L'agente segreto
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Tutt'altro che semplice
Il sottotitolo di questo romanzo è "racconto semplice". Visto il risultato, questo la dice lunga, o sulla inconsapevolezza dell'autore, o sulla grandezza del resto della sua produzione. Secondo me questo è un romanzo in tutto e per tutto ed è complesso e completo.
Conrad, basandosi su un'esplosione avvenuta realmente a Greenwich Park nel 1894, ci ha confezionato un romanzo di spionaggio, con una variante di giallo, arricchito da una accurata e precisa analisi psicologica dei personaggi principali.
Adolf Verloc francese di origini, ma residente a Londra da parecchi anni si guadagna la vita facendo la spia per la propria ambasciata e l'informatore per Scotland Yard. A copertura di questa doppia attività gestisce un ambiguo negozio di articoli erotici. Inoltre è riuscito a farsi sposare di Winnie, attirandola nella sua tela con la promessa di accogliere in casa anche l'anziana madre ed il fratello disabile. La sua abilità nel tenere in equilibrio i vari comparti della sua esistenza viene messa a dura prova con l'arrivo di un nuovo ambasciatore. Quest'ultimo avanza l'ipotesi di smettere di utilizzare i servizi di Verloc, a meno che con un gesto eclatante dia uno scossone alla sonnolente Londra .Il gesto ci sarà e avrà degli esiti del tutto diversi da quello pronosticati dall'agente segreto.
Conrad da ottimo romanziere ci fornisce a poco a poco i dettagli dell'attentato, creando la giusta attesa nel lettore e amalgamando con perizia tutti gli ingredienti necessari a sfornare un buon giallo. La parte che mi ha intrigato maggiormente, però sono le incursioni dentro i pensieri dei protagonisti. In particolare Verloc mi ha fatto a volte inorridire e a volte intenerire per il suo modo univoco di vedere le cose. La sua incapacità di aver empatia per la moglie è surreale. Il candore con cui giustifica il modo terribile in cui si è approfittato del cognato è sconcertante. Lo stesso vale per gli altri personaggi: tutti con una propria morale del tutto distorta rispetto a quella comune. ma nascosta dentro la loro mente e quindi esente da critiche. Anche il gesto più irragionevole ha una propri logica. L'abilità di Conrad sta nello spiegarcela: non offrendo giustificazioni, o scuse, ma proprio argomentando il perché doveva essere compiuta proprio quell'azione. I suoi personaggi non sono patetici, anche se nella realtà sono perdenti, perché i suoi personaggi sono convinti oltre ogni ragionevole dubbio di quello che fanno.
Vista la complessità della trama e degli argomenti trattati, a momenti la prosa risulta appesantita. Nel complesso però si tratta di un buon romanzo da tutti i punti di vista.
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Penna magica
- “Entrò subito in un'immensità di melma untuosa e di calcina bagnata, seminata di lampioni, e avviluppata, oppressa, penetrata, strangolata, soffocata dalla tenebra di un’umida notte londinese, che è un misto di fuliggine e di gocce d’acqua.” -
“L’agente segreto” è un perfetto noir (privo di eroici investigatori ma con un protagonista dotato di grande potenziale autodistruttivo), ambientato dentro una uggiosa Londra di fine ‘800, pullulante di intrighi e cospiratori.
E’ un noir carico di introspezione, dove il dramma degli eventi nasce come un fiumiciattolo a carattere torrentizio: piccolo e quieto, insospettabile si ingrossa, divenendo capace nel suo scorrere di travolgere senza possibilità di scampo i personaggi sulla scena. In tal senso risulta emblematico il finale dove “il percorso impetuoso del torrente” si palesa nella trasposizione degli stati d’animo fra i protagonisti delle vicende: la calma ignara cede il posto all’improvvisa disperazione, che a sua volta, rovesciandosi verso altri, si lascia alle spalle una stoica imperturbabilità, stavolta figlia dello sconcerto e dell’impotenza.
La pregiata penna di J. Conrad è in grado di analizzare con inconsueto acume le riflessioni e le macchinazioni intime dell’animo umano, facendole riverberare con strabiliante efficacia e naturalezza sui gesti e le fattezze dei personaggi, descritti con eleganza fra le pagine.
