Il Maestro e Margherita
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I manoscritti non bruciano
E' un libro difficile, questo è da dire, ma una narrativa davvero suprema.
Sembra addirittura che la storia narrata sia la storia di Bulgakov stesso che bruciò l'intero manoscritto una sera d'inverno e lo riscrisse completamente.
Il romanzo si svolge in archi temporali diversi, abbiamo la crocefissione di Cristo e, il periodo precedente sul giudizio che deve mettere Ponzio Pilato di fronte ad una decisione storica importante e poi abbiamo un mago, un tale Woland che passeggia per la Mosca comunista del XX secolo ed incontra il Presidente di una nota associazione russa, in compagnia di un poeta molto conosciuto.
Tutto inizia negli Stagni del Patriarca (noto parco di Mosca) con un quesito: "Dio esiste?" e "Gesù è realmente esistito come dicono?".
Lo svolgere della trama è sensazionale, Bulgakov è davvero il Maestro e Woland non è altri che il Diavolo in persona che tedia la coscienza umana, portando scompiglio e mostrando la debolezza degli individui attraverso la loro bramosia per gli effetti materiali.
Per gli amanti di storia, questo romanzo non nasconde affatto l'idea che molti intellettuali avevano degli eruditi russi comunisti e, di come certi salotti fossero effimeri e culturalmente spenti ed inconcludenti..
Vi ritroverete in un manicomio dove Ivan (il poeta) internato per aver confessato di aver conosciuto il diavolo in persona, continuerà la narrazione con l'arrivo di Margherita tra le righe del racconto, della sua figura e della sua importanza nella vita del narratore.
Margherita diventa una strega (nel senso figurato del termine) che vola su di una scopa e potrà finalmente ritrovare il suo Maestro, divenuto molti anni prima suo amante ed abbandonato senza più avere sue tracce.
Ad aiutarla in questa impresa, uno dei tanti scagnozzi di Woland, Azazzello, che già dalle prime righe sono descritti magnificamente. Non accade mai che il Diavolo se ne vada a zonzo per le città da solo, ha uno stuolo di servitori tutti con una specifica qualità.
Come ho già scritto, il libro è tosto, consiglio l'edizione dove all'inizio sono elencati tutti i personaggi con la descrizione breve di ognuno di loro.
Anche se vi confonde, continuate la lettura, continuate fino alla fine e, non ve ne pentirete.
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Un fuoco pirotecnico
Il Maestro e Margherita è un'opera davvero straordinaria. Un romanzo che incanta e fa riflettere, che riesce a commuovere e che fa sorridere, un'opera così ricca di significati da renderla complessa e affascinante al tempo stesso, ma assolutamente facile da leggere e comprensibile per chiunque. La sua impronta ironica e surreale, che risulta chiara e travolgente fin dalle prime pagine, ci permette di gustare ogni descrizione con quello spirito di magico incanto che proviene soltanto dalle grandi opere, inducendo talvolta a rileggere intere pagine per gustare certi passaggi, che sono davvero un fuoco pirotecnico di immagini fantastiche e di suggestive figure allegoriche. Le vicende si susseguono a ritmo incalzante e sono un'esplosione di rappresentazioni ricche di grande vigore creativo ed entro le quali si risolvono e si sbrogliano i dialoghi più stimolanti e coinvolgenti che sia possibile leggere. Romanzo nel romanzo sono i capitoli su Ponzio Pilato, nei quali lo stile, assolutamente diverso da quello degli altri capitoli, rende l'opera ancora più appassionante e ricca di spunti sui quali riflettere. Le descrizioni che si ritrovano in alcune parti dell'opera, specie quelle dei capitoli finali, sono pregne di quell' afflato poetico che è riconoscibile soltanto nei grandi scrittori. L'opera è davvero appassionante e commovente, fin quasi alle lacrime, specie per il modo in cui ci si ritrova partecipi del dolore causato all'autore dalla censura che dovette subire la sua opera quand'egli era in vita a causa del regime staliniano. Una suprema rivincita la pubblicazione postuma del romanzo, che ci rende testimoni della meravigliosa grandezza della sua opera.
