Martin Eden
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E’ di una bellezza che fa male…
“Aprì la porta ed entrò. Lo seguiva un giovane, che si tolse goffamente il berretto, indossava rozzi abiti che odoravano di mare e si sentiva evidentemente fuori luogo nello spazioso vestibolo in cui si trovava”
(Traduzione di Enzo Giachino, edizione Einaudi del 1977)
E’ così che comincia la storia di Martin Eden, protagonista che dà il titolo al romanzo più bello, forse, di Jack London. L’introduzione è già trama: Martin è un giovane che profuma di mari lontani, bisogna ancora leggere un pò per conoscerlo bene ed amarlo come ho fatto io in questa intensa lettura, che, confesso ancora meravigliata, non mi ha fatto rimpiangere l’euforia che mi ha trasmesso la Recherche proustiana .
Un corpo forgiato dal duro lavoro, Martin non è avvezzo ancora a trattare con familiarità i signori, i borghesi ricchi, tra cui il giovane, Arthur Morse, che lo ha invitato a casa sua a pranzo per ringraziarlo di avergli salvato la vita in una disavventura di viaggio.
La storia scorre fluida, è uno stile che conosco già: la penna di Jack London sa essere cruda, ma sa anche toccare fantastiche punte di lirismo.
Nel giro di pochi minuti nella casa del giovane borghese, Martin rimane fulminato e rapito dalla sorella di lui: Ruth.
“Era una creatura pallida,eterea, con grandi e spirituali occhi azzurri e una gran massa di capelli d’oro”. Ruth ai suoi occhi è tutto ciò che rappresenta la bellezza, la spiritualità, l’ineffabile, è una dea paragonabile a quelle creature cantate dai poeti.
Nonostante la sua ignoranza, sotto il complesso dei muscoli, scorre in Martin Eden una spiccata sensibilità verso la bellezza, sa apprezzare le poesie e da quel giorno si imporrà di studiare per conquistare la conoscenza, eliminare la goffaggine con cui si esprime per poter sperare di conquistare una donna simile, diventando suo pari.
“Martin Eden” è un romanzo di formazione, ma anche un’opera mondo ricca di tematiche interessanti dalla storia coinvolgente e dalla scrittura fluida, un libro che si “augura” ai giovani, come agli adulti.
È la storia di un giovane che cerca di farsi strada nel mondo della scrittura, con uno studio incessante, con una forza di volontà straordinaria che testimonia il desiderio profondo di un giovane di emergere dalla classe operaia da cui proviene per conquistare il cuore di una donna. È la storia di Jack London che prima di diventare un grande scrittore ha dovuto subire varie umiliazioni dalle case editrici, dalle riviste che gli rispedivano i manoscritti talvolta senza neppure un biglietto di spiegazioni sul rifiuto, senza averli letti.
Interessante scoprire le considerazioni di Eden/London sul mercato editoriale, su quegli scrittarelli che piacciono al popolino e ai borghesi che non sanno apprezzare un romanzo di spessore o un complesso saggio: filastrocche, poesie comiche, aneddoti, ciò che si vende facilmente.
Man mano che Martin studierà filosofia, scienza si avvicinerà al socialismo, prendendone però le distanze, distanze che nessuno riuscirà a vedere, a comprendere: ciò che meraviglia e delude fortemente il giovane è il fatto che proprio le persone più qualificate, laureate, con posti di potere nella società sono cieche o tontedi fronte ai suoi ragionamenti, preferendo la comodità dell’ordine precostituito e rimanendo legate alle apparenze.
Per diventare scrittore, Martin conoscerà la fame, la miseria più nera, sarà costretto a svolgere dei lavori disumani che annichiliranno il suo genio creativo, la sua intelligenza, la sua umanità, risparmierà sul cibo, impegnerà anche l’unico abito buono per presentarsi a casa dei Morse, una volta che, in maniera subdola i familiari di Ruth acconsentiranno al loro fidanzamento, nella speranza che la figlia se ne stanchi presto.
Al ogni fallimento di vedersi pubblicare le proprie opere, Martin si intestardisce sempre più e studia con maggiore accanimento le opere di autori di successo, cerca la bellezza, la smonta, la seziona.
“Non si accontentava di ammirare il raggiante fulgore della bellezza. La bellezza la sezionava in quel suo laboratorio che aveva impiantato nella minuscola camera da letto, dove gli odori della cucina si fondevano col baccano prodotto dalla tribù dei Silva, e sezionata la bellezza, studiatane l’anatomia, si sentiva più vicino a quel giorno quando anche lui avrebbe ricreato una bellezza di uguale valore”
Nessuno crede nei suoi manoscritti, nel suo genio, nel suo talento letterario, la stessa Ruth con dolce fermezza più volte cerca di distoglierlo dal suo intento di pubblicare romanzi e di “farsi una posizione”, “cercarsi un lavoro” che ottenesse l’approvazione dei suoi genitori e del mondo che rappresentano, in modo da potersi sposare. Quella fanciulla così eterea non è all’altezza dei sogni di Martin: trattata dai familiari quasi come una minorenne, una incapace senza esperienza in campo sentimentale,non riesce a liberarsi dai luoghi comuni, dalle apparenze per andare più in là, incontro a lui. L’amore di Ruth è sicuramente sincero, ma non è coraggioso, non è libero quanto quello di Martin.
