L'uomo senza qualità
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Dalla libido all'eros, viaggio in paradiso
Spoiler attenzione!
L’uomo senza qualità è un romanzo che ricorda i pensieri di Pessoa, infatti la trama è quasi assente e il pensiero ne è il protagonista. Più che il ragionamento come farebbe un filosofo, Musil sembra inseguire le idee e le parole nel loro concatenarsi letterario. Questo comporta delle evoluzioni spiraliformi del pensiero che a volte si contraddice o si avvita su se stesso senza arrivare in nessun luogo dando la sensazione dell’inutilità della ragion pura e di una ipertrofia dell’individuo, cosa tra l’altro presente nel retroterra culturale dell’epoca nietzschiano e razionalista.
Al centro del romanzo è il protagonista Ulrich, matematico e letterato come Musil, uomo intelligente e apprezzato nei salotti e dalle donne.
In pratica il romanzo presenta tutta una serie di donne che hanno relazioni con il protagonista e allo stesso tempo con altri uomini per cui la relazione con ogni donna diviene motivo di schermaglie verbali a non finire. In un certo senso Musil costruisce una scala graduata della donna che va dalla sua amante Bonadea, la ninfomane, alla giovane Gerda con la quale c’è un rapporto di forte attrazione fisica (da parte di lei) che ostacola i sentimenti di lui, a Clarisse l’amica artista, a Diotima, la cugina intellettuale che è al centro dell’azione parallela e della vita sociale austriaca e infine alla sorella Agata, la gemella dell’anima.
Anche negli uomini c’è una specie di scala. Agli estremi della scala ci sono i due “figli di falegname”, il pazzo omicida maniaco Moonsbruger che apre il libro e Gesù Cristo. Nelle posizioni intermedie ci sono Walter che è l’amico marito di Clarisse, Arnheim l’amante o aspirante tale di Diotima, Hans l’amico amante di Gerda e il pedante marito della sorella Agatha. Con tutti gli uomini elencati Ulrich ha un rapporto di rivalità sentimentale in quanto conduce con le rispettive consorti, relazioni parallele salottiere, spesso solo virtuali, per cui con ogni donna si comporta come se volesse conquistarla anche intellettualmente, e con i rivali come se dovesse vincerli in un duello utilizzando la ragion pura al posto della spada. In realtà, non traspare una gran considerazione di Ulrich per le donne nominate, con l’eccezione della sorella.
La più intellettuale di queste, Diotima, organizza nel suo salotto una specie di brain storming dei migliori cervelli austriaci (potenziati da quello del prussiano di Arnheim), nonostante i dubbi rapporti tra Austria e Prussia che rendono discutibile la presenza di Arnehim nel salotto: lo scopo è trovare una idea che esprima al meglio la volontà del popolo austriaco attraverso i suoi naturali e più nobili rappresentanti. Il tutto dovrebbe sfociare in una nobile “azione parallela” volta a promuovere l’Austria. Tutto quello che concerne l’azione parallela è descritto con pregevole ironia nella sua inutilità, vacuità e vanità. Vanità intesa in senso biblico, cioè nel senso di fare del vuoto un tintinnante sonaglio. In questo Diotima e Arnheim sono maestri. Diotima, in realtà si chiama Erminia Tuzzi, il nome Diotima gli è stato appioppato dal protagonista con evidente ironia. Diotima parla spesso (come vuole il nome che porta) di amore spirituale con Ulrich e con Arnheim, l’uomo di mondo, ricchissimo uomo d’affari prussiano, ma i due sono contabili dello spirito e incarnano tutte le qualità che deve avere l’uomo o la donna secondo Goethe e dunque secondo la società. L’ambiente descritto è stagnante e ogni velleità d’azione conduce a una ipertrofia dell’ego, e a un narcisismo che si rispecchia nei dialoghi che spesso si attorcigliano e si rincorrono senza portare a una conclusione socratica ma arrivando in diverse occasioni a contraddirsi.
In questo immobilismo, procede la ricerca sentimentale di Ulrich, passando da una donna all'altra nella scala che dicevo. Il vertice della scala è la sorella gemella Agata. La presenza della sorella porta all'esigenza di un sentimento che si basi su fondamenta meno volatili dell’ umore umano, che ha una radice di falsità. Parlando dell’amore del protagonista per la sorella, Musil non vuole arrivare a descrivere un incesto ma un rapporto d’amore perfetto completamente distaccato dal desiderio cioè dalla libido, un rapporto fatto di eros cioè di tenerezza descritto come fusione spirituale, con le parole dei mistici contrapposto al sentimento mondano di cui parla per pagine e pagine la cugina a proposito della sua relazione con Arneheim.
