Papà Goriot Papà Goriot

Papà Goriot

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Pubblicato nel 1835, "Papà Goriot" è considerato il capolavoro di Honoré de Balzac, l'opera più perfetta e memorabile di quel ambiziosissimo ciclo di romanzi intitolato "La commedia umana". Nell'amore cieco, fanatico del vecchio Goriot per le figlie, due creature ciniche e amorali che egli ha, con gravi sacrifici, innalzato a uno stato sociale di molto superiore al suo, si riflette tutta la grandezza della capacità di analisi psicologica dell'autore e, al tempo stesso, tutto il suo feroce pessimismo nella descrizione di una società dominata dal vizio e dall'avidità.



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Papà Goriot 2020-12-29 09:26:39 Valerio91
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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    29 Dicembre, 2020
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Una società fredda e brutale

La lettura de "Il padre Goriot” mi ha reso preda di diverse emozioni contra­stanti. In primis c'è il piacere dovuto allo stile di Balzac: dettagliato nelle descrizioni (a volte anche troppo), molto efficace nella caratterizzazione dei personaggi principali (sebbene a volte mostrino tratti ed emozioni esagerate e un po' forzate) e una scorrevolezza non comune per i romanzi dell'epoca. Non stupisce che Balzac sia annoverato tra i più grandi romanzieri francesi, eppure questa sua opera non è esente da difetti per i quali un qualunque scrittore contemporaneo verrebbe forse trattato con sufficienza. La verità è che romanzieri davvero perfetti non esistono, né tantomeno esistono opere prive d'una qualsiasi fallacia: quel che davvero importa sono le emozioni e il messaggio che riescono a trasmettere, e in questo senso "Il padre Goriot" è un'opera forte, tragica, che offre un'immagine spaventosa della nobiltà parigina del tempi. Sebbene in certi tratti la brutalità e la freddezza dei suoi componenti sembri staccarsi da un'effettiva verosimiglianza, non si può fare a meno di lasciarsi coinvolgere dalla vicenda e di empatizzare con le uniche anime buone e pure descritte nel romanzo, e che in fondo coincidono coi suoi protagonisti: Eugène de Rastignac e Padre Goriot.
Eugène si mostra attratto, come tutti i giovani, da quel mondo all'apparenza luccicante e bello della nobiltà, e vuole farne parte a ogni costo. Ogni passo che farà al suo interno, tuttavia, scurirà d'un tono il bagliore e quella società comincerà a rivelarsi in tutta la sua falsità: matrimoni di convenienza, relazioni extraconiugali (che a Parigi parevano essere in voga quanto gli smartphone al giorno d’oggi), gioco d’azzardo. Più v'è dentro, più Eugène ne misura la brutalità eppure non riesce a staccarsene. Ma la testimonianza più spaventosa di quella lordura viene presentata ai suoi occhi e a quelli del lettore dalla vicenda che coinvolge l’uomo che dà titolo al romanzo, quel padre Goriot che ha accumulato le sue fortune col sudore e col sangue e ha sacrificato poi tutto sull'altare della paternità, di cui rappresenta la quintessenza. Padre Goriot si priva di tutto pur essendo ricco: veste di stracci così che le sue figlie possano concedersi i lussi più sfrenati… ma in cambio non riceve nient’altro che indifferenza, viene gettato in un angolo polveroso e recuperato soltanto nel momento del bisogno, per soddisfare i capricci di due corpi senz'anima, che tuttavia quell'uomo continua ad amare anche dopo l'ennesima dimostrazione d'egoismo. Lui quest'egoismo lo ha sempre sospettato, ma lo comprende davvero solo sul letto di morte, in cui si ritrova con la compagnia del solo Eugène mentre le sue due figlie se ne stanno a soffrire le proprie sciocche pene, che pongono al di sopra d’un padre che per loro ha sacrificato la vita. Eppure egli continua ad amarle, mentre il lettore non può che odiarle mentre Eugène ne misura la piccolezza e il cuore di pietra.
La dipartita di Goriot è qualcosa di tragico, che addirittura fa apparire migliori i farabutti (personificati da Vautrin, gran bel personaggio), che almeno non peccano d'ipocrisia, ammettendo la propria natura. Quelle persone vuote si reputano migliori di quei criminali quando, spesso, nei propri cuori serbano tenebre peggiori di quelle d’un ladro o d’un assassino. Non è forse assassinio permettere che un uomo così buono e amorevole si diparta dal mondo senza una carezza o un riguardo?
Se questo romanzo rispondesse anche solo un po’ al vero, la società nobile parigina del tempo non ne esce affatto bene.