“Nell’alchimia del suo cervello, la trigonometria, la matematica el’intero campo di scienze collegate con esse, si mutavano in una specie di paesaggio. Le visioni che scorgeva erano costituite di verdi fronde e radure, tutte dolcemente illuminate e solcate da raggi di luce (…) era come inebriarsi di vino”.
Martin è un universo di sogni e passioni, di forza di volontà, di intelligenza, audacia nell’esprimere scomode opinioni, difende Spencer e l’evoluzione, si dichiara individualista quando tutti trovano più comodo condannarlo come socialista.
L’arrivo del successo conferma già la parabola discendente dei suoi sogni: quel mondo borghese, che dalla sua altitudine sociale lo disprezzava, ora lo corteggia. Piovono inviti a pranzo ora che non muore di fame, personaggi importanti che lo avevano allontanato gli parlano ora con cortesia e faccia tosta: sono comportamenti che lui non riesce a capire.
Martin vive la dicotomia successo esteriore/insuccesso interiore, vorrebbe essere riconosciuto e amato per quello che è, per essere Martin Eden e non uno scrittore di successo.
Prova a riavvicinarsi ai suoi compagni di un tempo, ma si rende conto che impossibile: tra lui e loro si frappone una muraglia di libri di filosofia, di scienze, di letteratura. Ciò che ha da dire, da raccontare non può essere più compreso da loro. La cultura costituisce un punto di non ritorno e, paradossalmente è la sua condanna, perché non si può cancellare, in quanto è diventata parte di sè.
È la storia che esalta il valore dell’istruzione, della forza e del coraggio di inseguire i propri sogni rimanendo sempre fedeli al proprio io più profondo nonostante il successo.
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NON E' UN CLASSICO PER TUTTI
Martin Eden è un giovane marinaio che è cresciuto in una famiglia povera e ha dovuto lasciare molto presto la scuola.
Vive a Oakland e spera in futuro di poter migliorare la sua posizione sociale, un giorno mentre lavora su un traghetto aiuta e difende Arthur Morse da un'aggressione. Arthur per ringraziarlo lo invita a cena e lì conosce la famiglia Morse, che è molto lontana da tutto quello che ha conosciuto fino ad ora.
La casa che si trova davanti è piena di cultura, di libri, di dipinti, di musica tutto quello che lui ha sempre sognato.
Martin Eden è da una parte a disagio ma dall'altra è profondamente affascinato e colpito da un mondo che non conosce. Quando incontra la sorella di Arthur, Ruth, ha subito un colpo al cuore, capisce di provare qualcosa per lei e vorrebbe essere alla sua altezza.
"E gli riusciva di seguirla, sebbene turbato dalle parole sconosciute che lei usava, dalle critiche e dal processo del pensiero, tutte cose nuove per lui, ma che però gli stimolavano la mente e lo facevano vibrare."(citazione)
In questo momento c'è il primo errore che commette Martin, lui vuole cambiare, studiare e avere una posizione migliore ma solo per essere degno di lei. Non per se stesso ma per piacere a un'altra persona.
L'unione tra i due sembra impossibile, Martin si impegna, studia, vuole diventare uno scrittore famoso, ma gli editori rifiutano tutto ciò che scrive. Ruth lo incoraggia inizialmente, ma con l'andare del tempo anche se vede dei cambiamenti questi non possono essere sufficienti per il loro futuro.
La donna è abituata agli standard dell'alta società, ha una visione differente rispetto a quella di Martin che per quanto si sforzi non potrà mai cambiare completamente. Ruth avrebbe dovuto apprezzare gli sforzi che lui ha fatto e accettarlo per quello che è, se il suo sentimento fosse stato vero.
Ruth è più grande di tre anni rispetto a Martin, rimane affascinata da lui per la sua forza, il suo coraggio e per le tante esperienze che l'uomo ha avuto. Non ho apprezzato come è stato sviluppato il personaggio di Ruth che rimane sempre una ragazza ingenua, banale nonostante la sua istruzione sembra che rimanga sempre più indietro rispetto al protagonista. Questo rispecchia il periodo in cui è stato scritto il romanzo.
"Si trovava in quello stato raro e meraviglioso di chi vede i sogni svincolarsi dai limiti della fantasia e acquisire corpo."(citazione)
Ho trovato il protagonista veramente antipatico, nonostante abbia apprezzato la sua voglia di cambiare e migliorarsi ma il motivo per cui lo fa è sbagliato.
