Il vagabondo delle stelle
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SPIRITO ERRANTE NEL TEMPO
“Dopo le mie innumerevoli vite, posso dire che dalla creazione del mondo, la barbarie umana non ha fatto un solo passo verso il progresso. Nel corso dei secoli, l'abbiamo soltanto ricoperta con una mano di vernice; nient'altro.
"Non uccidere!" dice la Legge Divina. Storie!... La prova è che domani mattina sarò impiccato. In questo momento, negli arsenali di tutto il mondo si costruiscono cannoni, corazzate, e mille altri raffinati strumenti destinati a uccidere”.
Ultimo lavoro dell’eclettico californiano Jack London, pubblicato nel 1913, qualche anno prima della morte per overdose di antidolorifici, “Il vagabondo delle stelle” (“The star rover”, titolo originale) è un libro meraviglioso che ti cattura per la prosa affabulatrice e ti folgora per le profonde considerazioni sull’uomo e sulla tortura.
Credo che sia il libro che più rispecchi lo scrittore, la sua vita e, forse, che sia il suo testamento letterario.
London non ha certamente vissuto una vita tranquilla e monotona! Nella sua breve esistenza ha provato i mestieri più disparati, le avventure più spericolate, scritto dei libri magnifici da leggere ad ogni età come “Il richiamo della foresta”, “Zanna bianca” e dei capolavori come “Martin Eden”.
Darrell Standing, protagonista de “Il vagabondo delle stelle” è un docente di agronomia dell’università di Berkeley, in California. In un raptus di “collera rossa”, il cui movente viene rivelato solo alla fine dell’opera, uccide un suo collega, un certo Haskell.
Il protagonista non vuole soffermarsi sull’omicidio, che serve solo come pretesto per aprire una più ampia narrazione/riflessione sul concetto di prigione.
Intriso di studi sullo spiritualismo bergsoniano (soprattutto), London attraverso questo romanzo, che alcuni hanno definito addirittura “saggio narrativo” per la sostanza e la forma più profonde, riflette sulla metempsicosi ossia sull’incarnazione continua dello spirito in altri corpi dopo la morte, un processo che attraversa i secoli e anche i millenni della storia umana.
“La morte assoluta non esiste. La vita è Spirito, e lo Spirito non può morire.
Soltanto la carne muore e passa; e si dissolve, per poi rinascere sotto forme nuove e diverse. Forse effimere, che a loro volta periranno, per rinascere ancora”.
Quando comincia Darrell a viaggiare col pensiero nelle sue vite precedenti? Proprio quando viene messo nella cella d’isolamento come criminale “incorreggibile” e, in particolare, quando gli mettono addosso la camicia di forza (non a caso nel 2005 uscì nelle sale cinematografiche la sua trasposizione col titolo “The jacket”, diretto da John Maybury).
La camicia di forza, la tortura più disumana che sia mai stata inflitta ad un essere umano!
Allo scopo di estorcergli la verità su un carico di dinamite nascosto nel carcere, un’invenzione, un brutto tiro giocatogli da un detenuto canaglia, Cecil Winwood, che voleva ingraziarsi i suoi aguzzini, i carcerieri ridurranno lui e altri uomini a “rottami umani”. Ore ed ore di torture fisiche, giorni e notti condannati a morire di fame e di sete, ulteriori strette a quella camicia che ti impediscono di respirare e che ti stritolano anche le costole e gli organi interni.
Darrell Standing prova in ogni modo a non impazzire durante quei terribili anni di isolamento: ricorre all’ autoipnotismo, gioca con le mosche, impara a comunicare con gli altri detenuti elaborando un linguaggio in codice fatto di colpi alle pareti.
Ma viaggiare con lo spirito attraverso i secoli è la sua salvezza, per non perdere l’umanità e l’intelligenza, in quel luogo dove vi è un “vaneggiare di cervelli offuscati dal dolore […] E questo cervello abituato a pensare, colmo di cultura e di scienza, lavorava comunque senza sosta. Era nato per l'azione, e io ero condannato a una passività totale”.
