Sister Carrie
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Theodore Dreiser, nato a Terre Haute nell’Indiana nel 1871, figlio di un immigrato tedesco, Dreiser fu autore di romanzi, saggi e poesie. Considerato il padre del romanzo moderno americano e uno dei maggiori esponenti del realismo in narrativa, fu un acuto osservatore dei grandi cambiamenti sociali ed economici degli Stati Uniti nel periodo cruciale di passaggio tra il XIX e il XX secolo. Tra le sue opere ricordiamo Una tragedia americana, da cui venne tratto il film Un posto al sole con Montgomery Clift ed Elizabeth Taylor, e Jennie Gerhardt. Anche per Sister Carrie vi fu una trasposizione cinematografica diretta da William Wyler, con Jennifer Jones e Laurence Olivier, uscita in Italia con il titolo Gli occhi che non sorrisero. Morì a Hollywood nel 1945.
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Un libro di formazione (secondo P. Roth).
Considerato da P. Roth tra i 5 romanzi (gli altri quattro sono: “Le confessioni di Nat Turner” di Styron, “Il nudo e il morto” di N. Mailer, “Tutti gli uomini del re” di Penn Warren e “Furore” di Steinbeck) di formazione per i giovani ma anche come introduzione e comprensione della moderna narrativa americana, Sister Carrie è forse il primo romanzo di realismo esplicito o, quantomeno, è il primo romanzo che rompe con la genteel tradition di cui Henry James è stato il massimo e più noto esponente ponendosi al limite ultimo tra questa e la corrente letteraria susseguente del reticent realism. In verità, come scrive Riccardo Reim nella sua introduzione al romanzo, prima di Dreiser vanno ricordati John William De Forest con The Ravenel’s Conversion from Secession to Loyalty, e soprattutto, William Dean Howells con “la sua scoperta dell’uomo della strada, delle ferrovie sopraelevate, dei ristoranti italiani, degli ambulanti e degli scioperi dei tranvieri”.
Ma lo stile di Howells, pur mantenendosi fedele al suo credo di non “propinare menzogne sulla vita”, non riesce ad uscire da una narrazione che oggi definiremmo polically correct, cioè semplice, vera ma garbata, senza elementi di reale rottura rispetto alla genteel tradition tanto “che i propri romanzi si possono leggere nella cerchia familiare senza che gli adolescenti abbiano ad arrossire” (Izzo, La letteratura nordamericana); appunto la corrente letteraria definita reticent realism.
Varcando in maniera decisa il confine tra i due generi Dreiser racconta la storia e l’ascesa sociale di Caroline Meeber, Carrie, senza veli, senza inutili orpelli o abbellimenti, nella sua cruda realtà. Carrie è una ragazza di provincia, di una bellezza che la povertà da cui sta scappando non riesce a far emergere in tutte le sue potenzialità. In fuga dalla famiglia e dalla miseria la giovanissima Carrie si reca a Chicago alla ricerca di un lavoro che la renda autonoma e le consenta di realizzare tutti i suoi sogni. Ma la sua ingenuità si infrange contro la realtà della grande città che poco ha a che vedere con le sue aspettative. Frustrata nei suoi sogni da lavori faticosi e mal pagati, mal sopportata dalla famiglia della sorella presso cui si è sistemata, Carrie finisce per cedere alle lusinghe di un commesso viaggiatore di successo, Drouet, andando a vivere con lui. Ma la “foto” con cui Dreiser ritrae Drouet ce lo mostra come un personaggio anaffettivo, un donnaiolo che ama la vita, cui piace ostentare il proprio successo, frequentare i luoghi dei ricchi, apparire. Ben presto anche la bella Carrie diventa poco più che un trofeo da mostrare agli amici. È così che Drouet la presenta a George Hurstwood, affascinante direttore di un lussuoso caffè di Chicago. Hurstwood conduce una vita brillante godendo della stima degli amici, dei ricchi avventori e, soprattutto, dei due proprietari del locale. Ma l’attrazione per Carrie fa emergere, in Hurstwood, tutta la stanchezza di una noiosa routine familiare. Così, pur di ottenere i favori di Carrie, non immune dal fascino di Hurstwood, questi si impossessa dell’intero incasso di una serata e, con un sotterfugio, costringe Carrie a seguirlo. Rifugiatisi dapprima in Canada e poi a New York le strade dei due amanti si divaricano fino a dividersi. Mentre Hurstwood, costretto a restituire gran parte dei soldi rubati per non essere denunciato, si avvita in una spirale di autodistruzione, Carrie intraprende con sempre maggior decisione la strada del successo diventando una attrice famosa e osannata. Il realismo di Dreiser si evidenzia dalla totale assenza di critica, di giudizio o condanna morale nei confronti della protagonista che, al perbenismo dell’epoca, sarebbe potuta apparire come una semplice arrivista capace di costruire la sua ascesa sociale servendosi dei suoi due uomini, pronta ad abbandonarli al loro destino una volta raggiunti i suoi scopi. Né, tantomeno, vi sono giudizi sul furto compiuto da Husterwood; Dreiser si limita a descriverne i fatti. In queste descrizioni asettiche, algide si riflette la formazione dell’autore che era arrivato povero e giovanissimo – a soli 16 anni – a Chicago con la sola forte determinazione di avere successo. Dopo aver svolto tanti mestieri umili il futuro scrittore approda al Chicago Globe e, successivamente, al ST. Louis Globe-Democrat iniziando la sua attività di giornalista. L’esperienza decennale accumulata e la incessante lettura dei grandi scrittori europei (Zolà, Balzac, Hugo, Dickens, ecc.) rivela le origini della prosa di Dreiser. Leggendo Sister Carrie, infatti, si ha spesso la sensazione di trovarsi di fronte a scatti fotografici, cioè di fronte a vere e proprie istantanee. Non solo. Ma a far da sfondo al romanzo c’è anche la crisi sociale che attraversa il paese in quegli anni: povertà, scioperi (e qui è evidente l’influenza di Howells), il contrasto tra società benestante e miseria, la nascita delle prime organizzazioni assistenziali verso diseredati. Ed è da queste esperienze, da questa presa di coscienza, attraverso una catarsi della sua vita trasmutate nelle vicende di Carrie, senza pietismo, senza giudizi morali, senza lieto fine che nasce, potente, il realistico romanzo di “Sister Carrie”.