Vengono descritti in maniera veritiera gli sforzi che Martin fa per raggiungere la pubblicazione della propria opera, di quanta ansia, tristezza e disperazione ci sia dietro a un autore quando viene costantemente rifiutato.
E cosa succede dopo?
Quando riesce ad avere una copia del suo libro tra le mani?
Lo stile è semplice, alcune parti erano troppo lunghe e non sempre era necessario conoscere tutto ciò che pensasse Martin, con il passare delle pagine diventata tutto un po' eccessivo e noioso.
Nonostante abbia trovato molti spunti di riflessione importanti, non ho amato moltissimo questa storia e il suo protagonista.
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- no
I limiti della conoscenza
Letteratura americana, pura. Ve lo ricordate “America “ di Kafka (1911-1914)? Quanto mi sono tornate in mente le claustrofobiche esperienze di Karl Rossmann e le atmosfere vessanti di un mondo disumanizzante. O ancora ricordate il Poe di “Le avventure di Gordon Pym” e il suo allucinante finale che inghiotte tutto? O perché no, la ancor più famosa linea d’ombra di Conrad ( 1915-1916) che porta il protagonista a chiedersi “”Cosa m’aspettassi, non so. Null’altro che una particolare intensità dell’esistenza, forse, ciò che è il succo delle aspirazioni giovanili.”
Martin Eden ( 1908-1909) ha fatto in me confluire queste semplici suggestioni letterarie: è come se la letteratura avesse deciso di fondersi in questo romanzo per parlarmi e riaccendere quelle vibrazioni che letture precedenti hanno lasciato in me. Eppure a meno di cinquanta pagine dalla fine, il contenuto lento e ripetitivo, la catarsi infinite volte rimandata, un dilatamento eccessivo della trama, stavano generando solo un sentimento di noia e di distacco incolmabile. L’epilogo, tra i più belli della letteratura, ha poi riscattato l’intero scritto e quelli che mi erano sembrati limiti si sono trasformati in necessari tasselli, utili a raggiungere la perfezione e la maestria: non si può non riconoscerla.
La vicenda narrata ricalca la biografia di London, in particolare i suoi esordi da scrittore e i trascorsi da lavoratore a cottimo, oltre che la sua primissima esperienza amorosa: Martin è infatti un giovane marinaio addestrato dalla vita, incline all’alcool, dai modi rozzi e dalla conoscenza nulla; venuto a contatto con la middle class californiana, ne resta affascinato anche per la frequentazione e l’amore che nascerà con un suo bel frutto, la giovane Ruth. La fascinazione lo porta in prima istanza a una sorta di omologazione e al miraggio di poter far parte di quel mondo che lo rifiuta con tutto il suo classismo; mentre insegue imperterrito il suo sogno, tutto utilitaristico, di sbarcare il lunario in modo agevole, evitando dunque la fatica fisica e sfruttando le doti intellettuali che, proprio in virtù di quel primo tentativo di livellamento sociale, lo induce ad acculturarsi, si accorge che la borghesia americana basa la sua superiorità sul potere del denaro e non su quello della conoscenza, nutrendosi solo di ipocrisia per celare la propria mediocrità intellettuale. Il disincanto è misto a rabbia quando sperimenta la fatica della sopravvivenza, un continuo alternarsi di debiti, di pegni e di riscatti, diventa ferita profonda e purulenta quando tutto si ribalta e il successo inizia ad arridergli. Sistemate alcune questioni pratiche, tutte di natura filantropica, archiviata ormai la storia d’amore con Ruth, diventato certamente ricco, capisce di essere privo di una identità sociale, non sarà mai borghese e non tornerà più a essere un diseredato: la cultura lo ha allontanato da tutti, è ormai un essere asociale; gli ha dato però la socratica certezza di sapere di non sapere. Buona lettura.
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Nel cuore dell’esistenza
C’è chi ha detto che il più grande racconto scritto da Jack London sia la vita avventurosa da lui vissuta, di certo Martin Eden è il pioniere di un’ esistenza indurita e affamata d’ amore, un percorso esistenziale con un’ idea di conoscenza che definisca la bellezza, estraendone i tratti più veri.
Come può un rozzo marinaio avvolto dall’ ignoto, che vive secondo necessità, inabissato nei piaceri dell’ alcool, allargare i confini del proprio io ridefinendo il concetto se’, conscio della insufficienza del proprio linguaggio, esaudendo una sete di conoscenza che origina da un senso innato di piccolezza?
Sotto quel suo corpo muscoloso Martin e’ un ammasso di sensibilità vibrante, ricettivo e impressionabile, così desideroso di amare, un amore idealizzato nella ventiquattrenne Ruth Morse, studentessa di letteratura figlia di un ambiente strettamente borghese, una giovane donna che lo rende migliore, cristallizzazione pura e leggiadra della sua essenza divina.