“Così è con tutti i nostri sentimenti. Il nostro cuore è un tesoro, vuotatelo di colpo, e sarete rovinata. Perdoniamo a un sentimento di essersi rivelato per intero tanto poco quanto a un uomo di non avere un soldo di suo. Questo padre aveva dato tutto. Aveva dato, per vent’anni, le proprie viscere, il proprio amore; aveva dato la propria fortuna in un giorno. Spremuto per bene il limone, le sue figlie hanno gettato la buccia all’angolo della strada.”

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Papà Goriot 2019-10-28 14:54:25 cristiano75
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cristiano75 Opinione inserita da cristiano75    28 Ottobre, 2019
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Babbo a me tutto, a te la polvere

Una società malata, che potrebbe essere di un secolo fa, come attuale.
Francese per nazione di nascita dell'autore, ma che può benissimo rispecchiare qualunque nazione nel globo.
Cosa accade quando un genitore si riduce sul lastrico per i figli? non accade nulla di tanto inimmaginabile, la prole feconda, il genitore finisce alla polvere.
Leggendo il romanzo, ci si chiede cosa allora rappresenti la famiglia, intesa come un unico organismo dove le varie parti debbano sostenersi l'un l'altro per far fronte alla società spietata, esterna.
Invece nulla di tutto questo, il male è proprio in seno alla famiglia, al gruppo familiare, in questo caso portato all'estremo con l'angheria delle figlie verso il vegliardo.
Un po come andare in una casa di cura qualsiasi, oppure osservare nonnini ai giardinetti da soli o con il cagnolino, o vedere badanti che accompagnano teste canute.....mi chiedo sempre: ma questi signori, non hanno figli? non hanno nipoti che possono fare loro compagnia?
Mi sono sempre guardato dal fidarmi dai falsi ideali imposti da una società miope e cinica. Familiari, amici, conoscenti, non mi hanno mai suscitato una simpatia totale, una piena fiducia verso il prossimo.
Il romanziere attraverso questo cupo romanzo, ci scaraventa in faccia la triste realtà.
Quando si invecchia, quando si perdono le risorse economiche, si può diventare motivo di imbarazzo anche per la propria prole, così tanto amata e cresciuta.
Allora il vecchietto, la vecchietta si rifugiano nella loro tana in attesa di un gesto di amicizia che mai arriva.
Dopo aver letto il romanzo, mi sono messo a osservare un po il mio vicinato.
Ebbene, essendo questo un paese anziano, non ho trovato difficile individuare delle similitudini con i personaggi di Balzac.....vecchietti che aspettano magari la domenica per vedere un figlio o un nipote....se va bene.....come se la vita fosse solo la domenica.....
Mi preservo da codesta triste fine e rimango scapolo e senza ingorda prole.

