L'identità
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Relazione sospesa
…” In quale preciso momento il reale si è trasformato in irreale, la realtà in fantasia? Dov’ era la frontiera, la frontiera, dov’è?”…
Una coppia, Jean Marc e Chantal, anni trascorsi in cui vivere lo scorrere del tempo fino a quando, un giorno, il proprio sguardo si posa su chi non si riconosce, un’ estranea scambiata per la propria metà e una frase a ridiscutere tutto
…” gli uomini non si voltano più a guardarmi”…
Che cosa pensare e credere, inganno, sogno, illusione, quale colpa se l’altro ricerca e desidera lo sguardo e l’ approvazione altrui?
Nasce la necessità di rivalutare il passato, di ridiscutere i termini del proprio rapporto rivedendone i contenuti, destrutturando la forma, ricostruendo l’ essenza, ripartendo da se’.
Si vive in una neo dimensione, crisi spirituale e corporale, come è possibile non riconoscere la figura di chi si ama più di ogni altro? Di certo Chantal pare essere un’ altra, il viso invecchiato e lo sguardo incattivito.
Ecco una duplice visione dei fatti, ricostruzione di un amore nato sin dal primo incontro, Marc non avrebbe potuto riconoscere l’ unicità di Chantal in mezzo agli altri, quella maschera indossata tra colleghi, amici, dipendenti, un volto che probabilmente non l’ avrebbe colpito e conquistato.
Era stato da subito amore, se l’ era trovata al fianco in un rapporto squilibrato, lui forte, lei debole perché più vecchia, la diseguaglianza come fondamento relazionale.
Chantal, a sua volta, prova una profonda nostalgia di Jean Marc nonostante la sua presenza, un amore nato dalle ceneri della perdita di un figlio, un senso di obbrobriosa felicità che la faceva inorridire ma anche pensare che il sentimento per lui era amore assoluto e la sola possibilità di riaffacciarsi alla vita.
Se stessi e le proprie debolezze, aspettative tradite, desideri negati, gelosia, egoismo, insoddisfazione, tradimento, chi si è realmente e si è diventati, che cosa è rimasto del proprio passato, delle aspirazioni più grandi, di un se’ abbandonato al noi, chi ci sta di fronte, che cosa rimugina, immagina, pensa, quale il confine tra realtà, sogno, fantasia, come restituire forza e consapevolezza a un amore svanito nel nulla?
Lettere anonime, appostamenti, pedinamenti, domande, chi si è l’ uno per l’ altro, le proprie ansie sopite riaffiorano in una solitudine affettiva che pareva lontana.
Tra la noia e l’ indifferenza, il grande male del nostro tempo, nessun amore sopravvive al mutismo, il viaggio della conoscenza sempre più vago, ricoperto di incertezza erotico-sentimentale, vestito di nudità apparente, di solitudine affettiva, di una spersonalizzazione che confonde luoghi e nomi facendosi incubo spogliato di tutto.
E allora non resta che svegliarsi dal sogno, se di questo si tratta, accarezzare il presente, posare lo sguardo sull’ altro e non lasciarlo, per sempre…
Un romanzo breve condito di eleganza e di naturalezza in una dosata ricerca di se’ all’ interno di una relazione scoperchiata e dissolta. La propria identità si specchia nelle ceneri dell’ identità altrui, un cortocircuito che fa i conti con un reale dissolto, con il potere dei sogni, con un passato frastagliato e doloroso, tronco e molesto, un intreccio di sospetti, dubbi, ipotesi, certezze, incamminandosi in una dimensione di solitudine.
Quale identità in questa indecifrabile incertezza? Difficile dirlo, quando le parole sovrastano l’ azione e i sogni confondono i fatti, rimane un senso di incompiutezza e di fragilità esposte al proprio io più profondo.
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Occhi negli occhi
L'identità di cui ci parla Milan Kundera, in questo breve romanzo scritto nell'autunno del 1996 e che ho voluto rileggere, è quella che può vacillare quando in una coppia uno dei due inizia a vedere l'altro in modo nuovo, o comunque diverso da come fino a quel momento l'ha visto.
Ciò può capitare per disattenzione, per malinteso, per troppa concentrazione su di sé, o semplicemente perché non ci si è curati abbastanza delle molteplici sfaccettature, siano esse continue, o cangianti, che compongono l'identità dell'amato e che esigerebbero uno sguardo instancabilmente premuroso, ben oltre l'umana capacità di attenzione e comprensione. "Non staccherò più gli occhi da te. Ti guarderò continuamente".
Ma il gioco di sguardi, in generale e più ancora in una coppia, è gioco di specchi. Osservo e rivelo allo stesso tempo. Se improvvisamente l'identità dell'amato vacilla ai miei occhi, anche la mia identità vacilla. Se non so più chi è l'amato, allora non so bene nemmeno chi sono io: l'opacità e la nebbia che avvolge la sua identità mi appartiene e mi coinvolge.
Il mio sguardo sorpreso e la mia identità improvvisamente fuori fuoco inevitabilmente innescheranno a loro volta stupore, dubbio e smarrimento nell'amato, in una spirale di reazioni e riflessi dall'uno all'altro che si perde in un labirinto sospeso tra sogno e realtà, immaginazione e ricordi, paura e speranza, fantasia e fisicità, fino al parossismo e al risveglio dall'incubo.
"Lascerò la lampada accesa tutta la notte. Tutte le notti".
Solita grande capacità di Kundera di catturare frammenti di quotidianità e di trasferirli nel mondo dell'astrazione e delle idee. E solita mia difficoltà a stargli dietro quando si lancia al galoppo nella dimensione onirica.. Dimensione che nelle sue opere è tanto fondamentale quanto (a volte) sovrabbondante per il mio gusto.
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La psicologia delle incertezze.
Il piacere di osservare entrambi i protagonisti dall'interno.
I dubbi e le incertezze diventano azioni immaginarie e non, il tutto scandito da un tempo letterario volutamente spaesato.
E' il primo che leggo di Kundera e penso proprio che ne leggerò altri.
Si accettano consigli.