È un mondo, quello dei Morse, dove tutto è spirituale, che usa un linguaggio sconosciuto, dei modi eleganti, assaporando il gusto dell’ intelletto, un luogo che Martin ignora ma che lo affascina immensamente, che promette di allontanarlo dalla miseria della materia per abbracciarlo in una estetica totalizzante, che lo pone di fronte a uno specchio, la propria coscienza, alla ricerca di un’ anima in quegli occhi di ghiaccio.
Ma è un mondo che gli incute paura, oppresso dall’ incubo della sua classe sociale e dall’ ossessione di diventare degno di Ruth.
Una terribile irrequietezza, simile alla fame, lo affligge, inizia il viaggio della conoscenza, tra i libri, innumerevoli giorni trascorsi dentro il sapere, un giovane avvezzo alle asperità del mondo ma che ancora ne ignora la bellezza più vera. Spazierà dalla filosofia alla scienza ma nella letteratura troverà la verità e nella scrittura l’ispirazione, un ideale che lo renderà libero, di amare, di sentire, di esprimere il più autentico se’.
L’ amore per Ruth, il suo desiderio di conoscenza, l’ aspirazione alla gloria letteraria, saranno un vincolo per accedere a lei, acquisire del denaro che lo renda libero, di scrivere, di pensare, di amare.
Ma quanto è difficile affrancarsi da una etichetta di povertà, ascendere la scala sociale, aspirare a profondita’ intellettuali da autodidatta, inseguire velleità letterarie prontamente respinte, c’è un reale da scongiurare, la fame e la miseria, ed una etichetta da rimuovere, la propria essenza di semplice e rozzo marinaio.
Una straordinaria forza di volontà, suffragata dai consigli dell’ amata e da qualche incontro fortunato realizzerà l’ impossibile, trasformando Martin in un intellettuale a tutto tondo, accogliendolo nelle profondità della conoscenza, esaltando la teoria individualista dei propri sogni d’ autore.
Da dotto scoprirà l’ irraggiungibilità della conoscenza assoluta e che il mistero della bellezza altro non è che il mistero della vita.
Realizzerà di essere superiore a coloro fra i quali si è arrampicato, inconsapevole del proprio insolito vigore intellettuale e constaterà quanto i Morse sono insensibili alla vera letteratura, alla vera pittura, alla vera musica oltre a ignorare il senso la vita.
La stessa Ruth, idealizzata, non ha alcuna esperienza di vita e di amore, conosce solo quello dei libri e il desiderio di rimodellare Martin, limitata dai confini del proprio orizzonte.
Ella non crede nella sua fortuna letteraria e si fa sempre più lontana, irraggiungibile, senza una chiara percezione dei propri sentimenti, lui ha continuato ad amarla ma è ormai solo, il solo a credere in se stesso.
Anni bui percuoteranno un corpo stremato, una mente affranta, stenti, fame, rifiuti letterari, poi, di colpo, quasi per caso, la sorte arride, e tutto ciò che si era scritto e pensato ritorna. È allora che, ricoperti d’ oro e di riconoscimenti, le porte si aprono, gli inviti fioccano, gli amori ritornano, ma è un riconoscimento tardivo e solo una macchinazione della mente altrui.
Ci sarebbe un unico desiderio, l’ essere apprezzati per quello che si è e per la propria opera, vera espressione di se’, oggi come ieri. La vita, in questa condizione distorta, di smarrimento inconsolabile e tragica verità, assume i contorni disgustosi di un dolore insopportabile.
“ Martin Eden “ è un romanzo splendido, un flusso vitale all’ interno dell’ esistenza, un viaggio indefinito nella mente e nel cuore di un uomo che scava dentro di se’ alla ricerca del vero se’.
Pregi e difetti della natura umana, un tentativo vano di definizione, una inarrivabile curiosità intellettiva, la commistione tra la miseria più nera e la luce più vera, una tensione irrefrenabile alla ricerca del mistero della vita stessa, che non può essere afferrata, compresa, assolta, solo vissuta, fino a quando si avrà fiato per reggere.