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Papà Goriot 2018-12-26 08:05:36 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    26 Dicembre, 2018
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Una società malata

Se per esprimere un giudizio ci dovessimo basare sollo sulla trama, Papà Goriot sarebbe un romanzo anonimo che tratteggia la fine di un padre che ha un amore patologico per le due figlie al punto di cadere in miseria per alimentare la loro sete di ricchezza. L’uomo, anziano, vive in una pensione in cui dapprima lo credono un riccone (e in effetto lo è), avaro e solitario, a cui di tanto in tanto fanno visita due belle signore che lui dice essere le figlie, ma che gli altri, malignamente, definiscono come donne prezzolate da quello che ritengono erroneamente un gran porcone. Insomma, non viene creduto e l’uomo trascina la sua esistenza in una progressiva condizione di indigenza fino al momento del trapasso, dopo che morente nel letto ha atteso invano una visita delle figlie. Una trama quindi modesta, senza particolari colpi di scena, per un’opera che, se ci si basasse solo sullo sviluppo della vicenda, potrebbe apparire modesta, ma che invece è un capolavoro; sono altri infatti gli elementi di giudizio e tutti soggetti a valutazioni ampiamente positive. Balzac già solo nel descrivere la pensione dove alloggia Papà Goriot offre un esempio della sua elevata capacità di proporre al lettore un ambiente, tanto che pagina dopo pagina si ha netta l’impressione di essere lì presenti. Ciò, se pur valido, sarebbe tuttavia poco se non considerassimo anche i vari piani di lettura, che vanno dalle relazioni familiari alla bramosia dell’ascesa sociale, grazie a un’irrefrenabile ambizione; e non poteva mancare il male endemico presente in ogni epoca, in misura maggiore o minore, e al tempo della vicenda maggiore, vale a dire la corruzione. Quello che però stupisce maggiormente è l’approfondita analisi psicologica dei personaggi, perché Papà Goriot, il cui affetto smisurato per le figlie non è adeguatamente corrisposto, anzi è vittima delle stesse, è il ritratto di un uomo fondamentalmente buono e onesto, la cui esistenza viene stravolta dalla sete di denaro di una società in cui le sue discendenti bramano di figurare sempre al massimo livello; la signora Vauquer, che è la proprietaria della pensione, vedova e che aveva messo gli occhi su Papà Goriot agli inizi del suo soggiorno è una persona che vive per il denaro, un tipo dozzinale nonostante professi una incerta patente di nobiltà; Eugene de Rastignac è un giovane universitario, che studia da avvocato, dalle modeste risorse finanziarie, ma che ambisce primeggiare nella bella società parigina, ricorrendo anche a una relazione con una donna più vecchia di lui; Vautrin è il male in persona, un criminale che per raggiungere i suoi scopi ricorre anche al delitto, un uomo inattaccabile dalla corruzione, perché lui è corrotto dalla nascita; e poi ci sono le due figlie di Papà Goriot, la maggiore Anastasie de Restaud, che ha un’amante, accanito giocatore e perennemente indebitato, soccorso di continuo con il denaro del sempre più povero Papà Goriot, e la minore Delphine de Nucingen, che sembrerebbe la migliore, ma che anche lei ha un amante che lascia per il più giovane Eugene de Rastignac.
Papà Goriot insomma è un ritratto crudele, indubbiamente realistico della società francese dell’epoca, ma presenta dei personaggi che è possibile trovare in ogni società, spesso individui dal latente carattere che nelle occasioni offerte da un modo vita nazionale finiscono per rivelarsi.
Direi che parlare di stile è superfluo, l’opera si presenta da sé per quel che è, vale a dire un capolavoro, un classico, un romanzo sempre e ovunque valido.








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Papà Goriot 2018-12-05 14:20:50 AsiaD
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AsiaD Opinione inserita da AsiaD    05 Dicembre, 2018
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Il condominio a teatro