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Behemoth batterebbe anche Ron a scacchi
"Il Maestro e Margherita" è un romanzo che potrebbe rientrare in diversi generi perché racchiude in se tante storie: ci sono elementi esoterici quasi fantasy e scene grottesche più vicine al thriller moderno, una relazione romantica affiancata a momenti comici che strappano sempre una risata. A conti fatti, direi che la componente più rilevante è quella del thriller dal momento che essa guida la maggior parte della trama, ma non vanno sottovalutati tutti gli altri elementi.
La storia è ambientata nella Russia post-rivoluzionaria e si sviluppa nell'arco di pochi giorni: inizia con l'apparizione di Satana, sotto le mentite spoglie dell'illusionista Woland, per le vie di Mosca e termina quando l'essere sovrannaturale ed il suo diabolico seguito -una volta terminata la loro missione- lasciano la città, mentre i moscoviti cercano di ricostruire quanto successo in modo razionale; nel mezzo, un susseguirsi di scene oniriche, surreali e riferimenti biblici così frequenti da rivaleggiare con le citazioni a Puškin,
«"[...] un tale mi segue dappertutto con la sua pergamena di capra e trascrive di continuo le mie parole. Ma una volta ho dato un'occhiata a quella pergamena e sono rimasto inorridito. Di tutto quello che c'era scritto, non avevo detto una parola."»
che vanno a creare una sorta di vangelo apocrifo, concentrato sulle figure di Levi Matteo, di Guida di Kiriat e -soprattutto- del quinto procuratore della Giudea, il cavaliere Ponzio Pilato.
A dispetto di quanto promesso da Eugenio Montale in quarta di copertina, Woland non è propriamente il protagonista della storia, pur essendo uno dei personaggi centrali: per assurdo, molto più spazio viene concesso ai suoi accoliti, che si fanno riconoscere per l'inconfondibile humour nero e la capacità di causare scompiglio per la città. Oltre a mescolare assieme tanti generi, Bulgakov crea infatti un romanzo corale, tanto che il lettore si affeziona alle storie di Ivan, del Maestro e di Margherita quanto a quelle dei loro comprimari. Si notano anche dei netti parallelismi, soprattutto come l'autore associ se stesso alla figura del Maestro e, di conseguenza, a quella di Jeshua Hanozri.
La narrazione è caratterizzata dal già citato umorismo tetro, che ben si adatta alle tante scene forti e quasi splatter,
«Ohimè, gridavano invano: non poteva telefonare, Michail Aleksandrovi?. Lontano, molto lontano dal Gridoedov, in una sala enorme illuminata da lampadine di mille candele, giaceva su tre tavoli zincati ciò che ancora poco prima era stato Michael Aleksandrovi?.»
ma anche dalle interruzioni nelle quali l'autore si rivolge in modo diretto ai suoi lettori, spesso con l'intenzione di richiamare l'attenzione dell'audience.
«E lei parla di marene e di pesce persico! E le beccacce, i beccaccini, i tordi, [...] Ma fermiamoci qui, ti stai distraendo, lettore! Seguimi!...»
Risulta da subito palese, anzi molto evidente, l'intento satirico del romanzo: nei confronti della società russa dell'epoca, del regime dittatoriale stalinista,
«"Tra l'altro, ho detto," raccontò il prigioniero, "che ogni potere è violenza sull'uomo, e che verrà un tempo in cui non vi saranno né potere, né cesari, né qualsiasi autorità. [...] non occorrerà alcun potere."»
e dell'elite dei letterati; non a caso il diabolico turista e i demoni al suo servizio si trovano ad interagire quasi esclusivamente con autori, critici e figure collegate al mondo dell'arte in generale, ed il loro scopo è una sorta di vendetta. Pur essendo presentati come personaggi negativi, Woland e soci hanno un fine quasi nobile, e le persone che colpiscono vengono dipinte da Bulgakov come meritevoli di quel danno.
La critica verso la mentalità contorta del regime è espressa dalle reazioni dei cittadini alle straordinarie imprese di Korov'ev e Behemoth: i moscoviti si chiamano a vicenda "compagni" e chiedono la Nostra Marca, ma alla prima occasione bramano la ricchezza personale e dimenticano i loro alti ideali, e a volte persino la ragione.
«Anche l'odore non lasciava adito a sospetti: era il delizioso odore inconfondibile del denaro appena stampato. [...] Qualcuno era a quattro zampe nel passaggio tra le poltrone, frugava sotto i sedili. Molti erano saliti sulle poltrone per acchiappare le banconote sventate e capricciose.»