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L'evoluzione di Martin
Martin è un ragazzo di vent'anni, un marinaio. Robusto, muscoloso, non sa parlare in modo corretto ed elegante, non sa come comportarsi tra la ricca borghesia altolocata di San Francisco. Ma Martin è attratto irresistibilmente dalla bellezza, la bellezza di un quadro, la bellezza della musica, la bellezza meravigliosa della cultura. Vuole intraprendere un percorso di formazione per diventare una persona capace non solo di comprendere la bellezza ma anche di saperla forgiare, di poterla egli stesso far nascere, attraverso la sua intelligenza straordinaria. Sarà l'amore a dare il via alla sua incredibile evoluzione: grazie all'amore Martin si ubriaca di vita e si inebria di cultura; grazie all'amore intravede la trascendenza del reale, la possibilità del superamento della gretta vita materiale, l'esistenza della spiritualità, la potenza che ha l'essere umano di riuscire ad abbattere i propri limiti. Così Martin, rimasto folgorato ed abbagliato dal bellissimo miraggio dell'amore per Ruth, una pallida ragazza borghese, che si sta laureando in Lettere, decide di elevarsi dalla sua iniziale condizione di popolano: inizia a leggere, studiare, riflettere profondamente sulla vita, sulla società, sull'arte e progetta di diventare uno scrittore famoso e ricco che potrà finalmente sposare la sua amata. Seguiamo Martin nel suo percorso di evoluzione che lo porterà, però, troppo lontano: egli fa dei progressi straordinari, eccessivi probabilmente, perché non solo raggiunge Ruth ma la supera di gran lunga, oltrepassa la mediocrità borghese e arriva a delle vette dove, sembra dirci l'autore con sconsolata tristezza, non è più possibile la felicità; dove la vita invece che bellezza, energia, possibilità, diventa un peso eccessivo ed insopportabile.
Un romanzo travolgente, imperdibile, appassionato e tragico: da leggere senza dubbio.
«And at the instant he knew, he ceased to know.»
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Martin
Non è mai semplice leggere Jack London perché i suoi scritti sono tutti intrisi di un mix di emozioni crude e situazioni ai limiti che non possono lasciare indifferenti. “Martin Eden” è tra tutti i suoi lavori il più celebre e emblematico in quanto fortemente impregnato della sua esperienza autobiografica. Sin dalle prime battute dove il protagonista, un marinaio rozzo e con una istruzione e modi mediocri viene invitato a un pranzo di famiglia dell’alta borghesia, il componimento è caratterizzato da dolore, rabbia, tenerezza, senso di inferiorità e malinconia. Immediata è la percezione di confusione e di inadeguatezza da questo provate, una inadeguatezza che lo rende autore di piccole ma inevitabili gaffe, che lo rendono impacciato, che lo fanno sentire un pesce fuor d’acqua, che lo rendono inetto a quelle circostanze che gli si presentano innanzi. Tutto è altresì accentuato dall’incontro con Ruth, la bella figlia del padrone di casa e chiaramente oggetto inarrivabile del desiderio che però a causa di un chiaro turbamento fa all’eroe presupporre di avere qualche possibilità. I libri che da sempre lo incuriosiscono seppur mai abbia avuto la possibilità di approfondire il loro senso, sono adesso lo strumento con cui arrivare al cuore di lei ed anche con cui raggiungere una nuova dimensione personale. Questi sono inoltre ricchi di un significato che nella sua verità gli è sempre stato oscuro e che piano piano si dipanerà ai suoi occhi. Più passerà il tempo e più i libri da leggere diventeranno complessi e più il marinaio muterà nei modi e nella mente.
Amore, illusione, desiderio di riscatto, disfatta, impossibilità di cambiare il proprio status sociale, emarginazione, abbandono sono soltanto alcuni degli elementi che caratterizzano l’opera. Martin, che diventerà uno scrittore e che farà dell’istruzione la sua arma per raggiungere il riscatto, si allontanerà da quel che è stata la sua formazione e da quel che era il suo mondo finendo con il non appartenere più né a questo né a quello borghese in cui ha faticosamente cercato di entrare. Gli stessi valori che gli erano propri risulteranno a lui estranei e incomprensibili come quella ipocrisia insita alla classe sociale più elevata per la quale, nonostante i suoi sforzi, resta un emarginato, un non degno, un non voluto. Ecco perché egli riuscirà ma al contempo fallirà nella sua impresa.
Ciò mediante una penna precisa, pignola, attenta e minuziosa nelle descrizioni a cui si sommano una serie di riferimenti alle teorie darwiniane nonché alle teorie filosofiche del Superuomo che conducono, ancora, ad una profonda autoanalisi sul senso della vita, dell’essere, della sconfitta, del desiderio di annullamento e di quella voglia di scomparire senza lasciare alcuna traccia. Un libro in cui è impossibile non rispecchiarsi per la miriade di situazioni e circostanze presenti, un libro complesso che va letto e gustato poco alla volta e che induce il lettore a guardarsi dentro e a interrogare il suo animo più intimo su quel profondo senso di solitudine che inesorabilmente ci portiamo appresso.
«In me è morto qualcosa, io non ho mai avuto paura della vita, tanto che non mi sarei mai nemmeno sognato che avrei potuto esserne sazio. La vita mi ha talmente saziato, che mi ha svuotato di ogni desiderio per qualsiasi cosa.»