“Non so dove sono, né mi cerco, né voglio saperlo, né averne notizia. Sono così immersa nella fonte del suo amore come se fossi sott’acqua nel mare e da nessun lato potessi vedere o sentire altro che acqua.”
In un certo senso è come se l’uomo diventasse quello che è in relazione alla donna. Perciò man mano che questa relazione passa dalla libido all’eros l’uomo procede nella scala da Moonsbrugher verso l’estremo opposto. Il finale del libro, forse perché non esiste o non è ben definito o dipende dalle scelte editoriali di inserire o meno alcune pagine, non fa capire bene se l’autore voglia avvicinarsi all’idea dell’esistenza di Dio o piuttosto voglia vivere lui stesso l’amore descritto dai mistici in un rapporto umano elevandosi alla grandezza di Dio prendendone il posto in questo tipo di rapporto. Probabilmente sono presenti entrambi i desideri. Come dicevo Musil non ha la mente limpida del filosofo e procede nel suo ragionare e meditare avviluppandosi nelle idee e a volte sembra perdere di vista il punto d’arrivo del suo ragionare.
In ogni caso il titolo l’uomo senza qualità è spiegato in una delle pagine della terza parte del romanzo, quella fatta di bozze. L’uomo con qualità è l’uomo che ghermisce il successo, l’uomo passionale che si prende ciò che desidera. Invece l’uomo senza qualità è sempre un uomo passionale ma ha vinto le passioni nell’ascetismo, per cui è un grande idealista ma non è un grand’uomo nel senso più mondano e goethiano del termine, cioè non è certo il tipo Arnheim che ha successo in società.
Lo stile del romanzo, la capacità di scrittura di Musil sono incredibili, ci sono mille idee interessanti, squarci sulla mentalità del tempo, ma il tutto risulta un po’ pesante proprio per la difficoltà di seguire il ragionamento fino in fondo per così tante pagine. Musil non manca però di ironia che rende la lettura più piacevole.
P.s. Per quanto riguarda la terza parte, apprezzo la scelta fatta dall'editore della mia vecchia copia cartacea che ha inserito solo quelle pagine che completano in qualche modo il testo, cioè in particolare Viaggio in paradiso.
Indicazioni utili
UN ROMANZO DI DEMORALIZZANTE OSTICHEZZA
Devo confessare, sia pure a malincuore, che “L’uomo senza qualità” è il primo libro della mia vita che non sono riuscito a leggere fino in fondo. Non è che sia un brutto libro, tutt’altro. La raffinatezza di scrittura del suo autore e l’imponenza culturale dell’opera possono stare tranquillamente alla pari di Proust e della sua “Recherche”, di Joyce e del suo “Ulisse”, di Mann e della sua “Montagna incantata”, vale a dire degli scrittori e dei romanzi che hanno segnato indelebilmente la storia della letteratura del Novecento. Quello che mi ha reso la lettura de “L’uomo senza qualità” così faticosa e improba non sono le sue quasi duemila pagine, né tanto meno la loro difficoltà, quanto piuttosto la mancanza di una vera e propria trama, l’assenza di un solido filo conduttore, di nessi causali o cronologici che diano l’impressione di portare i personaggi da qualche parte. Tutto è spezzettato in un’infinità di riflessioni culturali, filosofiche, sociologiche, ecc., in cui è arduo delineare una qualche sintesi. Ecco, quello che a mio avviso manca è proprio la possibilità di percepire un denominatore comune, che non sia l’assoluto nichilismo di Ulrich, il quale svilisce con il suo atteggiamento scettico tutto quello che egli fa o che fanno coloro che lo circondano, siano essi intellettuali, scienziati, aristocratici, borghesi, funzionari o militari. Il rischio che secondo me corre Musil è che il relativismo del suo protagonista, che analizzerò tra poco, si trasferisca al romanzo senza riuscire a farsi fino in fondo metafora di un’epoca o di una nazione (ché la Cacania che tira a campare, illusa dal presunto perfezionismo della sua macchina statale, e che è destinata in breve all’implosione, è fenomeno che si percepisce più in virtù del fatto che noi sappiamo che di lì a poco ci sarà la Guerra Mondiale a spazzare via il tutto piuttosto che da segnali premonitori abilmente disseminati nei capitoli del libro). Nuoce probabilmente al romanzo la sua suddivisione in piccoli capitoletti autonomi (che a tratti assomigliano più a degli elzeviri che a componenti di un corpus più vasto), che si fatica a collegare in una struttura unitaria e compatta, per cui alla fine della lettura si ha un po’ la stessa sensazione che si ha dopo un risveglio, cioè che quello che si è appena sognato sia lì a portata di mano ma non si riesca ad afferrarlo con chiarezza, confuso com’è in una nebbia ostruzionistica e ingannatrice.