Andando oltre la satira, sono presenti riflessioni sulla natura umana, in una serie di nette contrapposizioni: tra l'ateismo imposto dallo Stato e la fede che ancora resiste (come vediamo nella scena in cui Ivan vaga per la città sotto shock reggendo un cero votivo), tra destino prestabilito e libera scelta,
«"[...] ma non riesce a fare neppure quella, perché scivola e va finire sotto un tram! Non mi verrà mica a dire che è stato lui a dirigere se stesso in quel modo!"»
tra l'innocenza di chi viene arrestato in modo arbitrario e la colpa di coloro che invece riescono a rimanere impuniti.
Bisogna essere molto pignoli per non apprezzare a pieno questo romanzo. Dovendo trovare comunque una critica, ritengo un po' ripetitive le scene in cui i seguaci di Woland (Margherita e Nataša comprese) portano alla pazzia i moscoviti; tra l'altro non è chiaro perché mantengano la loro messinscena una volta smascherati: ad esempio, quando Poplavskij sente parlare il gatto Behemoth, perché Korov'ev continua a fingersi addolorato, per la morte di Berlioz? ormai lo zio di Michail dovrebbe aver capito perfettamente che gli inquilini dell'appartamento non sono persone comuni, quindi tanto valeva smettere l'inutile sceneggiata.
NB: Libro letto nell'edizione Einaudi
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SURREALE E ANGOSCIANTE
A breve assisterò ad una rappresentazione teatrale di questo classico e la scelta della lettura è nata dall’esigenza di prepararmi. Ho trovato le atmosfere molto cupe ed anche angoscianti. L’ingresso dei personaggi principali avviene via via in dissolvenza; quasi senza che il lettore se ne accorga ci appaiono il diavolo ed il poeta, il Maestro e poi Margherita. Ci sono anche noiose digressioni su Ponzio Pilato, che altro non sono che un romanzo nel romanzo, anche se non è così immediato rendersene conto. Il teatro stesso è uno dei protagonisti, fra scene impossibili e personaggi assurdi, come il gatto nero trasformista e Margherita in versione strega volante. Indubbiamente è una storia sopra le righe. Non semplice da leggere. Non appassionante. Ma intrigante direi proprio di sì. I personaggi si prestano molto ad uscire dalle pagine del romanzo per poter vivere, anche solo per una sera, su un palcoscenico vero. Spero che lì siano migliori di come mi sono sembrati nelle pagine in cui sono rinchiusi.
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Woland e che tutto abbia inizio
Un libro nel libro, un racconto nel racconto, una narrazione che si intreccia alla biografia dell'autore in maniera sottile, stupefacente, profonda e coinvolgente.
Per descrivere l'architettura studiata ad arte tra i piani di due veri e propri libri che si intersecano ci vorrebbe un ulteriore libro, quindi, facciamo ordine, o proviamoci, con l'aiuto di Woland e della sua scapestrata squadra di satiri.
Cerchiamo di capire cosa c'entrano Satana in persona, un quartetto di suoi aiutanti, una donna sofferente d'amore, certa Margherita, un Maestro folle ex scrittore e Ponzio Pilato! Chi è questo fantomatico prestigiatore di nome Woland che incontriamo nei giardini Patriarsie, in un tardo pomeriggio moscovita degli anni '20, in epoca staliniana? Per avere un'idea più chiara teniamo presente, sempre, che "è pericoloso parlare con gli sconosciuti", le conseguenze di un semplice scambio di parole saranno nefaste. E sarà solo l'inizio delle vittime che, in un modo o in un altro, si ritroveranno sotto lungimiranti attacchi: pioggia di soldi e sortilegi, perdita di lucidità mentale, smarrimento fisico, angosce tremende ed avventure inattese.
La squadra di Wonand si accompagna di quattro personaggi dall'aria sinistra, stravagante, bizzarra e curiosa, tra cui grosso gatto nero pasticcione, ma non troppo.
Ampia e veriegata è l'accozzaglia di personaggi che si aggirano nel carrozzone amministrativo, burocratico e danaroso di ciò che sta dietro alle quinte del teatro moscovita battente bandiera staliniana. Satira e riferimenti, questi ultimi, che denotano una chiara allusione a quel mondo con frecciate nemmeno troppo sottili a critici di teatro e faccendieri.
