Dickens che personaggi simili li hanno già incontrati nei suoi libri.
Oltre al cast, la forza del romanzo deriva senza dubbio dalla ricercatezza delle descrizioni, specialmente quelle dei luoghi all'interno e nei pressi della città fittizia di Coketown.

«I palazzi fatati si illuminarono ad un tratto prima che la pallida luce del mattino rivelasse i mostruosi serpenti di fumo che si snodavano sopra Coketown.»

Una città fatta di squallidi appartamentucoli ed industrie inquinanti, tanto che anche nelle giornate di bel tempo i raggi solari faticano a farsi strada attraverso la cappa di fumo che intrappola l'abitato.
Per quanto evocative, le descrizioni di Dickens sono state spesso tacciate di pressapochismo, in quanto lui non conosceva direttamente la vita delle realtà industriali nel nord dell'Inghilterra, ma personalmente credo che questo romanzo non ne risenta affatto, perché le fantasiose metafore colmano il divario tra realismo e capacità trasmettere l'immagine desiderata.
Trovo anche che la critica al presunto socialismo del romanzo, successivamente accantonata, avesse una sua ragion d'essere, anche se in un'ottica positiva. Infatti è Sissy, personaggio molto positivo nella storia, ad esprimere al meglio alcune riflessioni contrarie al sistema capitalista,

«-[...] Ho pensato che non potevo decidere se era una nazione ricca o povera e se io ero in un condizione di prosperità o no, se prima non sapevo chi aveva quei soldi e se a me ne veniva una parte.»

in contrapposizione agli sproloqui inconcludenti di Slackbridge; penso che ciò diventi ancor più significativo una volta letto il lieto fine concesso da Dickens alla ragazza.
L'edizione Einaudi -che ho acquistato per rimpiazzare quella Newton Compton- può considerarsi promossa: nel testo ci sono alcuni piccoli errori (date un'occhiata anche alla data di morte dell'autore in quarta di copertina!) e l'introduzione non è tra le più lineari, ma la traduzione risulta scorrevole e reputo ottima l'idea di inserire il saggio di George Orwell a fine volume, chiaro e apprezzabile anche da chi non conosce l'intera opera dickensiana.


NB: Libro letto nell'edizione Einaudi

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Tempi difficili 2019-12-13 08:52:53 Valerio91
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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    13 Dicembre, 2019
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Scontro tra Ragione e Cuore

"Quando Dickens descrive qualcosa, ti rimane davanti agli occhi per tutta la vita"; questo è quanto asserisce George Orwell in un breve saggio su Charles Dickens, riportato alla fine dell'edizione Einaudi di questo romanzo. Oltre a questo complimento, tuttavia, pur riconoscendo il genio del grande scrittore inglese e ammettendo anche il suo personale apprezzamento, Orwell quasi si interroga sui motivi del suo immenso successo, quasi fosse un mistero che va oltre la concezione umana; quasi stessimo parlando dell’equivalente ottocentesco di Fabio Volo. Perché? Perché secondo lui nei romanzi di Dickens i personaggi sono a volte incoerenti, stereotipati, macchiette incapaci di evolversi; in alcuni casi le trame risultano banali e, oltretutto, mancano proposte per migliorare la società malfunzionante e disparitaria che Dickens spesso critica.
“Se gli uomini si comportassero come si deve, anche il mondo sarebbe un mondo come si deve”: questa è la semplificazione che il buon Orwell dà del messaggio globale dickensiano.
Ecco, se devo dire la mia, pur riconoscendo la bravura dell’autore di un capolavoro come “1984”, trovo che in questo breve saggio pecchi un po’ di quell’invidia che gli scrittori provano al cospetto di un genio inarrivabile, quale senza ombra di dubbio era Dickens. Ricercare la perfezione in un essere umano è impossibile, è dunque una follia ricercarla in esseri umani controversi quali sono gli artisti toccati dal genio. Oltretutto, nei propri romanzi, uno scrittore si sofferma su ciò che più gli sta a cuore; dà ai personaggi l'impronta del suo carattere e i fini degli eroi non possono non coincidere, almeno in parte, con quelli che l'autore vede più desiderabili, nel caso di Dickens il focolare domestico, l'amore, gli affetti.
Dickens è un grande indagatore dell'animo umano: tenero quando possibile; spietato quando necessario; capace di porre l’attenzione su realtà difficili ma allo stesso tempo in grado di stemperare tutto con la sua ironia irresistibile. Ma la potenza di Dickens sta soprattutto nello stile: evocativo, capace di imprimere immagini indelebili nella mente del lettore; capace di creare personaggi indimenticabili, ognuno per un motivo diverso; capace di commuovere e di generare ogni sorta d'emozione. Questo era Dickens; perché cercare in lui quel che non è, e non soffermarsi sulla miriade di cose che invece è? Certo, non sarà stato una fucina di soluzioni per i problemi della sua epoca (anche se, comunque, anche il solo denunciarli e farci satira era, per un uomo così influente, un modo efficace per incanalarvi l'attenzione), ma il modo in cui affrontava temi d'importanza universale nella sfera emotiva degli uomini lo ha reso eterno al pari di Shakespeare e pochi altri. Che avesse avuto successo anche con le masse di lettori non dovrebbe indignare, generare invidia, bensì rincuorarci; è infatti la prova che, delle volte, la vita può essere anche giusta e dare ciò che deve a chi lo merita.
Ora, chi legge questa recensione potrà dire che ho parlato di tutto fuorché di “Tempi difficili", ma mi rimetterò in carreggiata dicendovi semplicemente che il genio sopracitato dell'autore è oltremodo presente nell'opera in oggetto. Quel che Dickens mette in risalto raccontandoci questa storia effettivamente semplice, è capace di toccare il cuore e far riflettere. L’importanza dell'immaginario, dell'amore, della bontà; la satira e l'accusa nei confronti dei capitalisti sfruttatori e privi di morale; la capacità dell'uomo di poter cambiare: tutto questo è molto di più si può leggere in questo romanzo che si “beve” in un sol sorso, ricco di dettagli che non fanno altro che renderlo più vivo e indimenticabile.

