La metamorfosi
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Destino ineluttabile
Nella” Metamorfosi “ Franz Kafka mostra e riflette il crudele e immodificabile destino di un uomo rimasto solo, appiedato da una spaventosa mutazione fisica che vede affievolirsi sogni e desideri nel cuore di una essenza del tutto umana, sconfitto dal proprio confronto con una società ed un tempo ostili, indifferenti, percorso da un dolore individuale e da una sofferenza che lo ritraggono in una accettazione inderogabile di un destino e di un sacrificio necessari.
Un racconto che sintetizza e mette a nudo temi complessi, il senso dell’ assurdo che riempie ogni cosa, la marginazione ed esclusione propria del mondo ebraico, il conflitto edipico, un profondo senso di disagio che ha la voce interiore di Gregor Samsa, un commesso viaggiatore che vede il futuro e scopre la disumana indifferenza del presente.
Un incipit incredibile, improvviso, inaspettato, tanto disumano nella forma e tanto umano nella essenza, chiedendosi che cosa sia potuto accadere, riferendosi ad un istinto di sopravvivenza quantomai vivido. C’è una parvenza di normalità, un senso di dignità, una possibile malattia dietro la quale nascondersi, assentarsi, ma le proprie fattezze sono del tutto mutate e di umano si conserva un animo in grado di provare sensazioni e sentimenti con un filo di voce che va dissolvendosi.
I propri affetti più cari, quella famiglia in difficoltà amata e sostenuta economicamente, sembrano preoccuparsi della assenza di Gregor, attenderne un cenno, percepire e giustificare il suo stato di prostrazione, ma dura poco, la scoperta della verità cambia le carte in tavola, nega, evita, allontana, sguardi posati su altro, accentuando il proprio senso di lontananza in un paesaggio desolato irrealmente reale.
La claustrofobica permanenza in una stanza spogliata e dissolta, nascondendosi, cercando di conservare qualche ricordo, la progressiva dipartita della sorella Grete, che pareva accettare e comprendere, lo sguardo dei genitori, la paura ed il disprezzo nei loro occhi, le violenze subite, tutto pare indirizzato a incomprensione e indifferenza, e allora, oppresso e logorato dai sensi di colpa, indebolito e ferito nel corpo e nell’ animo, Gregor continua a strisciare e a nascondersi.
Nonostante il suo attuale aspetto misero e disgustoso non è un nemico, ma chi può occuparsi di lui oltre lo stretto necessario in una famiglia logorata dalla disperazione e dall’ idea di essere vittima di una disgrazia senza uguali?
Una ferita che riprende a dolere quando la madre dice “ chiudi quella porta, Grete, “ ed egli si ritrova di nuovo al buio, immerso in una sporcizia non rimossa.
Sarà l’indifferenza, una quiete domestica ristabilita in sua assenza, la sua cancellazione di fatto ad indirizzarne il lento cammino in una statica assenza definitiva.
Gregor Samsa e’ costretto a rimpicciolire, denigrarsi, dissolversi, insieme alle proprie parole ormai incomprensibili in un tempo che lo ha escluso, incontrando un destino segnato ed accettato, in cui per lui e per l’ insetto che e’ non esiste alcuna forma esprimente.