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Barriere invalicabili
Ecco un romanzo cult della letteratura nordamericana, un’opera fatta di dolore, rabbia, tenerezza e malinconia espresse in modo immediato proprio di chi ha vissuto certe situazioni e non a caso Martin Eden può essere considerato in buona parte autobiografico. La storia del marinaio poco istruito, rozzo, invitato, grazie a un occasionale piacere che ha prestato, a pranzo in una famiglia dell’alta borghesia è una di quelle che, per gli inevitabili contrasti esistenti fra i personaggi, affascina immediatamente. Martin è come un pesce fuor d’acqua che ha persino paura a muoversi; impacciato lo sarà di più conoscendo una ragazza, Ruth, figlia del padrone di casa, che per lui da subito diventa l’inarrivabile oggetto del desiderio. Lei sembra turbata, lui lo intuisce e si rende conto che per avere qualche possibilità di fare una breccia definitiva nel suo cuore deve darsi da fare, con urgenza, per colmare il divario culturale esistente. La sua forza di volontà è spaventosa in un corso accelerato che lo porterà a comprendere progressivamente il significato di libri sempre più complessi, infondendogli una sicurezza tale da pensare da poterne scrivere egli stesso, in modo che con il successo e i diritti d’autore gli sia possibile mantenere Ruth nel tenore di vita della sua classe sociale. Non vado oltre perché il piacere della lettura non sta tanto nella trama pur interessante, ma nella descrizione, superlativa, della progressiva trasformazione del rozzo marinaio. Ciò che mi preme evidenziare è il significato dell’opera, tutta incentrata su un’illusione amorosa che porta a un acceso desiderio di riscatto e di elevazione sociale. Sappiate solo che Martin diventerà un eccellente scrittore, ma la sua è la storia di un successo e insieme di un fallimento, perché l’innalzamento sociale è illusorio, portando invece a una progressiva autodistruttiva regressione. Martin, come si suol dire, diventa né carne né pesce, la velocissima istruzione lo allontanano dal mondo proletario in cui era nato e aveva vissuto la sua giovinezza e i cui valori gli diventano del tutto estranei, ma non può nemmeno accettare il corrosivo conformismo borghese, caratterizzato da una vergognosa ipocrisia. Siamo quel che siamo, ci portiamo dietro le abitudini e i valori dell’ambiente in cui siamo nati e cresciuti, possiamo anche migliorare la nostra condizione, ma perché ciò avvenga, senza che perdiamo la conoscenza delle nostre radici che ci consente di impostare correttamente la nostra vita, il miglioramento deve essere necessariamente lento e progressivo; altrimenti corriamo il rischio di avventurarci in un mare in tempesta senza sapere di un porto sicuro.
Con neppure larvati riferimenti alla teoria dell’evoluzione di Darwin e con le indubbie suggestioni del Superuomo di Nietzche, Martin Eden si rivela ben più di un romanzo di assoluto valore, ma è anche una denuncia delle stratificazioni sociali, della divisioni in classi della società, comparti stagni in cui a chi sta in basso è pressoché impossibile salire più in alto.
Aggiungo una doverosa annotazione: nel romanzo c’è forse il più bel suicidio della storia della letteratura, un profondo senso di annullamento, una volontà indomita di scomparire senza lasciare traccia.
Da leggere questo che ritengo possa essere definito senza alcuna remora un capolavoro.
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Emotivamente devastante
Questo libro mi ha devastato. Entra di diritto nella mia top 5, e credo che meriti ampiamente la definizione di capolavoro.
Certo, un’opera letteraria entra nel cuore di un lettore soltanto se quel cuore è pronto ad accoglierla, se la sente sua, e mai come in questo caso devo dire che il mio entusiasmo verso questa lettura è dovuto in buona parte alla mia immedesimazione nel protagonista. Tuttavia, anche se il mio apprezzamento per quest’opera è stato aumentato esponenzialmente dalla mia empatia personale, credo che possa piacere davvero a chiunque.
La prosa di London è stata definita una delle più potenti della storia della letteratura, e dopo questa lettura non posso che essere d’accordo: un modo di scrivere coinvolgente, che travolge con la forza dei suoi sentimenti.
Fino alla metà di “Martin Eden” non credevo che mi sarebbe piaciuto fino a questo punto, ma quella è tutta una preparazione per quello che ci travolgerà nella parte finale, soprattutto nell’ultimo terzo di storia; ho divorato la seconda metà in una sola sera, e non si tratta di un libro piccolo, né l’edizione aveva un carattere e dei margini ampi. Nonostante questo sono stato travolto da quanto travolge il protagonista, affascinato dalle persone che irrompono nella sua vita (in particolare Brissenden) e dal cambiamento che causano nel suo modo di vivere e percepire la vita, nel bene e nel male.
L’empatia per Martin (e dunque per London, considerato che quest’opera è largamente autobiografica) è stata per me fortissima, perché nelle ambizioni e nei pensieri del protagonista, nelle difficoltà che affronta, ho trovato molti dei miei pensieri e delle mie prove, e devo dire che London riesce a trasmetterle in maniera superba.