Chi è comunque il protagonista Ulrich? A una prima frettolosa analisi potrebbe essere confuso come uno dei tanti inetti a vivere della letteratura mondiale, come, per fare un solo esempio, lo Zeno Cosini di Italo Svevo. In realtà la personalità di Ulrich è molto più complessa. Da una parte è indubbiamente vero che il suo problema è lo scetticismo e il relativismo: tutto gli è indifferente, bene e male, giustizia e ingiustizia non sono per lui concetti assoluti ma alla bisogna intercambiabili (non è un caso che egli sia attratto dalla figura dell’assassino Moosbrugger), cosa che non gli permette una presa sicura sul mondo reale e fa sì che tutte le cose gli scorrano addosso costringendolo a una condizione di annichilente apatia. Tuttavia, la figura di Ulrich non è totalmente negativa, al contrario è funzionale a far risaltare la vacuità, il velleitarismo e l’inconcludenza degli altri personaggi, che ruotano insieme a lui intorno all’Azione Parallela. Infatti se Ulrich è il “bastian contrario” per eccellenza, l’uomo non pratico per antonomasia, non è per mancanza di qualità (come sembrerebbe suggerire il titolo), tutt’altro. Il fatto è che Ulrich è ossessionato, soverchiato addirittura, dalle infinite possibilità del reale: da qui deriva il non dare maggior peso a ciò che è rispetto a ciò che potrebbe essere, e in definitiva la sua inerzia. Inerzia che, per la propria consapevolezza critica, è ben diversa da quella, presuntuosa e verbosa, che caratterizza i vari membri dell’Azione Parallela, i quali si dimostrano fin dalle prime pagine incapaci di dare una qualche attuazione pratica all’idea di festeggiare in maniera memorabile i settanta anni di regno dell’imperatore Francesco Giuseppe e sui quali si riversa invece copiosa l’ironia musiliana. I vari Arnheim, Diotima, il conte Leinsdorf, il generale Stumm von Bordwehr e gli altri esponenti dell’aristocrazia e dell’intellighenzia austriaca sono messi alla berlina per la loro vacua prosopopea, per il loro sterile idealismo, per il loro ondivago e ambiguo oscillare tra razionalismo e irrazionalismo, tra realtà e spiritualità, tra genio e conformismo, tra trasgressione e moralismo, in quello che Wenders decenni dopo avrebbe chiamato “falso movimento”. Il conclamato immobilismo di Ulrich, nemico giurato di tutte le formule palingenetiche e slogan progressisti anche al prezzo di vivere anacronisticamente fuori dal suo tempo, è in fondo una posizione che riscuote da parte del lettore assai maggiore simpatia. Essendomi limitato alla prima parte del romanzo, non sono in grado ovviamente di dire nulla in merito a ciò che avviene in seguito all’entrata in scena della sorella di Ulrich. Le 750 pagine già lette sono comunque più che sufficienti per formulare il personalissimo giudizio di un romanzo geniale sì, ma mai coinvolgente e anzi di demoralizzante ostichezza.
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Un capolavoro della letteratura del Novecento.