Stile impeccabile e storia avvincente, due elementi che va da sé rendono questo romanzo di Balzac un piccolo gioiello della letteratura.
Tutto accade e ruota attorno quello che ho definito un condominio, ossia la pensione Vauquer, dove dubbi personaggi allo stremo delle loro forze economiche decidono di vivere e condividere spazi con altrettante dubbie presenze. Una descrizione e racconto delle varie sfaccettature umane ammirevole. Questa scrittura farebbe invidia alle soap opera più moderne.
Sicuramente dietro all’ironia dirompente con cui Balzac ci coinvolge nelle storie dei suoi personaggi si cela il suo pessimismo verso il genere umano descritto nei suoi aspetti più opportunistici e arrivisti. Ognuno pensa per sé e ogni gesto, ogni pensiero sono pregni dell’ambizione che li guida; anche lo stesso Goriot (maliziosamente definito Papà dai coinquilini della pensione prima che si sapesse la verità, ossia che era nei fatti un padre amorevole e devoto verso le proprie figlie) che vuole rappresentare l’anima buona di tutta la storia, nonostante, nuovamente, il pregiudizio del “popolo” lo addita inizialmente come un poco di buono, si rivela TROPPO buono, quasi a rasentare l’esagerazione esasperata. Lo si vede elemosinare una carezza, uno sguardo da queste figlie ingrate che però è stato lui stesso a spingere nelle braccia di buoni partiti, apparentemente, tralasciando un sentimento che nei fatti qui riveste un’importanza secondaria, ossia l’amore.
Tutti i personaggi sono caratterizzati fortemente e brillantemente, riesce poi a far dire loro tramite la consueta ironia delle cattiverie che farebbero rabbrividire i più, ma si dice infatti che si può dire tutto nel giusto modo, no?!
L’unico vero personaggio positivo qui è il giovane Rastignac , che ha un’evoluzione tangibile all’interno del romanzo, perché anche lui stesso, alla stregua degli altri viene caratterizzato in una prima parte dall’arrivismo, tanto da cadere nei piani sedicenti del bieco Vautrin; arriva infatti dalla provincia nella bella Parigi, armato di tante speranze e di una valigia di orpelli proprio con il solo scopo di assumere un ruolo nella società parigina, entrare nelle sfere, quelle giuste, passando attraverso l’imbonimento di qualche giovane fanciulla dell’alta società , non importa se già impegnata. E questo è anche uno degli aspetti comicamente più controversi, avere un amante è un must, un amante conosciuto dal proprio compagno di vita ufficiale e riconosciuto dalla società; è davvero divertente la scena della disperazione così evidente della viscontessa di Beauséant quando scopre che il suo amante in realtà sta per convogliare a nozze e tutta la società parigina non aspetta altro che di andarla a trovare per vedere la sconfitta sul suo volto; una vera e propria processione a corte, che meraviglia! Ma tornando a Rastignac nella seconda parte fa trapelare tutta la sua bontà d’animo, si è ormai affezionato a Papà Goriot ed è nei fatti l’unico che gli starà vicino per la prima volta senza doppi fini ma solo trasportato da un amore direi filiale.
Un’opera teatrale, nel senso meno figurato del termine. Alcune scene corali, che per evitare spoiler non cito, si prestano magnificamente ad una bellissima opera teatrale.

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Papà Goriot 2018-08-04 12:41:10 siti
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siti Opinione inserita da siti    04 Agosto, 2018
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Dov'è di casa la moralità?

È il romanzo del successo, quello avvertito dall’autore nella fase creativa e che lo portava a dire, mentre entrava in casa della sorella: ”Salutatemi perché sono semplicemente sul punto di diventare un genio”, e quello del pubblico che, dopo aver letto il romanzo a puntate su rivista, lo accolse con grande calore nella prima pubblicazione in volume.
Al centro della narrazione il triste destino di Papà Goriot, “l’ultimo dei miserabili”, padre di una contessa e di una baronessa, unica ragione di vita di un vedovo che da pastaio era riuscito a trasformarsi in un industriale senza però acquisire nella scala sociale uno stato diverso da quello di novello borghese. Ciò non basta, Parigi nel primo ventennio del diciannovesimo secolo è spietata e crudele e ancora incredibilmente nobile: una società, sì ampiamente stratificata ma oltremodo elitaria, come prima della Rivoluzione. Lui riesce a maritare le figlie con dote e rendite generose, l’una sposa un banchiere, l’altra un esponente della piccola nobiltà, tra di loro però si instaura un conflitto fatto di gelosie, di arrivismo supportato dalla generosità paterna che progressivamente si spoglia di ogni avere per non negare alle figlie ingrate un abito, una festa, un eccesso. Papà Goriot subisce il suo declino mentre è ospite di una pensione borghese, Casa Vauquer, tra il Quartiere Latino e il Faubourg Saint-Marceau.