Martin Eden è un giovane marinaio, che appartiene al piano più basso della piramide sociale e che un giorno, all’improvviso, si ritrova nel salotto di una famiglia borghese. Invitato da un giovane che ha conosciuto lungo i suoi viaggi, al preciso scopo di divertire la sua famiglia quasi fosse un fenomeno da baraccone, Martin si ritrova affascinato da quel mondo che aveva avuto modo di conoscere soltanto nei pochi libri che aveva avuto modo di sfogliare. Ma, soprattutto, rimane affascinato da una donna, Ruth, sorella del suo conoscente. Martin, sotto la sua natura rozza e nonostante il suo passato tutt’altro che nobile, nasconde dentro di sé delle capacità fuori dal comune e l’amore a prima vista per questa donna lo spingerà in maniera irrefrenabile verso lo studio, per potersi avvicinare all’altezza di lei.
Martin comincia a divorare un libro dopo l’altro; ha una capacità d’apprendimento decine di volte più accentuata di quella degli uomini normali e in breve tempo innalza la sua conoscenza a livelli che neanche molti membri della nobiltà riescono a raggiungere. Nello studio, scopre l’amore per la scrittura e decide che è proprio quello che vuole fare nella vita. Peccato che non sia facile e che gli ostacoli non siano pochi.
Nonostante il suo amore sia ricambiato dalla bella Ruth, lei non crede nelle sue capacità e non ritiene possibile che lui possa aprirsi una strada nella letteratura. Vuole incitarlo in tutti i modi a cambiare, a trovarsi un posto rispettabile in modo che possano sposarsi. È quello che gli intimano di fare tutti, in realtà, perché nessuno crede in Martin, nessuno a parte lui stesso.
Soffrirà la fame nell’indifferenza di tutti, pur di inseguire il suo sogno. Nessuno crede in lui, nessuno lo sostiene.
Non voglio raccontarvi altro, dovete assolutamente leggere questo libro.
Favoloso.
“Ciò che voglio dire è che quest’uomo mi dà l’impressione che sia giunto al fondo delle cose, e sia rimasto così atterrito da ciò che ha visto, che cerca di persuadersi di non aver visto nulla. […] Un uomo che avrebbe potuto compiere cose importanti, ma che non ha voluto attribuire alcuna importanza a ciò che avrebbe potuto fare, e tuttavia, nel profondo del cuore, rimpiange di non averlo fatto; che in segreto ha cercato di ridere delle ricompense che ne avrebbe ricevuto, e tuttavia, ancor più segretamente, ha sempre sentito la nostalgia di quella ricompensa, delle gioie che avrebbe conseguito, compiendo quelle cose.”
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Icaro moderno
+++SPOILER+++
Trovo consono definire Martin Eden, il nostro protagonista, un Icaro moderno. Perché? Semplicemente perché Martin anela a volare al di là delle proprie possibilità; il prezzo da pagare è dunque una rovinosa caduta. Martin, il marinaio tutto muscoli e poco cervello, cela dentro di sé un potenziale inespresso, che esplode grazie ad una serie di catalizzatori, su tutti la dolce Ruth, è principalmente per lei, per avvicinarsi almeno un po' a quel mondo costituito da teorie,idee,dibattiti letterari e false cortesie o smancerie (è qui che emerge il sottile ma discreto rigurgito antiborghese).
Il nostro Icaro è saturo di aspettative nei confronti del mondo borghese della bella Ruth, quando scoprirà che quel mondo altro non è che mera finzione, sarà una grandissima delusione per lui , ciò lo porterà a mettere in discussione il suo desiderio di diventare egli stesso borghese , il disgusto si impadronirà del nostro eroe ribaltando le sorti del gioco. Martin si illuderà di trovare in Ruth la realizzazione dei suoi ideali, l'errore del protagonista sembra essere situato proprio nell'idealizzazione di Ruth, idealizzare persone o cose si rivela spesso un errore.
Tuttavia, tema tipicamente americano è quello della scalata sociale. La povertà è qui rappresentata come un trampolino di lancio, Martin sembra essere addirittura orgoglioso del proprio stato indigente.
Il nostro Martin, come ogni scrittore alle prime armi, cela dentro di sé un mondo di idee da esprimere, senza però avere i mezzi necessari per farlo. Solo dopo molteplici tentativi un suo saggio sarà pubblicato, trascinando con sé tutti gli altri, ma sarà troppo tardi, il disgusto nei confronti del mondo moderno si sarà già impadronito dell'animo del nostro eroe. A questo punto, tutto perde valore, il mondo pieno di idee di Martin sprofonda nel nulla, non vi è più gioia nello scrivere, il protagonista viene pervaso da quella malattia mortale che potremmo chiamare banalmente insoddisfazione ( o presa di coscienza della vanità di certi aspetti della vita ?).