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Gregor e la solitudine umana
Tutto ha inizio in una mattina come tante in cui Gregor Samsa, al suo risveglio, non avrebbe dovuto far altro che prendere un treno per recarsi in una destinazione per ragioni di lavoro. Tuttavia, qualcosa va storto perché al suo destarsi quel corpo umano, a cui è abituato, sembra essere scomparso per essere sostituito da quello di un insetto di proporzioni smisurate e dubbia piacevolezza. Ad una prima reazione di stordimento segue una sempre maggiore consapevolezza, circostanza, questa, dettata anche dalla famiglia che, una volta resasi conto dell’accaduto, lo blinda in camera. Mentre i pensieri del ragazzo si rivolgono ai propri cari e si interrogano sul come poterli aiutare ora che economicamente non può più mantenerli, quelli di questi ultimi sono nettamente più negazionisti ed egoisti nonché refrattari alla presenza di quello scarafaggio in cui il giovane si è tramutato. Il loro unico pensiero sembra essere quello di tenerlo nascosto il più a lungo possibile. Gli stessi gesti della sorella che all’inizio sembrano essere dediti al prendersene cura si trasformano, con il passare dei giorni, arrivando ad una vera e propria negazione di qualsivoglia rapporto o legame con lui. L’effetto è destabilizzante sul lettore che assiste inesorabile a questo abbandono e a questo istinto refrattario senza nulla poter fare. L’epilogo è a sua volta molto forte e ha un gusto amaro che permane anche successivamente alla lettura.
Kafka, con questo breve racconto, tocca molteplici tematiche che vanno dall’alienazione e spersonalizzazione dell’individuo all’egoismo e all’ingratitudine passando per i rapporti familiari tra padre-figlio, il senso di angoscia, l’ambiguità, lo spiazzamento, lo sconforto innanzi all’impossibilità. Nel tutto spiccano anche l’allegoria e la metafora che vengono usate per evidenziare la loro ambivalenza e la loro enigmaticità.
A far da padrone è ancora il comportamento umano. Questo viene descritto in una accezione non positiva rimarcando il proprio significato sul come spesso i legami, gli affetti, i rapporti, siano di fatto dettati da ragioni di convenienza. Gregor nel suo piccolo ne è una riprova: nel momento in cui da uomo che lavora e che sostiene la famiglia diventa un peso, da quest’ultima viene disprezzato. La sua dipartita, non a caso, viene vissuta come un sollievo, quale una possibilità di rinascita per quegli individui che per mesi hanno dovuto a causa sua lavorare, dare a pensione la propria abitazione ma soprattutto convivere con quella bestia orrenda.
L’allegoria prevalente risiede, infine, nell’emarginazione del diverso che viene evidenziata attraverso la ripugnanza suscitata dal protagonista e dall’incapacità degli umani che lo circondano di instaurare un rapporto con lui. Questa, almeno, è stata l’interpretazione principale data al testo anche in considerazione dello stesso rapporto conflittuale vissuto dal letterato con il proprio nucleo affettivo per quella tendenza di questi a soffocare l’indole artistica che gli era propria. Altra successiva interpretazione si radica nella definizione della metamorfosi quale una rappresentazione dell’etica e della lucidità che trasforma l’uomo in una bestia.
A prescindere dall’interpretazione data, “La metamorfosi” è un testo che suscita molteplici riflessioni in prima lettura e in caso (come questo) di rilettura. Uno scritto breve sul quale interrogarsi e con il quale interrogarsi.
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Le zampette dello scarafaggio
Metto uno alla piacevolezza, poichè leggere un libro, dove si ha sempre in testa che a riflettere c'è uno scarafaggio, insomma non è che sia così godurioso.....
Per il resto è sempre il solito buon Kafka, che a differenza dei suoi tre monumentali: Processo, Castello, America, qui ha voluto esprimere la sua cupezza, la sua visione oscura della realtà, attraverso poche pagine.
Non per questo i risvolti psicologici e sociali sono inferiori agli altri tre romanzi.
Il titolo originale è: la metamorfosi di un commesso viaggiatore.
Cosa accadrebbe se uno si risveglia trasformato in insetto.
Ora forse, il nostro scrittore ha preso spunto da il "Naso" di Gogol, dove anche li uno si scopre all'improvviso trasformato nel suo aspetto fisico.
La paura di tutti noi, di non piacere più al prossimo, di imbruttirci, invecchiare, all'improvviso non risultare più gradevoli alla società che ci ha accolto.
Naturalmente qui si arriva allo stremo, con dei passaggi del romanzo, francamente molto duri e che in Spagna direbbero: "me da asco"... mi fa schifo...