Lo vediamo bambino che riconosce da una fotografia diversi luoghi della Terrasanta, come se fosse stato e vissuto lì e lascia a bocca aperta il missionario che gli aveva mostrato le foto e i suoi stessi genitori. Lo vediamo sperduto nelle desolate steppe dell’Asia, poi marinaio, poi figlio di carovanieri mormoni nell’Arkansas in tempi immemorabili, poi lo vediamo nei panni di un certo Adam Strang, un inglese in terra coreana, poi funzionario romano in Giudea all’epoca di Gesù. E con lui, nelle precedenti vite, sempre una donna eccezionale che lo ama: la coreana signora Om, la seducente Miriam, per citare le più importanti.
Quest’opera forse non sarà allo stesso livello del suo romanzo più acclamato, Martin Eden, ma a me è piaciuto veramente tantissimo, perché è visionario, suggestivo, scritto bene, profondamente attuale.
“Anche gli uomini più intelligenti sono a volte crudeli. Gli imbecilli lo sono in modo abnorme. Ora, gli aguzzini che mi tenevano in loro potere, dal direttore all'ultimo secondino, erano degli abissi d'idiozia...”
L’anima vagabonda tra le stelle è l’arte stessa della scrittura: nelle storie lo scrittore, ma anche il lettore, vive più vite, fa diverse esperienze, vive diverse culture, viaggia nel tempo e nello spazio.
“Nella mano, tengo la penna stilografica, alzata sulla carta, e penso che nel corso delle mie vite passate, altre mie mani hanno agitato dei pennelli, delle penne d'oca, e tutti i più strani e diversi strumenti di cui l'uomo, sin dalla più remota antichità, si è servito per scrivere”.
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Guardare nel passato
Quando guardiamo il cielo stellato, guardiamo al passato. Quello che noi vediamo non sono le stelle attuali, non le vediamo in tempo reale come si suol dire ma vediamo la loro luce che è arrivata al nostro occhio dopo anni e anni, in base a quanto lontane esse siano. Persino il sole che guardiamo, non lo vediamo in tempo reale ma vediamo il sole di otto minuti fa. Nel "Vagabondo delle stelle", Darrel Standing fa la stessa cosa. Chiuso nel braccio della morte e in attesa di essere impiccato, soffocato nella camicia di forza, strumento di tortura che l'autore denuncia ferocemente, Darrel trova il modo di evadere e vagabondare tra le stelle, ossia nel passato, nelle sue vite precedenti. Le tematiche cardine sono due e si intrecciano per tutto il percorso della narrazione: da un lato c'è l'aspetto sociale di denuncia del sistema rigido carcerario e della pena di morte, istituzione quasi criminale dove le guardie sono per lo più persone ignoranti e crudeli che dispongono a proprio piacimento dei detenuti. A tal proposito London accusa anche i cittadini che attraverso le loro tasse nutrono e pagano questo sistema dandogli modo di esistere, facendosi essi stessi complici. Dall'altro lato invece, collegato a queste sue vite passate, c'è l'idea della reincarnazione e dell'immortalità dello spirito e che, in alcuni casi, può addirittura conservarne memoria come nel caso di Darrel Standing. Così si avvia una narrazione a spirale che unisce i due argomenti.
Di Jack London avevo letto solo "Martin Eden" che mi è piaciuto molto di più. Qui invece mi è mancato qualcosa. Sicuramente ho trovato più interessante la parte di denuncia sociale che è anche quella più introspettiva, mentre se all'inizio mi piaceva l'idea dei racconti di queste sue vite passate, alcuni dei quali davvero interessanti, dall'altra parte alla lunga sono diventati monotoni ed era come leggere quasi una raccolta di brevi racconti. Non ho trovato nemmeno un finale soddisfacente in quanto si sa già dall'inizio la fine che toccherà al protagonista e anche la morale è già ampiamente discussa nel contenuto. Fa un po' senso sapere che a breve distanza dalla pubblicazione di questo romanzo, Jack London è venuto a mancare, quasi destinato alla morte al pari del suo protagonista che scrive le sue ultime memorie, e lui, il suo ultimo romanzo.