Situazioni oniriche coinvolgono la cittadinanza e chiari riferimenti simbolici all'etica, alla società ed al varietà sotto il periodo staliniano sono lo sfondo di tutto.
Il romanzo però incontra un'altra storia che vede come principale protagonista Ponzio Pilato nella sua terra mediorientale in qualità di funzionario amministrativo romano. L'incontro dei due romanzi ha radici profonde nei sentimenti di due personaggi, un Maestro ed una donna Margherita. Wonand, Ponzio Pilato, uno scrittore e questa Margherita che diviene aletta per una notte decisamente unica, agli inferi. L'epilogo del libro tocca riflessioni profonde, scopriamo le facce multiple di Woland e di conseguenza delle delicatezza umane, della rabbia e degli slanci di passione che toccano ciascuno di noi, prima o poi. Lessico ricercato, sarcasmo, molti e molti personaggi sono solamente alcuni degli elementi che unitamente al sapiente legame degli eventi conduce il lettore in un vortice di sogni dal sentore russo. Le parole usate dal Maestro, le riflessioni di Margherita e di altri personaggi prendono forma, struttura e profondità.
L'origine stessa del libro, del tutto censurato per ovvie ragioni, scoperto solamente sul finire degli anni '70 rende particolare e profondo il senso che "I LIBRI NON BRUCIANO MAI". Un sogno, una speranza, una propensione che mettiamo in atto può portare a quella fiamma incisa su parole di inchiostro o trasformata in idee o ancora in azioni, tutte tracce che non muoiono a causa di tragici e semplici fuochi. C'è qualcosa che resta oltre alla cenere e Woland lo sapeva.
Vorrei dedicare a questo libro una nota personale. Un regalo natalizio inatteso, donato con molti significati che ho colto leggendolo d'un fiato e che, una volta conclusa l'ultima pagina, mi accompagna come uno dei migliori romanzi perché "i libri non bruciano mai" quanto i legami che collegano pensieri, persone, eventi, luoghi e speranze.
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Fahrenheit 451 di Ray Bradbury
SYMPATHY FOR THE DEVIL
Ricordo che, quando lo lessi per la prima volta – circa venti anni fa – “Il Maestro e Margherita” mi sconcertò e mi irritò non poco. A infastidirmi era la inverosimiglianza di personaggi e situazioni (gatti che parlano, vampiri, streghe che volano nude a cavallo di una scopa), e soprattutto la grottesca e anarcoide cialtroneria (tipo film dei Fratelli Marx, per intenderci) che circonda il personaggio di Satana e del suo entourage. Il fatto è che, imbevuto di letture realistiche, non ero allora preparato a questa fantasmagorica esplosione di surrealismo, e avevo perciò completamente trascurato quello che è forse l’aspetto più importante del libro, e che l’avvicina non poco ai capolavori di un maestro dell’Ottocento come Gogol, vale a dire la satira spietata e senza esclusione di colpi della società russa del secolo scorso, o meglio di quella sua componente privilegiata rappresentata dalla élite di funzionari, intellettuali e soprattutto letterati (qui non escludo che Bulgakov abbia voluto togliersi qualche sassolino dalla scarpa e ripagarsi di torti od umiliazioni subiti da parte dei suoi colleghi) che, nell’asfittico e oppressivo regime comunista dell’epoca, cerca in tutti i modi di garantirsi e di conservare sinecure e privilegi fuori della portata dei comuni cittadini. E così davanti agli occhi del lettore scorrono direttori di teatro, presidenti di commissioni, amministratori di cooperative e altri rappresentanti di un folto e indecifrabile sottobosco di circoli, sezioni e comitati, i quali costituiscono una grottesca umanità, piena di sicumera e di arroganza, avida e pronta a tutto, anche a pratiche illegali come il traffico di valuta estera, pur di assicurarsi un appartamento a Mosca o una dacia a Yalta. L’arrivo di Woland-Satana sovverte e mette a soqquadro questo ambiente, configurandosi quasi come una salutare opera di pulizia e di bonifica di tutto il marcio che alligna sotto la sua superficie apparentemente linda e rispettabile. Il diavolo quindi non sarebbe poi così malvagio bensì, come si legge in esergo, “una parte di quella forza che vuole costantemente il Male e opera costantemente il Bene”. Egli in fondo non fa che titillare le più profonde passioni dell’uomo (in primis, i soldi), quasi rattristato che la grande e tragica malvagità del mondo non alberghi più nei cuori di questi patetici parassiti piccolo borghesi. La citazione del “Faust” riportata più sopra è oltremodo indicativa del fatto che “Il Maestro e Margherita” si pone consapevolmente come una sorta di parodia del poema goethiano, dal quale ricava anche il nome della sua eroina, Margherita.