La scena per esempio di quando gli tirano al povero enorme bacarozzo una mela in uno sterno, a me ha fatto venire i brividi... poi lo scrittore, essendo genio, riesce proprio a farti entrare nella psiche disturbata dell'insetto uomo...
Il film che ha ripreso il tema trattato dal libro, a mio parere è la "Mosca" di Cronemberg altra pellicola disturbante e a tratti schifosa proprio, ma che tratta bene o male lo stesso tema.
Alla fine la domanda è sempre la stessa: ma le persone che ci vogliono veramente bene, o che sembra ci vogliano veramente bene, come reagirebbero se da un giorno all'altro perdiamo la nostra piacevolezza e bellezza di persone? ci sarebbero ancora vicino? ci vorrebbero ancora bene? sarebbero disgustate? ci caccerebbero? la risposta purtroppo non ci conforta...
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AMAREZZA
Il primo romanzo di Kafka che leggo e devo dire che lascia il segno.
Questo breve racconto di un uomo che si sveglia e si ritrova trasformato in uno scarafaggio gigante potrebbe essere banale e assurda, invece Kafka la rende drammatica e amara.
Il protagonista, Gregor, un grande lavoratore che mantiene padre, madre e sorella scopre di non poter più fare nulla, essendo diventato un grosso insetto.
Quello che mi ha colpito subito dal racconto è stato che Gregor non è preoccupato del suo stato ma più che altro di non poter recarsi al lavoro e successivamente del controllo da parte dei suoi superiori.
L'uomo si sente impotente e non riesce nemmeno a farsi capire. Quando la famiglia scopre cos'è diventato reagiscono chiudendolo nella sua camera con un grande senso di vergogna. Quello non è più il loro amato figlio ma una brutta bestia.
I genitori dovranno riadattarsi alla vita lavorando per sopravvivere non avendo più i soldi del figlio e perdendo la loro agiatezza, una ulteriore disgrazia per la famiglia dopo quella di avere un mostro per figlio.
Gregor é annichilito, origlia dalla porta i litigi familiari causati dalla sua condizione e pian piano inizia inconsapevolmente a morire mangiando poco e vivendo in un ambiente sporco.
La sorella che inizialmente sembra cercare di accudirlo in qualche maniera, in seguito lo aborrisce non volendo nemmeno più pronunciare il suo nome; Gregor essendo molto attaccato alla sorella sente sempre più l'esigenza di morire.
L'epilogo che vuol quasi sembrare felice dimostra invece quanto l'umanità è insensibile.
Questo romanzo mi ha lasciato tanta amarezza e tristezza leggendo tra le righe la solitudine dell'uomo, la malattia per i soldi e lo status sociale, l'industrializzazione della vita dedicata al lavoro e al guadagno, l'essere spesso incompresi ma comunque in qualche modo attaccati alla vita.
Lo consiglio!