Non credo sia eccessivamente audace vedere un po' Martin di ognuno di noi, chi di non si è mai sentito insoddisfatto o inadeguato? Chi non ha mai idealizzato qualcuno o qualcosa? La decisione di porre fine alla sua esistenza deriva dal fatto che la realtà inizia a stargli stretta, è questa la malattia che affligge gli insoddisfatti cronici . Tali condizioni causano un'implosione dell'io in stile goethiano (nonostante le condizioni siano diverse, il disagio sembra essere simile), tanto che la realtà diventa una terribile gabbia.
L'elemento autobiografico sembra essere dominante, London , personalità complessa e poliedrica, proprio come il complicato scorcio temporale che gli Stati uniti vivono a cavallo tra Ottocento e Novecento, si incarna in Martin, il quale è ossessionato dall'evoluzionismo Spenceriano ; Martin sembra essere un po' la rappresentazione del suo senso di inadeguatezza o meglio di impotenza, di fronte a un mondo che può inghiottirti come un pesce vorace. In tipico stile naturalista, Martin affronta la vita e perde, poiché quest'ultima è spietata.
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Martin Eden
Martin Eden e' un'opera della maturità artistica di Jack London.
Ho riletto in questi giorni il romanzo, nell'edizione degli Editori Riuniti del 1979, anno della mia precedente lettura dell'opera dello scrittore americano. Jack London nasce a S. Francisco nel 1876, novant'anni prima del mio anno di nascita e scrive il romanzo Martin Eden tra il 1907 e il 1908; la pubblicazione è del 1909, settant'anni avanti la mia prima lettura del romanzo.
Perché evidenzio queste date? Perché se ci pensiamo bene, non sono passati molti anni, solamente qualche decennio, e il mondo di Jack London, di Martin Eden non esiste più, è radicalmente mutata la realtà descritta nel romanzo, dal romanzo.
Le esperienze di vita compiute dallo scrittore (strillone agli angoli delle strade, segna punti in un bocciodromo, pescatore di ostriche nella baia, ubriacone nei bassifondi di S. Francisco e poi ancora marinaio su una baleniera, cercatore d'oro nel Klondike, militante socialista e infine autore sempre più apprezzato, ricco e famoso) non ci trasmettono più il significato profondo che aveva segnato così duramente la vita di London.
E ancora, i risultati di tutto il lavoro, della fatica bestiale compiuti in pochi anni da Martin Eden, la sua volontà di elevarsi dalla povertà culturale, ancor prima che sociale, in cui era nato, sono stati ottenuti da moltissimi uomini e donne, soprattutto da quelli che vivono nella parte superiore alla linea dell'equatore, grazie alla realizzazione di buona parte delle idee di uguaglianza, libertà, fraternità alle quali lo stesso Martin Eden si era avvicinato agli albori della gioventù e che professava forse più di quanto ne fosse consapevole.
Viceversa la critica aspra, a tratti feroce, che Eden compie alla classe borghese, è un dato del romanzo permanente nel tempo. La borghesia, come classe sociale, forse non è mai esistita, ma come concetto, la mentalità borghese esiste dalla notte dei tempi.Ogni epoca storica ha avuto le proprie idee borghesi e le persone che le incarnavano.
Al tempo dei primi cristiani, chi erano i cittadini romani che credevano nell'imperatore e nella sua discendenza divina se non dei borghesi? E al tempo di San Francesco d'Assisi, chi erano i vescovi e i ricchi prelati della curia romana se non dei borghesi?
E' stata questa la scoperta che ha più deluso il protagonista del romanzo. Martin era pronto a morire per Ruth, la dea borghese, all'inizio del loro rapporto. Ma più cresceva la consapevolezza di Martin grazie allo studio della scienza, della filosofia e alle esperienze di vita, e più ai suoi occhi diventava evidente la piccolezza del mondo borghese in cui Ruth era nata e viveva, trovandovi la sua felicità.
Il problema di Martin alla radice, era il problema esistenziale di ogni anima sensibile: trovare le ragioni della propria esistenza, del proprio amore e del proprio morire.
Eden non incontra nella sua vita la persona che può offrire alla fine del suo cammino, così carico di sofferenza, una speranza per il domani. Quello che uccide il giovane scrittore di successo, ricco e solo, è la fatica quotidiana del vivere senza uno scopo.
Nel 2013 come nel 1909 il suicidio di Martin Eden simboleggia lo sbocco lucido e disperato dell'uomo che ha preso sul serio le domande ultime sul proprio destino, ma non ha trovato un compagno di viaggio disposto a fargli compagnia, a condividere i momenti difficili e quelli gioiosi.
L'umanità di oggi, come quella del secolo scorso, ha sete di rapporti veri che superino le consuetudini e le abitudini borghesi che soffocano la libertà delle persone attraverso l'offerta di una vita semplice e spensierata e per questo scialba e triste, senza un orizzonte cui tendere.