L'immoralista. La porta stretta
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Tesi, antitesi e sintesi (parte seconda)
L’antitesi: La porta stretta (1909)
Ne “La porta stretta” si narra una vicenda speculare a quella de “L'immoralista”: come se Gide capovolgesse nuovamente la clessidra narrativa per rappresentare ancora riferimenti tanto autobiografici quanto ingombranti.
Jérôme ama di un amore casto e platonico la cugina Alissa, che lo ricambia. Nonostante la purezza e la potenza del sentimento, l’innamorato non riesce a impedire la morte alla quale la giovane amata si abbandona per sacrificio religioso. Quasi a significare che il fanatismo spirituale è pernicioso come l'immoralità.
Ma è possibile una sintesi…
… tra l’immoralismo di Michel e la spiritualità di Jérôme?
Io non lo credo.
“L’immoralista” Michel incarna Gide, come Alissa e Marceline assomigliano alla moglie di Gide (la cugina Madeleine), con la quale lo scrittore ebbe un rapporto coniugale impossibile e contrastato tra cultura e natura, tra l’ideale dell’amore platonico e la realtà dei sensi. Un dramma mai risolto. Forse insolubile.
Difendendosi dalle accuse che gli vennero rivolte per lo scandalo suscitato dalla pubblicazione de “L’immoralista”, Gide dichiarò: "Credo che sarebbe un grave errore considerare L'immoralista un’apologia della nuova teoria scoperta da Michel. E', piuttosto, l'esposizione di questa teoria e al tempo stesso la scoperta di tutti i pericoli che essa può rappresentare... Il prezzo che Michel paga per la sua gioia (il sacrificio di Marceline) non è più alto della gioia ottenuta?... Credo che bisogna vedere in questo, come nella parte dei miei libri, un libro di critica".
André, ma chi volevi convincere con questo sofisma?
Bruno Elpis
Indicazioni utili
Il sole dietro la porta
LA PORTA STRETTA
C'è da ridere su quanto il farneticare gidiano oggi appaia assurdo. Il corteggiamento di Alissa è talmente ugonotto da non sembrare vero; che è poi realmente accaduto. E tutto perché la cugina Madeleine era pia e turbata da una madre promiscua, e poi perché André non aveva ancora compiuto il viaggio delle Nourritures e dell'Immoraliste, dove finalmente avrebbe capito tutto. È dolce però riflettere sul sacrificio, oltre all'apparente ilarità che mi ha causato, e sul magnifico legame che Gide riesce a creare con Madeleine (Alissa nel romanzetto), e il grande spirito che alimenta il tutto. Credo che Gide lo racconti meglio ne "Si le grain ne meurt", opera autobiografica, ma mi ha colpito la dolcezza e la completezza del suo linguaggio, un po' diaristico, un po' elevato, ma caldo come una coperta.
L'IMMORALISTA
Non potrò prescindere dalla lettura che ne fece Albert Camus, che giudicò tardivi i suoi slanci egoisti e apollinici, lui che viveva disperatamente ogni giorno, sotto il sole algerino, quel bonheur e quell'arrogante desiderio di abbandono alla naturalezza umana. Ma è sconvolgente, al contrario, l'attualità di questo compte ultracentenario, per gli europei che non possono tuffarsi nel calore del mediterraneo, come Camus, e più sconvolgente ancora è l'originalità di quei temi che Gide contemplava con occhi lucidi, come se l'abbandono (spirituale per lo meno) del milieu sociale fosse la cosa più spontanea al mondo. La sottesa derisione sta in questo: come ai nostri occhi l'immoralità di questo autore, sempre in bilico fra cielo e terra, ma sempre in rottura con essi, possa ancora colpirci. Dopo cento anni, è necessario domandarsi fino a che punto il senso comune si sia evoluto. Per dire questo, bisognerebbere leggere L'immoralista con Les Nourritures terrestres (almeno finché si ha una lettura fresca del primo, sennò il secondo diventa una palla), una specie di poema libero, in cui Gide dice sostanzialmente le stesse cose, ma con maggior trasporto. L'ho odiato, però, per il modo in cui tratta Madeleine -sempre lei, la cugina del sud che ha sposato-. Credo che sia proprio dopo l'uscita dell'Immoralista che Gide finalmente si rivela al mondo.