Misura per misura
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ETICA E GIUSTIZIA
A quattro secoli di distanza dalla loro stesura originale, le commedie di Shakespeare conservano ancora, nelle messe in scena più sensibili e intelligenti, una grande attualità di argomenti e contenuti. Pur non essendo la più conosciuta e rappresentata, “Misura per misura” è un’opera emblematica di questa sempreverde attualità: temi come la legge e la sua applicazione, la pena e la sua congruità, il potere e la sua legittimazione, sono infatti affrontati in maniera straordinariamente problematica e dialetticamente complessa. Si consideri la scena in cui la novizia Isabella va a implorare presso il vicario Angelo la grazia per il fratello Claudio, condannato alla pena capitale, ed Angelo la ricatta offrendogliela solo in cambio di una notte d’amore con lei. Potrebbe essere il classico, odioso sopruso del potere nei confronti dell’individuo inerme (avvalorato dalle parole che l’uomo dice alla ragazza quando lei minaccia di rivelare a terzi il ricatto: “Bada che il mio falso è più vero della tua verità”). Ma Shakespeare non si ferma qui. Angelo infatti rovescia provocatoriamente su Isabella le accuse di spietatezza e di insensibilità mossegli dalla donna: dal momento che Isabella ha nelle proprie mani l’alternativa se mandare a morte il fratello o salvarlo sacrificando la propria verginità, rifiutando la seconda opzione è forse lei meno spregevole del giudice che applica rigorosamente, asetticamente la legge? E ancora, la legge va applicata comunque anche se si sa che altri, e forse lo stesso giudice, l’hanno trasgredita? Come si può vedere, la semplice trama si arricchisce di tanto numerose sfaccettature che all’improvviso non siamo più così sicuri di sapere dove stiano il bene e il male. I “pesi” delle scelte etiche che i personaggi mettono sulla bilancia della loro vita sono talmente incerti e aleatori che è difficile valutare se sia peggiore l’occhiuto e ipocrita moralismo di Angelo o la virtù irreprensibile ma incapace di abnegazione di Isabella, l’egoistico attaccamento alla vita di Claudio, che non esita a chiedere senza mezzi termini alla sorella di concedersi ad Angelo, o l’opportunismo politico del duca, il cui esilio volontario è dettato (oltre che dalla nobile motivazione di voler osservare dall’esterno “se è vero o no che il potere rovina l’anima”) anche dal fatto che egli non si sente in grado di imporre misure restrittive e impopolari, pur giudicandole necessarie, e per fare ciò, vigliaccamente, si affida a un sostituto che gli tolga le castagne dal fuoco.
La morale di “Misura per misura” è che le leggi civili e i comandamenti religiosi sono monoliticamente intoccabili solo fintanto che rimangono chiusi nei codici e nei testi sacri, ma quando devono entrare in contatto con i casi concreti, essi rivelano inesorabilmente il loro relativismo e la loro approssimazione. Per Shakespeare è perciò sempre bene guardarsi da coloro che si propongono come esseri senza macchia e senza peccato e che in base a questo codice filisteo pretendono di voler giudicare l’umanità, perché la varietà della vita è troppo grande (e i sentimenti umani troppo sfaccettati) per poterla circoscrivere e ingabbiare, e al fondamentalismo rigido e incorruttibile di santi e censori bisognerebbe sempre sostituire, nell’applicazione di ogni norma e regolamento, il buon senso, la tolleranza e persino la pietà.
Indicazioni utili
“Il tiranno si nutre di ciò che biasima.” (IV. II.
L'inflessibile severità di un vicario caduto ipocritamente nello stesso “crimine” che si propone di punire; la testa ormai in bilico di un giovane condannato a morte per amore libero testimoniato dal ventre gravido della fidanzata; una lotta senza quartiere contro ruffiane e frequentatori di bordelli; l'onore di una novizia a rischio al fine di salvare la testa del fratello dalla scure del boia; la lungimirante astuzia e il buon senso di un capo di stato travestito da frate...
Sono questi i principali ingredienti di “Misura per misura”, assai divertente opera dei primi del XVII secolo con risvolti squisitamente da commedia, sebbene essa venga annoverata fra i drammi della vasta produzione shakespeariana. Avrebbe potuto benissimo recare anche il titolo “Tutto è bene quel che finisce bene”, rubandolo a un altro bel lavoro del Bardo, tanto viene spontaneo così commentare al termine di questo “dramma” ricco di gustosi guizzi e colpi di scena che contribuiscono a tenere piacevolmente deste l'attenzione e la curiosità di chi legge.
Giustizia per tutti e magnanima remissione dei peccati, anche per chi avrebbe meritato di essere giudicato (e giustiziato) sulla base dello stesso metro che riservava agli altri, inducono a plaudere all'autentico genio di Shakespeare che, attraverso l'ingegno di un personaggio come quello del Duca di Vienna, ribalta una situazione paradossale in cui, alla fin fine, tutti salvano qualcosa (chi la testa, chi l'onore) senza restare nel contempo nemmeno a mani vuote; persino chi era destinata al convento finisce per non farvi più ritorno rimorchiando inaspettatamente un marito (e che marito!) e i galeotti impenitenti trovano perdono e possibilità di vita nuova.
Non avrà certo il tenebroso ed enigmatico fascino di “Amleto” né quello romantico di “Romeo e Giulietta”, ma “Misura per misura” resta un piccolo capolavoro – e forse neanche tanto piccolo – dove, finalmente, non si disperdono copiose lacrime e dal profondo il cuore ringrazia perché, in verità, abbiamo tutti un disperato desiderio di umanità e buoni sentimenti.
“Chi vuole impugnare la spada del cielo,
dovrebb'essere non meno santo che severo;
fare di se stesso un esempio,
avere grazia per resistere e virtù per agire;
punire gli altri nella stessa misura
con cui valuta le proprie colpe.
Guai a lui, se i suoi colpi spietati uccidono
per delitti che egli stesso vagheggia!
[…]
Uomo, cosa non puoi nascondere
in te sotto apparenze angeliche?
Una buona reputazione costruita sul delitto
prospera nella prassi dei nostri tempi,
e la legge, tenue ragnatela, cattura i moscerini,
Ma i colpevoli di maggior peso la spaccano.”
[“Misura per misura”, III. I.]