Lì è ospite, tra una girandola di casi umani, anche il giovane provinciale venuto dal sud per studiare in città a spese di grandi sacrifici della sua famiglia, è Rastignac, anima nobile destinata a supportare le ultime pene di papà Goriot, nel frattempo cerca con tutti i mezzi di insinuarsi nella tana del lupo. Usando una lontana parentela, entra in contatto con le due figlie del pensionato, ne scopre il legame paterno quasi taciuto, nascosto e proibito dai due generi , frequenta il bel mondo parigino, ne scopre gli abissi, ingoia amaro e si fa fagocitare. Ne conosceranno, i lettori, i destini in altri capitoli della Commedia.

Questo è infatti anche il romanzo che tesse le trame fra i diversi volumi, restituendo personaggi memorabili, come il bandito Vautrin, in sviluppi successivi che meritano sicuramente una ulteriore passeggiata letteraria. A leggere l’opera di Balzac ci si ritrova infatti come davanti al grande schermo, una spietata carrellata di immagini, di episodi, di destini , col gusto tutto moderno di eccitarsi a ritrovare uno dei protagonisti in puntate successive, meccanismo molto noto a noi utenti della moderna cinematografia. Ma sarebbe davvero riduttivo parlare di Balzac in questi termini perché alla base della sua opera c’è in realtà un vero e proprio linguaggio teatrale, in questo romanzo in particolare, nell’ultima delle sue quattro ampie sezioni si sta come a teatro, si assiste a dei veri e propri movimenti scenici che da soli mi ripagano di una certa insofferenza patita a metà dell’opera quando il divario cronologico mi ha particolarmente distanziato dalle falsità del bel mondo parigino, arrivando a tratti ad annoiarmi.
È inoltre, questo, il romanzo dei luoghi, quelli borghesi contrapposti a quelli aristocratici o dei nuovi ricchi, la descrizione della pensione è imperdibile, è anche il romanzo ancora una volta delle illusioni, anticipatorio del successivo ”Illusioni perdute”, è inoltre il romanzo delle vanità che accendono e nutrono le passioni.
La moralità non vi abita, se non in rari casi, schiacciando l’essere umano costretto a soccombere, anch’egli disilluso. Spietato realismo con qualche pennellata da melodramma a rendere il tutto appena un po’ più umano, la corruzione dell’animo non salva nessuno.

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Papà Goriot 2014-08-28 19:43:40 Vincenzo313
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Vincenzo313 Opinione inserita da Vincenzo313    28 Agosto, 2014
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L'assoluto disprezzo della bontà