“L’uomo senza qualità”, opera monumentale (poco meno di 2000 pagine), addirittura “mostruosa” secondo certa critica letteraria, è uno dei massimi capolavori del ‘900, rimasto incompiuto per la morte nel 1942 dell’autore, emigrato in Svizzera dopo l’annessione della sua patria, l’Austria, alla Germania di Hitler, e costretto a vivere gli ultimi anni in ristrettezze economiche, con il solo ausilio di sussidi da fondazioni e istituzioni, collaborazioni a giornali, aiuti da amici fidati. L’opera, che non ha una vera e propria trama, è piuttosto un vasto trattato storico-filosofico sulla prima metà del Novecento (siamo nel 1913), un’indagine profonda sul progressivo decadimento della società borghese dell’impero austro-ungarico alla vigilia della prima guerra mondiale. Il protagonista assoluto è Ulrich, un giovane ingegnere matematico austriaco colto, raffinato, che vive da benestante (in realtà mantenuto dal padre, senatore, personaggio austero e ben noto nell’alta società) in una Vienna grigia e indolente: c’è aria di rassegnazione, culturale e morale, in una società ricca di passato e poco incline a credere nel futuro. Ecco allora nascere un’idea che possa rivitalizzare e ridare slancio alla nazione: creare una sorta di alleanza patriottica ( definita “Azione parallela”, in analogia con una simile manifestazione nella vicina Prussia in onore dell’imperatore Guglielmo) per celebrare il 70° anniversario di ascesa al trono dell’ottantottenne imperatore austro-ungarico Francesco Giuseppe. I personaggi coinvolti, tra nobili, politici, militari, nobildonne sono tanti e proprio Ulrich svolge mansioni di segretario, tessendo una rete di collaborazioni e di intese, che, come si vedrà, non porterà a sbocchi significativi se non ad una generica e velleitaria conferenza per la pace. Varia è la tipologia dei personaggi con i quali Ulrich collabora: il suo mentore conte Leinsdorf (“Sua Signoria”), il miliardario prussiano dottor Arnheim coltissimo e potente, interessato allo sfruttamento di pozzi petroliferi in Galizia, il caposezione Tuzzi, l’ amico d’infanzia Walter, soggiogato dalla musica wagneriana, e sua moglie Clarissa, isterica e studiosa della umana follia, Leo Fischel, banchiere ebreo direttore della Loyd Bank e sua figlia Gerda, il generale Stumm von Bordwehr, militare quanto mai gioviale e socievole, ai quali si aggiungono le donne corteggiate da Ulrich, Bonadea, ninfomane e amante occasionale di Ulrich, la cugina Hermine detta Diotima, bella ed ingenua , moglie di Tuzzi e animatrice del progetto ( nel suo salotto si svolgono le riunioni del comitato). Infine compare la sorella Agathe, da anni quasi dimenticata, che avrà con Ulrich dopo anni di separazione un rapporto quasi mistico, cercando di creare con il fratello il cosiddetto “Regno Millenario”, tendente ad uno stato di perfezione assoluta dello spirito. L’imponente opera, di difficile lettura e di ancor più difficile comprensione, propone pagine e pagine di colloqui e riflessioni su temi allora attuali (nazionalismo, pangermanismo, positivismo, pacifismo e interventismo) e su argomenti più filosofici ancor oggi di attualità (il senso della vita, il significato dei sentimenti e dell’amore nelle sue varie sfaccettature, il significato della cultura e della civiltà, l’ideologia e la nascita delle idee, l’impatto della storia e l’evoluzione del mondo, i percorsi umani), con continui riferimenti bibliografici a poeti, filosofi, scrittori, scienziati del passato ( Kant, Nietzsche, Goethe, Bleuler) ed alle Sacre Scritture.
L’opera è incompiuta. Consta (nell’edizione Mondadori del 2015) di tre parti (pubblicate a partire dal 1932), cui si aggiungono 20 capitoli (bozze poi ritirate dall’autore nel 1937-38) e 6 ulteriori capitoli corretti, ai quali Musil lavorò dal 1940 al 1942 rielaborando parte dei precedenti 20 capitoli. Mentre la prima parte è una sorta di introduzione, una biografia di Ulrich riguardante i suoi studi ed alcune vicissitudini secondarie, la seconda parte dal titolo illuminante (“Niente di nuovo sotto il sole”) è tutta dedicata alle attività, con poco costrutto, del comitato per l’Alleanza patriottica. La terza parte (“Verso il Regno Millenario”) è tutta una meticolosa narrazione dell’incontro simbiotico di Ulrich con la sorella Agathe, del loro strettissimo rapporto e delle loro meditazioni, vagheggianti il sopra citato “Regno Millenario”. Quasi un presentimento della fine di un’epoca e di quella catastrofe immane che sarà la prima guerra mondiale.
In conclusione un pilastro della letteratura del Novecento. Difficoltà interpretative non mancano, lungaggini interminabili su argomenti apparentemente astrusi, volte a sviscerare i come e i perché di atteggiamenti e sentimenti: Ulrich è alla disperata ricerca di una verità assoluta, vuole capire, non si accontenta, non vuole essere “realista”, cioè operare “con chiarezza e dinamismo mondani”, ma, come la sorella, oscilla continuamente tra un nichilismo che sogna Dio e un attivismo impaziente e passionale senza sbocchi. L’incertezza di Ulrich ed i suoi dubbi fanno dell’Uomo senza qualità, come disse una volta Musil e come riporta Ingeborg Bachmann in una postfazione dell’edizione mondadoriana, “un’asserzione importante andata perduta”. Ecco, un’asserzione importante che invece “non dovrebbe andare perduta”.