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La vita è spirito
Questo libro è un viaggio. Ed il viaggiatore è un ergastolano rinchiuso in carcere e condannato alla pena capitale. Sembra un controsenso ma è così. Il protagonista è un uomo che ha trascorso tanti anni in cella di isolamento, ma che è riuscito ad attingere ad una libertà che solo pochi conoscono. Ha sofferto la segregazione più dura ma è riuscito a vagare per il mondo, attraverso i paesi ed attraverso il tempo, autoisolandosi ed autosopprimendosi nel corpo, ancora di più di quanto lo costringeva la sua condizione, per lasciare libero il proprio spirito di andare oltre a quelle sbarre e percorrendo anche le proprie vite precedenti, quindi andando oltre anche il tempo presente. Quando si è in isolamento, ci si stanca anche di se stessi ed il sonno diventa l’unica via di scampo. Attraverso il sonno, il protagonista percorre i meandri della propria mente, diventa padrone dello spazio e del tempo, balza oltre le mura del carcere per vagare fra le stelle e sentirsi pienamente vivo e libero. Il testo è ricco dei racconti delle vite precedenti, in particolare ho apprezzato il capitolo dedicato alla vita del naufrago. Ed è un continuo alternarsi tra condizione attuale e racconti del passato; è proprio questa altalena narrativa che dà pienamente il senso di quello che è il messaggio principale del libro, ovvero che il corpo è destinato ad una fine, ma che la vita è spirito e quindi noi siamo di fatto immortali. Il racconto del presente ci permette inoltre di entrare nel personaggio e capire che gli animi forti non sono mai docili. Il contenuto è di altissimo livello. A volte la narrazione risulta un po’ rallentata quando i particolari delle vite precedenti abbondano forse un po’ troppo di dettagli.
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Un viaggio nell'universo meraviglioso della mente.
La vicenda è quella di un internato a vita in un carcere di massima sicurezza. Le continue torture e l'isolamento quasi totale che subisce lo sfortunato detenuto, lo portano a volersi a tutti i costi isolare dalla propria vita terrena. Lo fa nel modo più avvincente possibile: viaggiando nel tempo, incarnando altri corpi lontanissimi dal suo stato attuale. La mia opinione è che questo libro rappresenta la barbarie che determinati regimi carcerari possono manifestare nei confronti dei detenuti, ma soprattutto esso col suo contenuto a volte fantasioso vuole esprimere le potenzialità enormi della mente umana che può crearsi un mondo a sé, sia in veglia che nel sonno più profondo. Un libro che mi ha affascinato e portato a viaggiare in epoche e storie che non conoscevo, e che mi ha fatto riflettere su quanto è effimera e nulla la condizione della vita umana su questa terra. Assolutamente da leggere!
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Vagabondare tra le vite passate
Il vagabondo tra le stelle racconta la storia di Darrell Standing, condannato per aver commesso un delitto, che, attraverso la tortura della “giacca” (una camicia di forza legata talmente stretta da far provare dolore), riesce ad entrare in uno stato spirituale durante il quale ripercorre le sue vite passate.
È evidente pertanto che il romanzo si articola così in due parti; troviamo quindi le varie storie delle vite passate di Darrell che mi hanno incuriosito molto, e la storia principale della vita in carcere, delle sevizie subite e dei dolori patiti.
Non c’è una netta suddivisione tra le due parti che si mescolano all’interno del romanzo seguendo le tempistiche delle torture subite dal protagonista.
Il tono cupo delle descrizioni della vita carceraria mi ha molto colpito.. la routine, le falsità, ma anche le paure di chi non dovrebbe avere paura..
Certamente un libro di denuncia scritto da chi non ha paura di dire (o, in questo caso, di scrivere) le cose come realmente stanno.
Ammetto di non amare in modo particolare i romanzi di denuncia anche se questo mi ha comunque intrattenuto abbastanza piacevolmente grazie alle storie delle vite passate.
Un libro da leggere almeno una volta nella vita