Ad innalzarsi su tutto, nella storia, è senza dubbio la purezza, la bontà, la perfezione morale oserei dire, del protagonista, un vecchio pastaio che neanche in pensione smette di sacrificarsi in maniera maniacale per le sue figliole, assolutamente irriconoscenti verso il loro papà, al punto tale da provare vergogna di lui, evitando di riceverlo in casa.
Immancabili le critiche verso un personaggio di questo tipo, nel quale è facile, aggiungerei scontato, trovare un'estrema debolezza di carattere, un'incapacità di confrontarsi e di adeguarsi ad una realtà spietata, che non lascia troppo spazio a sentimenti di bontà e totale abnegazione, nemmeno se riferiti alla famiglia, che evidentemente non sfugge al tragico destino di un mondo corrotto. Ecco dunque che Papà Goriot si trasforma nello zimbello della pensione Vaquer, subendo il continuo scherno da parte degli altri inquilini della stessa, triste affresco di una società miserabile e meschina, capitanata dalla vedova Vaquer, la proprietaria, la cui pochezza morale raggiunge livelli altissimi. in mezzo alla pochezza imperante descritta da Balzac, e che avvolge tutti i personaggi della storia, ad elevarsi è la figura di Eugene de Rastignac, un giovane di provincia trapiantato a Parigi per poter frequentare l'università.
Eugene è l'unico ad accorgersi dell'immensità di papà Goriot, il solo a rimanergli vicino sino alla fine quando, ormai sul letto di morte, papà Goriot si ritrova abbandonato da tutti, in una disperazione tale che lo porta a pentirsi e ad accusarsi per l'educazione errata impartita alle due ingenerose figlie. Ma la grandezza di questo personaggio va oltre la sua bontà d'animo. Eugene infatti è un personaggio dalle mille sfaccettature che, da semplice studente di provincia, si trasforma gradualmente in profondo conoscitore della società. La sua ambizione è forte; in lui il desiderio di affrancarsi dalla condizione di giovane sprovveduto lo porta ad immergersi totalmente nella realtà che lo circonda. Toccherà con mano la pochezza della gente, esponente del mondo scintillante che aveva tanto sognato di raggiungere. Ben presto imparerà, vivendola, che dietro al lusso e alle feste si nasconde una realtà di un'estrema miseria e pochezza morale, corrotta in ogni suo aspetto. Eugene dunque cresce con lo scorrere della storia, matura e si evolve. Diventa infine l'uomo che aveva sempre agognato di essere, rimanendone sicuramente deluso, ma allo stesso tempo ne esce rafforzato quando, dall'alto di una collina nel cimitero, osservando una Parigi illuminata al crepuscolo, in una memorabile scena finale, pronuncia una frase densa di significato: "A noi due adesso", dichiarandosi ormai pronto ad affrontare a piena forza quella pochezza da lui tanto sognata, a gettare il guanto di sfida a una società per la quale Balzac non lascia alcuna speranza di redenzione.

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Papà Goriot 2013-01-18 16:31:18 antares8710
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antares8710 Opinione inserita da antares8710    18 Gennaio, 2013
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La società parigina di metà '800

Uno dei più grandi capolavori della letteratura francese dell'800 e uno dei libri più importanti della "Comedie Humaine", raccolta di quasi 140 romanzi e racconti di Honoré de Balzac.

La trama del libro è semplice e allo stesso tempo potente come in quasi tutti i romanzi dello scrittore francese. L'azione inizia in una sgangherata pensione di Parigi dove vive appunto il protagonista del nostro romanzo: Monsieur Goriot, chiamato affettuosamente da tutti gli altri ospiti della pensione, Papà Goriot, pastaio oramai ritiratosi dal lavoro. Goriot ha due figlie che ama in modo ossessivo e morboso, Anastasie e Delphine, le quali, però, hanno un assoluto disprezzo nei confronti del padre e lo vanno a visitare solo per chiedergli soldi.
Papà Goriot, infatti, grazie ad una vita di stenti e sacrifici, è riuscito a mettere da parte una somma considerevole e a dare in matrimonio le sue figlie a due uomini facoltosi (un nobile e un banchiere). Le due figlie, viziate, ciniche e sprezzanti per quel padre di un ceto più basso del loro, sono l'incarnazione stessa della scalata sociale, dell'arrivismo a tutti i costi che sarà ben descritto, qualche anno più tardi, da Maupassant con il suo "Bel-Ami".

In questo quadro si inserisce un altro protagonista, Eugène de Rastignac, studente universitario di giurisprudenza anch'egli ospite della pensione, che lascerà quasi subito i suoi studi perchè attratto dallo sfavillante mondo della nobiltà parigina, delle serate mondane e degli eccessi viziosi.
Eugène, ragazzo di bella presenza, riuscirà a sedurre molte donne dell'alta società parigina tra le quali spicca proprio Dolphine, la figlia di papà Goriot.