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UNA STRAZIANTE ALLEGORIA DELL'ALIENAZIONE
Una delle tematiche più caratteristiche e riconoscibili delle opere di Franz Kafka, a partire dai primi racconti fino ad arrivare ad “America”, è sicuramente l’alienazione dell’individuo. Siccome la realtà viene quasi sempre a trovarsi su un piano di alterità e incomunicabilità, l’uomo kafkiano si smarrisce, diventa incapace di percezioni irrefutabili e rassicuranti e, conscio del suo incommensurabile distacco dalla ragione ultima dell’esistenza, diventa preda della più orribile e angosciosa estraniazione. Questo lancinante processo di alienazione da se stessi e dal mondo è descritto con allucinata lucidità nel suo racconto più celebre e probabilmente più riuscito, “La metamorfosi”. Trasformando Gregor Samsa in un insetto schifoso, Kafka materializza la condizione di chi, non sapendo abbandonarsi alla corrente vitale con slancio e rimanendo apaticamente in disparte nei confronti del mondo pulsante di energia, si rinserra come una testuggine e ad altro non aspira se non alla propria autodistruzione. E’ importante osservare che Gregor, fin dal principio del racconto, non fatica ad accettare la sorprendente situazione di essere diventato uno scarafaggio, non si meraviglia né si addolora, ma minimizza in continuazione ciò che gli è accaduto. Alla vista del suo ventre arcuato e delle numerose sottili gambette che si agitano tremolanti dinanzi ai suoi occhi, la sua unica reazione è un leggero moto di sorpresa. Ma un istante dopo egli già pensa: “Che avverrebbe se io dormissi ancora un poco e dimenticassi ogni pazzia?”, finendo poi per indugiare in riflessioni sulla pesantezza del lavoro e sulla fatica di “queste levatacce che istupidiscono completamente”. Con torpida e supina acquiescenza, egli cerca pateticamente di dare ordine agli straordinari fatti di quella mattina, trasformandoli per ciò stesso in fatti orribilmente quotidiani. Il comportamento di Gregor è in realtà un inconscio desiderio di cancellare la propria coscienza e di spogliarsi per sempre delle insopportabili responsabilità dell’esistenza: “Egli era desideroso di conoscere quel che avrebbero detto, vedendolo, quegli stessi che ora così insistentemente chiedevano di lui. Se si fossero spaventati, allora Gregor non aveva più nessuna responsabilità e poteva starsene tranquillo”. Con il trascorrere del tempo, assistiamo al progressivo allontanamento di Gregor dalla realtà: giorno dopo giorno, prigioniero di una orribile claustrazione, egli distingue con sempre minor chiarezza gli oggetti intorno a lui mentre la tenebra si impadronisce della stanza. Il mondo esterno, simboleggiato dall’ospedale di fronte, è cancellato nella nebbia (“se non avesse saputo che abitava nella Charlottenstrasse, avrebbe anche potuto credere di guardare dalla sua finestra in un deserto, in cui il cielo grigio e la terra grigia si riunivano senza lasciarsi distinguere”), ed anche il tempo non esiste più, al punto che Gregor non sa se Natale sia già passato oppure no. L’io di Gregor si ottenebra così nell’ottusità del corpo. Kafka si sofferma a descrivere minuziosamente le quotidiane occupazioni di Gregor-insetto, come le passeggiate sui muri o la degustazione dei cibi che la sorella gli porta: l’efficacia del simbolismo del racconto risiede infatti proprio nella sua perfetta fusione con l’oggetto della narrazione, che evita di fare della metamorfosi una trovata meramente letteraria. Fino alla fine comunque Gregor conserva una sensibilità molto delicata, tanto è vero che egli è l’unico a rimanere affascinato dalla musica del violino che la sorella suona davanti ai pensionanti. Il suo progressivo ottenebramento non è quindi un graduale prevalere degli istinti animali su quelli umani, bensì uno sfibrato abbandono al proprio stato di escluso.