Il romanzo di Bulgakov si articola in tre côté principali. Il primo, lo si è appena visto, è la narrazione fantastica degli avvenimenti provocati dall’arrivo di Woland a Mosca, del suo spettacolo di magia nera allestito nel teatro cittadino, del suo insediamento nell’appartamento 50 in via Sadovaja, fino al culmine costituito dal Grande Ballo infernale nella notte del plenilunio di primavera. Il secondo è invece la toccante storia d’amore tra Margherita e il Maestro (dietro cui si cela forse l’autore stesso, o comunque una sua proiezione ideale e simbolica utile a riflettere sul ruolo dello scrittore nella società del tempo). Il patto faustiano della giovane donna col diavolo non ha qui nulla della tragicità dell’originale, ma permette al romanzo di librarsi in una dimensione di favola ultraterrena, in cui al diavolo, saggio e benevolo, è consentito assegnare, anziché castighi infernali, una sorta di ricompensa in un sovramondo che non sarà magari il Paradiso (“Non ha meritato la luce, ha meritato il riposo”, si dice del Maestro), ma è pur tuttavia qualcosa di lontanissimo, per fare un esempio, dalla terrificante cosmogonia dantesca. Se il diavolo non è così brutto come lo si dipinge, anche Gesù non è più la figura canonica rappresentata dai vangeli. Bulgakov, nella sua terza parte del romanzo, quella gerosolimitana, sceglie di farne una figura anticonvenzionale, divina sì ma poco carismatica (è un filosofo vagabondo che, lungi dallo smuovere le folle, si limita a ispirare un solitario e preveggente discepolo, Matteo, a trasformarlo nel Cristo risorto della tradizione cristiana), e in ogni caso narrativamente marginale, rispetto a quello splendido personaggio di anima inquieta e sofferente che è Ponzio Pilato. Quest’ultimo è, nonostante il limitato numero di pagine che gli è riservato, il vero fulcro del libro. Il suo romanzo nel romanzo attraversa il racconto-testimonianza di Woland, il sogno del poeta Ivan Bezdomnji e, naturalmente, il libro scritto e poi bruciato dal Maestro, costituendo il contraltare tragico e serio alla farsesca narrazione della sarabanda infernale di Mosca. Pilato è la migliore dimostrazione della grande varietà stilistica dello scrittore russo, capace di passare con disinvoltura dai comici battibecchi tra Korovev, Behemoth e Azazello (i quali costituiscono uno spassoso capolavoro di umorismo) alla modernissima descrizione di uno spirito esulcerato e in crisi (il cui pentimento per esser stato costretto a sacrificare un innocente alla ragione di stato e la cui tormentata nostalgia per quello che avrebbe potuto essere e non è stato gli valgono il perdono finale decretato dal Maestro), in una summa di toni e di registri capaci di abbracciare il sublime ed il triviale, lo spirituale e il boccaccesco.
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Il libro di cui hai bisogno
Una sera di Maggio il diavolo decide di far visita alla città di Mosca. Nell’arco di soli tre giorni il re dei demoni porta scompiglio tra la popolazione con dispetti, ed eventi soprannaturali, insinuandosi al Teatro Varietè come promotore di nuovi, eccentrici, giochi di magia nera.
Accompagnato da loschi individui e da Behemot, un inquietante gatto di dimensioni umane, il diavolo intreccia la sua storia con quella di un uomo, chiamato Maestro, e della sua amata, Margherita. Lui è uno scrittore squattrinato intento senza successo a pubblicare un romanzo su Ponzio Pilato, e lei una dolce, giovane donna costretta a un matrimonio senza amore.