Tom Gradgrind è un uomo tutto d'un pezzo, che crede fermamente nella supremazia della Ragione sugli insulsi viaggi del Cuore; dei numeri sull'immaginazione e la fantasia. È sulla base di questi pilastri che fonderà la sua vita e l'educazione dei suoi figlioli, in particolare della sua figlia prediletta: Louisa, che crescerà estremamente chiusa e disinnamorata della vita, presentatale fin da piccola come un agglomerato incolore di Fatti ed equazioni. Dunque, quando il padre le proporrà di prendere in sposa un ricco e insopportabile amico di famiglia (tale Bounderby), più grande di lei di trent'anni, accetterà con apatia. “Che importanza ha? "è l’inciso che accompagnerà il suo “sì”, ma ben presto, quando quei sentimenti che vanno oltre la logica le travolgeranno la vita, conseguenze devastanti si riverseranno su di lei e su tutti coloro che le sono intorno, facendo crollare la barricata di Fatti con cui il signor Gradgrind aveva sorretto la propria vita. In mezzo a una folla di persone arrese al potere della logica, spiccherà invece la figura di Sissy, figlia di un saltimbanco che l’ha abbandonata quando il suo circo era stanziato a Coketown e presa in custodia proprio dal signor Gradgrind. Lei rappresenta l’altra faccia della medaglia, quella che si contrappone alla fredda logica e farà valere le ragioni del Cuore e dell'Amore.
Leggetelo, e leggete anche il saggio di Orwell che, seppure sia per me condivisibile solo in parte, è comunque interessante.

“Centinaia e centinaia le «braccia» al lavoro in questa fabbrica; centinaia e centinaia i cavalli-vapore. Sappiamo quel che può fare una macchina, fin nella sua minima componente, ma neppure tutti i contabili della tesoreria nazionale riusciranno mai a calcolare quale sia l'attitudine a compiere il bene e il male, ad amare oppure a odiare, a servire la patria oppure a sobillare, la capacità di corrompere la virtù in vizio, o viceversa, che si annida nell'animo di ciascuno di questi mansueti servitori dai volti composti e dai gesti regolari. La macchina non ha misteri, ma un mistero insondabile si cela per sempre anche nel più umile di costoro. Cosa mai accadrebbe se riservassimo la nostra aritmetica agli oggetti materiali, e cercassimo invece di valutare con altre misure queste entità del tutto ignote?"

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