Il racconto suggerisce a questo punto una interessante chiave di lettura. La storia della trasformazione di Gregor non è solo la rappresentazione di una volontaria e masochistica autodistruzione, ma anche la descrizione di una straniante vicenda di emarginazione. Il personaggio di Gregor è infatti il simbolo di tutti i paria dell’umanità, cioè di tutti quegli esseri umani, dai pazzi agli anziani, dagli omosessuali ai disabili, che una società sempre più egoistica e superficiale mette continuamente e crudelmente da parte. Gregor infatti vuole sì annullarsi e farsi dimenticare, ma vuole nello stesso tempo e con pari determinazione lanciare un messaggio di aiuto. Ne “La metamorfosi” si adombra una insospettata dimensione morale, che consiste nell’irresolubile dissidio tra il bisogno di amore e l’impossibilità di essere amato. I familiari di Gregor, dopo la disgrazia, non riescono più a vedere al di là della sua forma immonda quella sostanza umana che pure vive ancora in lui e che potrebbe essere salvata con un incondizionato atto d’amore. Il padre, come si è già visto, reagisce con un violento rifiuto, come se la trasformazione del figlio fosse il segno tangibile della sua colpa; la madre, che interviene solo per placare gli animi esacerbati dal rancore e dall’insofferenza, non sa provare per Gregor che una sterile commiserazione; la sorella Rita, infine, pur essendo l'unica ad avere un sia pur limitato rapporto con Gregor, non fa che consacrare "nella sua bontà" la sua nuova natura animale, e al termine del racconto è proprio lei a decretare il tremendo verdetto di condanna: “Non voglio fare il nome di mio fratello dinanzi a questa bestiaccia, e perciò dico solo: bisogna cercare di liberarsene… Via deve andare, questo è l’unico mezzo, babbo. Tu devi soltanto liberarti dal pensiero che sia Gregor”. Lo spostamento dei mobili dalla sua stanza toglie a Gregor l’ultimo residuo contatto con il mondo, precludendogli per sempre la strada del ritorno alla normalità. Per salvare la serenità della famiglia, verso la quale ha sempre conservato un commovente affetto, a Gregor non resta che scomparire, farsi definitivamente da parte. “La metamorfosi”, questa orripilante favola sulla mancanza di amore, si conclude così, inevitabilmente, con la morte del protagonista. E’ una morte narrata senza clamore né pathos: “Rimase in questo stato di meditazione vuota e tranquilla sinché l’orologio della torre non scoccò le tre di notte. Visse ancora tutto il tempo che il cielo mise a rischiararsi fuori della finestra, poi il suo capo senza volere si chinò, e debolmente gli sfuggì dalle narici il suo ultimo respiro”.
La morte di Gregor, così straziante nella sua totale assenza di dolore, ci appare come un testamento poetico di ineguagliabile bellezza. “Abbiamo bisogno – disse un giorno Kafka – di libri che abbiano su di noi l’effetto di una sventura, che ci diano molto dolore. Un libro deve essere come una scure piantata nel mare di ghiaccio che è dentro di noi”. Con “La metamorfosi”, mostrandoci la morte della nostra anima cui è preclusa l’agognata redenzione, Kafka ci ha effettivamente fatto male, ma nello stesso tempo ci ha offerto l’immenso conforto di una guida affettuosa, di una luce capace di condurci attraverso l’assurdo deserto dell’esistenza. Come Gregor Samsa, Kafka si è sacrificato per noi, addossandosi le nostre angosce e le nostre pene per salvarci dalla condanna: “E tu sei sveglio, sei uno dei custodi, trovi il prossimo agitando il legno acceso nel mucchio di stipe accanto a te. Perché vegli? Uno deve vegliare, dicono. Uno deve essere presente”.
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Un classico malato di virus moderni.
Un classico malato di virus moderni.
La cultura del lavoro.
L'ossessione.
Il rispetto.
Non sentirsi mai all'altezza.
La responsabilità nei confronti di chi dipende da noi.
la responsabilità opprimente, nei confronti di chi dipende da noi.
Non sentirsi mai all'altezza.
Non sentirsi mai adeguati.
Non sentirsi mai all'altezza del proprio padre.
La paura di non riuscire mai ad essere "lavoratore" come lui.
Le responsabilità nei confronti di tutti gli impegni presi.
La cultura stessa del dovere impressa a lettere maiuscole nella nostra corteccia celebrale.
Lavoro, lavoro, lavoro.
La solitudine dentro.
L'essere solo in mezzo alla gente.
Il non essere mai adeguato.
Il non sentirsi mai adeguato.
...
Gregor, lavora troppo ed è stressato da questo, è schiacciato dalle responsabilità lavorative e dai doveri familiari. E' schiavizzato dal suo datore di lavoro, anzi peggio è schiavizzato dal suo stesso lavoro.