Le vicende di questi atipici personaggi si aggrovigliano grottescamente sotto gli occhi irrequieti della Mosca atea degli anni ‘30, toccando non solo i temi della religione e della censura politica, ma anche dell’amore e del rimorso.
Satira intelligente e dalla vita tormentata (lo stesso Bulgakov fu costretto a bruciarne la prima stesura in una stufa, per sfuggire la censura sovietica), Il Maestro e Margherita fu pubblicato solo dopo la morte del suo autore, ed è subito stato "condannato" dalla critica ad essere uno dei maggiori capolavori della letteratura mondiale del nostro tempo.
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Il bene e il male
“Hai pronunciato le tue parole come se tu non riconoscessi l’esistenza delle ombre, e neppure del male. Non vorresti avere la bontà di riflettere sulla questione: che cosa farebbe il tuo bene, se non esistesse il male? E come apparirebbe la terra , se ne sparissero le ombre? Le ombre provengono dagli uomini e dalle cose. Ecco l’ombra della mia spada. Ma ci sono le ombre degli alberi e degli esseri viventi. Vuoi forse scorticare tutto il globo terrestre, portandogli via tutti gli alberi e tutto quanto c’è di vivo per il tuo capriccio di goderti la luce nuda? Sei sciocco.”
L’ospite non invitato, Levi Matteo, viene apostrofato da Woland, il Demonio, nelle battute finali del romanzo e queste poche, significative parole, sono per me il sugo di tutta la storia.
Che storia? La potrei definire una capriola dell’immaginazione , un tuffo carpiato con doppio avvitamento, una sospensione delle categorie spazio temporali e di qualsiasi certezza della quale si nutre la nostra razionalità.
Il lettore che voglia procedere con la lettura di questo atipico romanzo dovrà per forza mettere da parte la razionalità e procedere quasi affidandosi anch’egli all’unico motore dell’azione: il Demonio appunto. Egli irrompe nel maggio russo e rosso del più marcato stalinismo e mette tutto a soqquadro. Che vada tutto al diavolo, appunto. Niente più certezze, né rigidità , un po’ di sana fantasia in questa città morta dove ogni cittadino vive nel terrore di una perquisizione, di una delazione, di una denuncia. Tutto deve rimanere immobile per garantire serenità ma, si sa, l’uomo è essere perfettibile e basta un nonnulla per fargli modificare la visione. Eppure l’arrivo del Demonio, sotto le sembianze di un mago con un seguito picaresco, compreso un gatto dalle movenze umane, è cosa dura da far digerire. Lo scetticismo impera, lo sconfinamento nella pazzia segue, il caos è totale. Solo Margherita, anima in pena per la scomparsa del Maestro, scrittore incompreso, suo amante, è in grado di comunicare efficacemente col diavolo in persona, gli rende perfino dei servigi e in cambio verrà ricompensata.
A tratti divertente, magicamente surreale, il romanzo offre anche uno scritto nello scritto, il romanzo appunto del Maestro incentrato sulla Passione del Cristo, pagine di una bellezza raffinata che sole valgono tutta la lettura. I due scritti paiono a tratti uno complementare all’altro nell’economia totale e strettamente connessi alla biografia dell’autore, alla travagliata storia editoriale dello stesso romanzo, apparso postumo, e alla storia della Russia. Di esso sono state offerte svariate chiavi di lettura, la mia è quella della citazione iniziale, un invito appunto a contemplare il Bene e il Male come necessarie forze contrapposte sì ma indissolubili.
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L'allegra banda del maligno
Immaginate cosa potrebbe accadere se, un giorno come un altro, il diavolo in persona si aggirasse per le strade di Mosca? In questa particolare e discussa opera, Bulgakov mette in scena questo curioso scenario e i risultati sono quanto mai variegati e accentuati dalla controversa società sovietica atea.
Devo dire che questa opera di Bulgakov è unica, nel bene e nel male, ed è difficile dire se esista qualcosa di realmente simile. Almeno io, non ho ancora letto nulla che gli somigli.