Il romanzo si conclude tragicamente. La salute di papà Goriot peggiora drasticamente fino a quando, per colpa di un accesso d'ira provocato dalle figlie, non si spegne definitivamente tra la sola compagnia di Eugène e l'indifferenza e il disprezzo delle figlie.
Anche al funerale le figlie non si presenteranno; solo il giovane Eugène lo accompagnerà nell'ultimo viaggio a Père Lachaise.
Emblematiche le parole del giovane protagonista all'uscita del cimitero più famoso di Parigi dopo la sepoltura dell'amico: "Rastignac rimasto solo, fece alcuni passi verso l’alto del cimitero e vide Parigi stendersi tortuosamente lungo le due rive della Senna, dove iniziavano a brillare le luci. I suoi occhi si attaccarono quasi avidamente tra la colonna di Place Vendôme e la cupola degli Invalides , dove viveva quel bel mondo nel quale aveva voluto fare ingresso. Lanciò su quell’alveare ronzante uno sguardo che sembrava gustarne in anticipo il miele, e disse queste parole grandiose:
- E adesso a noi due!».

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Comedie Humaine, la letteratura francese dell'800 in generale.
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Papà Goriot 2012-10-29 17:47:21 VALPI
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VALPI Opinione inserita da VALPI    29 Ottobre, 2012
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Gli arrampicatori sociali

Lettura obbligata a scuola che mi ha fatto scoprire il piacere di leggere.ambientato nei salotti bene e nelle bettole parigini, la storia narra le lotte di arrampicatori sociali e l'amore sbagliato di un padre dispotto a qualsiasi sacrificio per la felicità futile e materiale delle sue due figlie.Ricco di descrizioni minuziose tipiche dello stile letterario dell'autore che trasportano il lettore direttamente nelle stanze in cui si svolgono i fatti.
Fa spazio a molte riflessioni assolutamente moderne sullo stile e sull'immagine richiesta dalla nostra società, la quale punta sul voler essere e non sulla sostanza delle persone.
A prima vista la lunga descrizione della pensione Vauquer può spaventare, bisogna superare lo scoglio e non saltare nessuna pagina per assaporare con calma il superbo modo di scrivere di Balzac.

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Papà Goriot 2012-07-26 11:57:32 LittleDorrit
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LittleDorrit Opinione inserita da LittleDorrit    26 Luglio, 2012
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L'amore filiale

Questo romanzo é l'inizio di un ciclo, un disegno letterario che Balzac aveva bene in mente: la commedia umana, dove la vita dell'uomo é una sorta di rappresentazione con i suoi drammi, i suoi dolori, le sue perdite, le sue vittorie in varie tappe dell'età.
Papà Goriot é un uomo di umili origini che é riuscito, col sudore,a farsi una posizione rispettabile agli occhi della società a tal punto da riuscire a sposare le sue due uniche figlie a uomini facoltosi. Goriot prova un amore cosí smisurato per le figlie da esserne accecato. Un amore malato che fa riflettere il lettore moderno. Ed é proprio questo che mi ha colpita....l'amore che perde di vista la realtà. Goriot si ridurrà alla povertà, verrà deriso e umiliato dai generi cinici che non lo ritengono all'altezza per i suoi modi grezzi, sarà vittima di pettegolezzi all'interno della pensione Vauquer dove risiede e verrà snobbato dalle figlie che lo sfruttano fino alla fine per i loro scopi; morirà rimpianto dall'unico amico che ha compreso la sua miserabile solitudine. Toccante la scena finale quando una palata di terra coprirà la sua bara. Un classico intriso di dettagli e commovente fino all'inverosimile. Consigliato a chi ha voglia di storie d'altri tempi dal sapore amaro e dal raffronto reale con la vita....quella vera.

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La mano dell'orologiaio
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