- “Vecchia ormai come numero di anni, aveva quel temperamento eccezionale che sembra sfidare il tempo con sprezzante indifferenza, come se si trattasse di una convenzione piuttosto volgare a cui si piega solo la massa dell’umanità inferiore. Di molte altre convenzioni più facili da trascurare – ahimè – non si curava, sempre per via del suo temperamento, o perché l’annoiavano o perché le erano d’impiccio nei suoi disprezzi e nelle sue simpatie. L’ammirazione era un sentimento che non conosceva (con grande, silenzioso rammarico del suo nobilissimo marito): prima di tutto, perché quasi sempre contaminata dalla mediocrità, e poi perché in un certo senso era come un’ammissione di inferiorità. Ed entrambe le cose erano per lei francamente inconcepibili.” -
Se la narrazione fosse scevra di questi momenti, capaci di cristallizzare l’azione per tempi prolungati, senz’altro il ritmo sarebbe più sostenuto, ma inevitabilmente perderebbe una buona parte del fascino che questo romanzo porta con sé.
- “Si sedette dietro il banco, e i pensieri si affollarono pressanti attorno a lui, come una muta di segugi neri affamati” -
Sensazionale è l’utilizzo delle metafore di Conrad, corollario di una scrittura in grado di evocare atmosfere come se fosse un libro di formule magiche.
- “Tutto era così silenzioso, dentro e fuori, che il ticchettio solitario dell’orologio sul pianerottolo si insinuò furtivo nella stanza, quasi a cercare compagnia.” -
Pingue di digressioni, costellato di riferimenti, allusioni e citazioni più o meno implicite (spesso di ardua deduzione in assenza delle preziose note reperibili a piè di pagina in alcune edizioni), “L’agente segreto” si rivela un testo scritto con minuziosa cura dei dettagli, ragion per cui si presta ad offrire al lettore attento nessi e livelli altrimenti insospettabili.
Inoltre, la forza ed il realismo delle interazioni fra i vari personaggi presenti nella storia danno adito ad una ricchezza di situazioni, difficilmente reperibile in altri romanzi dello stesso genere, eludendo acrobaticamente la linearità che in certi casi rischia di affliggere gli scritti di autori troppo ligi ai presupposti del tema centrale.
Questo è un romanzo splendido, capace di far innamorare il lettore e di suscitare un punta di invidia in tutti coloro che nutrano una qualsiasi velleità di cimentarsi nella scrittura.
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Non c’è salvezza nel grande gioco del potere
Indubbiamente Conrad è un grandissimo narratore, probabilmente uno dei più grandi. E' incredibile pensare che l'inglese fosse per lui una lingua appresa, addirittura la terza dopo polacco e francese. Forse proprio lo sforzo che presumibilmente doveva fare per rendere in inglese le sue sensazioni fa sì che il suo linguaggio sia così ricco e suggestivo.
Ne L'agente segreto si rivela anche un maestro della suspance: sa creare tensione ed attesa, sa rallentare in modo sublime le azioni che si svolgono nelle scene centrali del romanzo, tanto da rendere quasi insopportabile la lettura, tanta è l'ansia che si crea intorno a quello che sta accadendo; usa una tecnica narrativa che non segue esattamente lo svolgersi temporale degli avvenimenti per permetterci di scoprirli a tempo debito. Non intendo entrare in particolari raccontando pezzi della storia, che va innanzitutto gustata per quello che è -un bellissimo thriller- ma posso assicurare che alcuni capitoli sono davvero memorabili, per l'avanzare lento dell'azione, sempre accompagnato dall'introiezione nella psicologia dei personaggi in essa coinvolti; su tutti, il capitolo XI, che da solo merita la lettura del libro. Non stupisce che Alfred Hitchcock abbia tratto dal libro il film Sabotaggio (Sabotage o The Woman alone, 1936) anche se non si tratta di uno dei suoi capolavori e “tradisce” il romanzo.