Quando il diavolo fa la sua apparizione nella capitale russa, porta con sé lo scompiglio, seminando stupore dalle prime pagine. La sua presenza soprannaturale è un qualcosa che i russi non sono per niente abituati ad accettare. Così, quando questo eccentrico signore si siede accanto a due letterati russi e si intromette nei loro discorsi riguardo all'esistenza di Dio, è chiaro che in lui c'è qualcosa di strano. Quando poi afferma di essere stato presente nel momento in cui il procuratore Ponzio Pilato prese la sua decisione riguardo la più famosa condanna a morte della Storia, i due letterati si convincono di avere a che fare con un pazzo.
Mai supposizione fu più errata, purtroppo.
Ci troveremo di fronte alle scorribande del diavolo, altrimenti detto Woland, accompagnato dalla sua "allegra" combriccola: l'enorme gatto nero parlante Behemoth, uno strano figuro di nome Korov'ev, il sicario Azazello e vari altri personaggi curiosi. Nella controversa società russa, troveranno terreno fertile per le loro malefatte, come uno spettacolo di magia nel teatro di Mosca, conclusosi in maniera tragicomica.
Woland è un personaggio a tratti spietato a tratti bonario, che metterà spietatamente in evidenza le contraddizioni della società russa. Eppure, è come se fosse quello che è non solo per malvagità, ma anche perché in fondo quella è la sua mansione.
Il Maestro e Margherita non sono che due dei tanti personaggi che popolano le pagine di questo libro, ai quali viene data attenzione maggiore per dare risalto all'unico sentimento indistruttibile ed eterno, al quale anche il diavolo deve inchinarsi: l'amore. La loro unione, travagliata e difficile ma indistruttibile, è in grado di addolcire anche l'essere più malvagio dell'universo.
Ne "Il maestro e Margherita" il bene e il male si contrappongono, ma in certi tratti si fondono, coesistono, e arriva un momento nel quale quasi ci si convince del fatto che non può esistere l'uno senza l'altro.
"Hai pronunciato le tue parole come se tu non riconoscessi l'esistenza delle ombre, e neppure del male. Non vorresti avere la bontà di riflettere sulla questione: che cosa farebbe il tuo bene, se non esistesse il male? E come apparirebbe la Terra, se ne sparissero le ombre? Le ombre provengono dagli uomini e dalle cose. Ecco l'ombra della mia spada. Ma ci sono le ombre degli alberi e degli esseri viventi. Vuoi forse scorticare tutto il globo terrestre, portandogli via tutti gli alberi e tutto quanto c'è di vivo per il tuo capriccio di goderti la luce nuda? Sei sciocco."
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Stravagante, travolgente, surreale
Un romanzo travolgente e appassionante quello di Bulgakov, che ci trascina in una Mosca surreale.Nella mosca staliniana fa la sua comparsa Woland, ovvero Satana, che è un mago di magia nera. Woland è a sua volta seguito da personaggi estremamente bizzarri e stravaganti, a tratti inquietanti, come il gatto nero che parla, Korov'ev e Azzazello (a mio avviso, una delle migliori caratterizzazioni di questo romanzo).
Grazie al suo stile impeccabile, non eccessivamente descrittivo, Bulgakov riesce a tenere viva l'attenzione del lettore, impressionandolo con avvenimenti imprevedibili.
Straordinario è il parallelo effettuato tra l'intreccio del romanzo stesso e quello del romanzo su Ponzio Pilato scritto dal Maestro, le sequenze del romanzo sono incastrare perfettamente nell'intreccio che si snoda a Mosca. Vedere come Woland sia in grado di far impazzire anche le menti più lucide, fredde e razionali, ci fa capire quanto alla fine sia precaria l'esistenza dell'uomo stesso, e come ogni mente abbia i suoi punti deboli e le sue paure più nascoste, che possono materializzarsi in questo momento.
Sempre vivo è il motivo faustiano. Volendo, infatti, si potrebbe operare una sorta di parallelo tra il Maestro e Faust, ma ho notato sostanziali differenze, l'unico elemento in comune sembra essere l'acquisto dell'anima da parte di Satana-Woland.
Contro tutte le aspettative, è proprio Satana a offrire al Maestro e a Margherita la possibilità di un'esistenza serena e tranquilla, Margherita è infatti un personaggio profondamente insoddisfatto e infelice, mentre il Maestro vive nell'autocommiserazione, a tratti è patetico.
Romanzo travolgente e appassionante, la lettura è consigliata a tutti, poiché scorrevole.