Dopo una notte tormentata da incubi, il protagonista si sveglia trasformato in un essere mostruoso, uno scarafaggio gigantesco orrendo, scoordinato, zampettante, che secerne liquidi appiccicosi.
E di cosa si preoccupa? Del lavoro cazzo! Del non poter andare al lavoro porca vacca!
Non pensa "porca vacca che cazzo mi è successo porca..." No lui si preoccupa che non arriverà in tempo sul lavoro, lui si preoccupa che metterà in imbarazzo la sua famiglia.
Per tutta la durata del racconto il suo aspetto non lo preoccupa mai personalmente, ma solo se riflesso negli occhi dei suoi familiari, è un problema solo perché sente di deluderli, sente di metterli in una situazione difficile, imbarazzante...
Il male di vivere moderno si esplicita nel protagonista con una trasfigurazione di quello che lui già era: uno scarafaggio.
Profondamente contorto.
Un classico malato di virus moderni.
Il racconto mi ha guardato dentro e mi ha trovato spaccato e malato, pieno di pus febbricitante quanto lui.
Chiudono e completano la "piccola raccolta", i racconti minori "Contemplazione" (una specie di raccolta di pensieri e situazioni apparentemente slegate tra di loro); "La condanna" (Che annichilisce per il finale assurdamente cattivo) e "Il Fochista" (Che vuole forse, essere una metafora di come, quando siamo soli, ci aggrappiamo alle persone che ci accolgono come a dei salvagenti.). Decisamente di qualità e contenuti inferiori, rispetto all'ineguagliabile Metamorfosi.
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Lettera al padre.
Il processo.
Fight Club.
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C'è un bacarozzo in ognuno di noi
Gregor si sveglia trasformato in uno scarafaggio. Dopo un primo esame della sua nuova morfologia pensa come penseremmo tutti di avere le allucinazioni e si dice che se gli altri vedendolo non scappano vuol dire che tutto è normale. Ma anche quando questo succede ed ha la conferma della sua trasformazione in insetto si stupisce abbastanza poco. Non si tormenta chiedendosi perchè proprio a lui, non cerca di togliersi la vita, non si affanna per trovare suoi simili. Si rassegna. Si preoccupa solo di non infastdire troppo quella famiglia che vive alle sue spalle. Una famiglia il cui unico pensiero è nascondere quell'essere: non un consulto con un medico, uno stregone, un prete.
Questo libro è stato interpretato in molti modi e sicuramente in tutti c'è un fondo di verità. La cosa che ha colpito me è la solitudine di Gregor, mi ha rattristato il fatto che quasi quasi ha trovato maggiori soddisfazioni ella sua vita da scarafaggio che in quella di uomo. L'altra cosa su cui porrei l'accento è il suo anmo altruista. Neppure questa condizione l'ha distolto dal continuare a preoccuparsi per la sua famiglia. Perchè li ha lasciati senza sostentamento, perchè li disgusta, perchè è un peso.
La trama mi è piaciuta e ho trovato simpatico il modo di immedesimarsi nel bacarozzo, descrivendo il rapporto di questo sfortunato ex commesso viaggiatore col suo nuovo corpo, con le nuove oppportunità motorie e ill dspiacere per quelle perse.
Immenso nella sua brevità
Eviterò le tipiche introduzioni su trama e autore, tanto li conoscete tutti e sprecherei soltanto il vostro tempo. Andrò direttamente al sodo e cercherò di farlo il più brevemente possibile: la Metamorfosi è un racconto sconvolgente.