Il fascino maggiore del libro deriva comunque, come spesso capita negli autori più grandi, dalla stratificazione dei livelli che lo compongono. Quello della storia in sé è naturalmente il più immediato da percepire, ma a questo si accompagna subito quello dell'atmosfera generale del libro, che è cupa e torbida come la storia. Tutti i personaggi che si affacciano nella storia sono brutti, grotteschi, a volte deformi, inadeguati rispetto al ruolo che intendono assumere, quando non decisamente malvagi. Tutti sembrano essere semplici pedine di un gioco molto più grande di loro, di cui è impossibile capire le regole, chi le ha stabilite, ma anche ribellarsi ad esse. In questo senso Mr Verloc, il protagonista, è esemplare: pur essendo un personaggio decisamente negativo, responsabile di nefandezze e codardia, pure fa quasi pena, e Conrad si premura di descrivercelo nella sua intimità familiare come un marito premuroso. Abbastanza paradossalmente rispetto all'andamento della storia quasi ci si affeziona a questo pasticcione, vittima predestinata dell'azzardo con cui conduce l'esistenza. Quasi caricaturali, poi, sono i tratti del gruppo di anarchici frequentato da Verloc, ciascuno fortemente tipizzato ma tutti caratterizzati da una infinita distanza tra ideali sbandierati e comportamenti concreti. Infine, una menzione particolare merita Mrs. Verloc, che da figura apparentemente sbiadita e secondaria si trasforma, all'acme del romanzo, nel vero deus ex machina.
Anche la città in cui si muovono questi personaggi, Londra, è sempre umida e nebbiosa, sporca, fatta di vicoli solitari e bui oppure brulicante di gente ignara ed indifferente ai drammi che si stanno consumando.
Se questi sono i punti di forza del libro, non è possibile tacere anche quelli che secondo me ne sono i difetti. Dal punto di vista della storia credo che Conrad avrebbe potuto finire prima: gli ultimi due capitoli sembrano posticci, e corrono il rischio di trasformare una storia perfetta in un melodramma. Mi piacerebbe chiedere all'autore cosa lo ha spinto a scriverli: forse il bisogno di portare sino alle estreme conseguenze il senso di mancanza di qualsiasi possibilità di riscatto che il libro trasmette. Secondo me ha ecceduto (ma chi sono io per affermare ciò?)
C'è poi la valutazione “politica” del libro, che indubbiamente ha il grandissimo pregio di denunciare il cinismo e l'amoralità del potere, ma che, come detto, riduce chi a questo potere si oppose, in quell'epoca storica, a poco più che macchiette o a soggetti dotati dello stesso cinismo ed amoralità (è il caso del professore, personaggio che non a caso chiude il libro). Ritengo che la storia del pensiero rivoluzionario a cavallo tra '800 e '900 non possa essere ridotta alla caricatura che ne fa Conrad, anche se questa è ovviamente perfettamente funzionale al messaggio disperante che il libro ci vuole trasmettere.
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La linea d'ombra
L'agente Segreto
Capita che guardi lo scaffale, capita che ti cade l’occhio su un nome :”Conrad”; e subito ti vengono alla mente oceani, avventura, scenari esotici, intrigante! Il titolo:“l’agente segreto”; bene l’idea si fa misteriosa, ok proviamo! Insomma è Conrad! Così faccio di solito, non si può programmare di trovare l’amore, di solito è lui che trova te. Il sospetto che si trattasse di un romanzo di spionaggio era legittimo, ma non è proprio così, o meglio lo è in parte, sicuramente è noir che più noir non si può, muffa, sporcizia, nebbia persistente, clima perennemente uggioso, è un romanzo politico, dove il buon Joseph espone in maniera non troppo celata le sue convinzioni in materia, è un romanzo psicologico, dove i comportamenti e le emozioni dei protagonisti vengono vivisezionati minuziosamente per ponderarne le azioni, è nichilista sicuramente, dove non ne viene fuori una bella immagine dell’uomo, questo romanzo è tutto ed è niente. Ricorda tanto “Delitto & Castigo”,ma più leggero tanto che se non lo leghi vola via e non ti lascia niente, ma sta’ al libro di Fedor come una collinetta all’Everest, ma si lascia leggere molto bene. Ho avuto la sensazione che Conrad scrivendo questo romanzo fosse uno scultore alle prese con una tela, e l’esito l’ho trovato mediocre, finito di leggere mi è restata addosso la nebbia di Londra, e basta. Una cosa sola poteva mantenere un po’ di tensione durante la lettura, ma viene svelata nella terza di copertina!!! Quindi un consiglio, se proprio volete affrontarlo, evitate di leggerla e non leggete neppure la prefazione!
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