La tempesta
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Metafora della teatralità
Dramma romanzesco in cinque atti portato sulla scena nel 1611, La tempesta è un’opera molto complessa dalla trama apparentemente semplice.
La vicenda, che narra fatti drammatici già a cose fatte, trova ambientazione su un’isola disabitata non identificata e ruota intorno all’affascinante figura di Prospero, protagonista del testo e signore indiscusso del luogo, nonché dedito ad arti magiche grazie a cui egli evoca gli spiriti; è stato lui, Prospero, a scatenare la tempesta che ha fatto naufragare la nave su cui viaggiava suo fratello Antonio, reo di avergli usurpato il ducato di Milano tanti anni addietro, insieme ad altri personaggi tra cui Alonso, re di Napoli, e suo figlio Ferdinando. Quest’ultimo incontra sull’isola Miranda, figlia di Prospero, la quale condivide l’esilio forzato del padre, e tra i due nasce un sentimento d’amore. Prospero si rivela anche signore dello spirito dell’aria Ariele e dello schiavo selvaggio e deforme Calibano. L’epilogo non prevede vendetta, ma perdono, e richiesta di essere liberato da metaforiche catene da parte del protagonista.
In queste pagine Shakespeare riprende volutamente temi ed elementi di sue precedenti opere che agli appassionati del teatro del Bardo di certo non sfuggiranno; ad alimentare la complessità del testo contribuisce anche la metafora di cui esso è intrisa: come sottolinea nel suo saggio introduttivo la curatrice dell’edizione Mondadori (1991) che ho avuto occasione di leggere, Anna Luisa Zazo, metafora “della teatralità, rigorosamente intesa come falsità”. La realtà viene negata, rovesciata, in un certo qual modo sovvertita, mentre la maschera amletica di Prospero si impone incontrastata.
“Siamo della sostanza di cui sono fatti i sogni; e la nostra breve vita è racchiusa da un sonno.” (IV, 1. 156-157)
Una lettura interessante e scorrevole. Rispetto ad altri lavori di Shakespeare da me finora letti, tuttavia, La tempesta non mi ha entusiasmata né coinvolta particolarmente, e da questo è stato condizionato il mio voto complessivo. Tecnicamente, ovvio, è un’opera notevole.
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Sognando la tempesta
Bellissimo questo testo shakespeariano. Mi piace il fatto che ci sia qualcosa che va oltre il visibile. Gli inserti cioè i canti di Ariel o di Prospero, soprattutto le ultime strofe di Prospero sono ancora più belle della storia perchè aprono nella realtà una finestra e è come se la realtà così com'è con le sue miserie e tradimenti potesse dissolversi, come la prigione di Ferdinando. E' come se la realtà potesse essere un sogno con le sue tempeste.
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La forza della natura
Testo teatrale, che costituisce uno degli ultimi scritti di Shakespeare, la cosiddetta sua fase dei romances, ovvero opere in cui l’autore rielabora tematiche già trattate nelle sue grandi tragedie o nelle sue commedie, collocandole in una dimensione mitica e sacrale. Nei romances ricorrono spesso temi quali morte e rinascita, espiazione seguita dal perdono e colpe dei padri riscattate dai figli. Questa commedia è forza viva della natura, dove protagonista è la magia, ed è uno scritto che ci fa capire quanto è stata vivace la mente di questo autore, non a caso considerato uno dei geni della letteratura inglese e, più in generale, della letteratura mondiale. Particolare la struttura della commedia, che prima è divergente e poi convergente. Meno belli i singoli personaggi. Ciò che funziona, in questo testo, è soprattutto l’insieme.