E non è affatto sconvolgente per quello che narra. Anzi, ne “La Metamorfosi”, eccetto per l’introduzione, le brevissime evoluzione psicologiche dei protagonisti e il finale, non accade praticamente nulla. E se ho dato 3 stelline al contenuto è proprio per segnalare questo: non è un difetto, non è neanche una carenza, è una proprietà intrinseca del racconto stesso, quella di avere ben poco in ambito contenutistico (perlomeno esplicito, ma a questo ci arriveremo più avanti). Cosa rende, quindi, un racconto cosi breve e cosi prevalentemente descrittivo cosi sconvolgente? Non è quello che viene narrato, non è il “cosa”, è il “come” a renderlo tale. Mai letto prima d’ora un autore capace di scrivere con tale asciuttezza, volontariamente freddo e distaccato come Kafka. La breve vicenda, ricca di particolari, ci è narrata con una tale quasi indifferenza da parte di Kafka, al punto tale da permeare quasi il racconto a tratti di un’ironia nera tutt’altro che universale e facilmente rilevabile, ed è questo che rende un racconto che di per sé sarebbe soltanto ottimo un capolavoro che merita di essere ricordato negli anni. In passato lessi definire lo stile di Kafka “asettico”, penso sia la definizione più adatta.
Prima parte della grandezza de “La Metamorfosi” è dunque lo stile, la seconda è rappresentata dal tema dell’alienazione che riesce cosi sottilmente ed allegoricamente ad affrontare. Impossibile che la vicenda di Gregor non porti il lettore a ragionare sul significato intrinseco della trasformazione del suddetto in un insetto. Gregor è, niente più e niente di meno, un escluso dalla società per le differenze che lo caratterizzano dalle stesse. E’ compreso, ed in parte accettato dalla famiglia, unico rifugio in cui un soggetto in queste condizioni può rintanarsi, ma è rifiutato da chi non lo comprende e da chi non accetta la sua diversità da loro. Il difficile rapporto di Gregor sia con la famiglia che con gli altri soggetti che si trovano ad osservarlo in quelle condizioni rispecchia anche in parte il difficile rapporto di Kafka col padre (leggasi: Lettera al padre), qui evidenziato nella figura di un genitore che gradualmente inizia a disprezzarlo sempre più, non conferendogli quell’affetto e quell’attenzione di cui ogni figlio necessità. E’ cosi che Gregor diventa non solo fisicamente, ma anche mentalmente diverso. L’isolamento lo rende il suo peggior alter ego, rendendolo ciò che egli stesso non vorrebbe essere. Si potrebbe parlare per giorni di tutti i rimandi allegorici e storici a cui “La Metamorfosi” può essere ricondotto. La grandezza di un classico, mi piace ripetere, è saper affrontare tematiche che negli anni sembrano sempre attuali, tematiche che sopravvivono nei secoli. Gregor è un bambino vittima di bullismo. Gregor è un clochard. Gregor è un uomo ingiustamente accusato di un crimine non commesso. Gregor è un figlio a cui non viene permesso di uscire di casa. Gregor è tutto ciò che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, abbiamo avuto modo di essere.
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Tra metafora e realtà, la solitudine dell’uomo
Opera fondamentale per tutta la cultura del ventesimo secolo, La metamorfosi di Kafka, è stata ampiamente commentata sin dalla sua pubblicazione.
Certamente di grande aiuto per la sua interpretazione si rivela la lettura dell’amara “Lettera al padre”, in cui emerge in tutta la sua dimensione negativa il difficile rapporto tra lo scrittore e il dispotico genitore, il cui animo rozzo non era certo in grado di cogliere e gratificare la personalità sensibile del figlio.