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L'America secondo Dreiser
"Quando Caroline Meeber salì sul treno pomeridiano per Chicago, tutto ciò che aveva con sé era un piccolo baule depositato nel vagone bagagli, una sacca dozzinale imitazione coccodrillo contenente alcuni oggetti per la toeletta, una scatola di cartone con uno spuntino, e una borsetta di pelle gialla dalla chiusura a scatto con dentro il biglietto ferroviario, un foglio con l'indirizzo della sorella in Van Buren Street, e quattro dollari.
Era il mese di agosto del 1889".
Con questo incipit fotografico, Theodore Dreiser "il padre del romanzo moderno americano", ci introduce nella vita di una ragazza di diciotto anni che, abbandonata la provincia, va a cercare fortuna nella grande Chicago.
Caroline, ribattezzata "Sister Carrie", è una sognatrice e quello che conosce della vita lo ha appreso attraverso le difficoltà economiche della sua famiglia.
Una volta a Chicago, ospite della sorella, dovrà mettersi subito alla prova ricercando un lavoro per guadagnarsi la sua permanenza.
Bussa alle porte di varie aziende sperando, soffrendo, tenendo duro.
Tanti i "no" e tante le porte ambite che per lei non si apriranno mai.
Finalmente, spunta un lavoro ma, le permette a mala pena di sostenersi e quando per una febbre improvvisa sarà costretta a letto, perderà anche quello.
Come fare a tirare avanti?
Sedotta dalle parole e dallo stile di vita dell'intraprendente donnaiolo Drouet, conosciuto sul treno, Carrie, piuttosto incline a bypassare i grandi sacrifici, rinuncia per sempre ai suoi principi morali, abbandona la casa della sorella e si lascia mantenere da lui.
Tutto è più facile adesso.
Drouet le fa assaporare il bel mondo, le serate nei teatri sfavillanti, le cene nei locali rinomati, i vestiti alla moda dal taglio raffinato e le fa incontrare la gente "che conta".
Tra questi anche l'affascinante e ricco Mr. Hurstwood di cui ben presto si invaghirà corrisposta.
Questa vita, però, la condurrà lungo percorsi inimmaginati in una folle corsa mirata al "volere di più" e non priva di brutte sorprese.
Un romanzo dalle mille sfaccettature che con una certa fierezza e un pizzico di cinismo, demolisce pagina dopo pagina, il mito del sogno americano e coloro che lo inseguono mettendo in risalto le pecche del sistema capitalistico.
Si è risucchiati in una trama dal realismo dirompente scritta in uno stile piuttosto incerto che diviene l'unica nota stonata di tutta la lettura. Infatti, lo scrittore si dilunga tantissimo e inserisce numerose (e talvolta sconclusionate) digressioni che, a mio avviso, si potevano evitare perché appesantiscono un romanzo già di per sé impegnativo.
Ma Dreiser sembra non poterne fare a meno.
Di cose da dire ne ha perché da figlio di immigrati tedeschi, approdati in cerca di fortuna, conosce bene la lotta per la sopravvivenza, la selezione feroce, l'annientamento dei deboli, e, per questo motivo è facile per lui scrivere le pagine più cupe di questo romanzo e le invettive pungenti.
La protagonista lascia totalmente indifferenti dal punto di vista emotivo ma offre spunti di riflessione.
Carrie è un personaggio negativo che si riscatta solo parzialmente alla fine del romanzo pur restando fedele a se stessa.
Possiede grazia e bellezza ma è solo una bella cornice senza tela.
In lei regna il vuoto più assoluto e non v'è nessun senso di appartenenza; non appartiene agli uomini a cui si concede, non appartiene alla sua famiglia dalla quale si vuole allontanare e non appartiene ad un luogo specifico.
Inseguendo l'archetipo della donna ricca, Carrie tenta continuamente e disperatamente di assomigliarle, trasformandosi nel perfetto prodotto della società capitalistica. Anche quando incontra Mr Ames, personaggio chiave che potrebbe ricondurla sulla retta via, non ci sono più speranze; il desiderio sfrenato ormai è parte integrante del suo essere e la sedia a dondolo (che ricorre spesso nelle scene descritte dell'ultima parte) si eleva a simbolo di quell'abbandono ad un destino che non si può più modificare pur volendolo.
Un libro splendido, profondo, formativo che dovrebbe essere introdotto nei licei e di cui, ovviamente, consiglio la lettura.