L’inaspettata e improvvisa metamorfosi del giovane Gregor in scarafaggio, insetto immondo che vive nella sporcizia e di essa si ciba, si rivela subito come la metafora di quella condizione di assoluta solitudine in cui si trova l’uomo, in particolare l’artista, costretto a vivere in un mondo volgare in cui non si riconosce e di cui non desidera fare parte. L’istintiva ripugnanza che Gregor suscita nei suoi familiari accentua l’impossibilità di stabilire con essi un rapporto. La pietà stessa della sorella sarà di breve durata. Egli dunque si sentirà sempre più ai margini, escluso da quel mondo di cui pure aveva fatto parte. Prigioniero del suo corpo, diventerà straniero nella sua casa. La collera paterna gli impedirà di parlare. Qui la metafora è esplicita. La volgarità del mondo che lo circonda impedisce all’artista qualsiasi forma di espressione. La negazione della parola è la negazione della letteratura. La scelta di Kafka di rappresentare Gregor trasformato in un insetto ripugnante accentua il senso dell’incomunicabilità dell’arte e dunque del fallimento della sua stessa funzione. Gregor ha ribrezzo per se stesso, si considera la manifestazione della degradazione dell’uomo.
Il tema dell’alienazione e dell’incomunicabilità è stato ampiamente affrontato successivamente da autori di grande rilievo. Si pensi al romanzo dell’assurdo, all’Etranger di Camus, o a un’opera come l’Ulisse di Joyce, la cui stessa forma vuole essere testimonianza della difficoltà di stabilire un rapporto artista-società.
Si pensi infine a un certo cinema degli anni sessanta, a Blow up o a Deserto rosso di Antonioni. Anche qui domina una visione pessimistica della realtà umana, vi è una ricerca spasmodica da parte dell’artista di giungere all’essenza delle cose. È la rappresentazione del fallimento esistenziale dell’uomo e della sua arte.
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Un percorso di "non-identità"
“Quando Gregor Samsa si risvegliò una mattina da sogni tormentosi si ritrovò nel suo letto trasformato in un insetto gigantesco.”
Così comincia uno dei racconti più famosi di Franz Kafka, La Metamorfosi.
Gregor Samsa è commesso viaggiatore, lavoro che non sopporta e che svolge per pagare il debito della famiglia nei confronti del suo principale.
Paradossalmente, dopo l'inverosimile accaduto, egli si sente tormentato da futili problemi e sembra quasi indifferente nei confronti della sua nuova orrenda condizione. Inoltre, con una noncuranza completamente priva di logica, non cerca né di spiegarsi il perchè della sua trasformazione né di capire cosa succederà nella sua vita, ma tutte le sue preoccupazioni sono legate alle reazioni della famiglia e al suo posto di lavoro.
La famiglia, ad esclusione del padre, impone a se stessa una disorientata e agonizzante sopportazione della “non-identità” del protagonista, la cui condizione viene vissuta come un macigno da cui sembra impossibile liberarsi.
Attraverso una sequenza di eventi che sembrano essere punti di un percorso a spirale, il protagonista assume sempre di più sembianze sgradevoli e degne di disprezzo, a scapito di quelle umane. La trama viene srotolata dall'autore in un crescendo irreale di fatti, narrati attraverso uno stile freddo, spietato e di disarmante compostezza.
Ancor prima della sua trasformazione, la vita di Gregor è pura schiavitù, dalla quale non ha il coraggio di liberarsi: la metamorfosi è così una metafora della sua condizione stagnante e deleteria, della sua emarginazione e dell'incapacità di ritagliarsi uno spazio degno di soddisfazione nella società.
L'assurda metamorfosi del protagonista rende fisicamente reale il disprezzo del protagonista per la sua stessa vita e annichilisce la sua capacità di comunicare, l'importanza della sua persona e la tranquillità di chi gli sta intorno.
La travagliata interiorità di Gregor diventa mostruosità esterna, tracciando così inesplorati percorsi di subcoscienza costruiti nella realtà circostante.
La trattazione dell'opprimente alienazione dell'uomo raggiunge nelle pagine di questo racconto picchi di genialità e, personalmente, mi ricorda il ritornello di “Let Down” dei Radiohead (Ok computer): “Let down and hanging around, crushed like a bug in the ground”, che esprime un po' lo stesso concetto. Mi verrebbe da dire al protagonista, prima ancora della sua metamorfosi: fatti spuntare le ali e fai la tua strada, prima che sia troppo tardi...